Tutto il mondo in piazza San Pietro. O meglio piazza San Pietro grande come il mondo. Cuore pulsante di quella parte di umanità (cioè la stragrande maggioranza) che, come il Papa, vuole la pace e con lui non si stanca di ripetere: «Finisca il rumore delle armi. La guerra è sempre una sconfitta per l’umanità». La preghiera che per quattro ore si è elevata ieri sera dalla piazza simbolo della cristianità, gremita alla fine da oltre 100mila persone, ha trovato echi e corrispondenze in tutte le latitudini, superando distanze geografiche e religiose e fusi orari. Un’unica invocazione al Dio della pace che ha unito come perle di una collana tutte le diocesi e le chiese del mondo. Ovunque comunità strette intorno al Pontefice e alla sua iniziativa di opporre gli strumenti della preghiera e del digiuno ai minacciosi e potenzialmente catastrofici preparativi bellici. Sullo sfondo le allarmanti notizie provenienti dalla Siria. In primo piano la bianca figura del Pontefice (accompagnato idealmente da tutti i vescovi dei cinque continenti), che ieri sera ha capovolto, una volta di più, l’antico e cinico proverbio romano «
si vis pacem, para bellum» (se vuoi la pace, prepara la guerra).
No, ha ribadito papa Bergoglio da piazza San Pietro. No, hanno risposto milioni e milioni di fedeli in preghiera ai diversi angoli della Terra. «È possibile percorrere un’altra strada. È possibile uscire da questa spirale di dolore e di morte». E quando Francesco, al culmine del
discorso letto con alcune aggiunte a braccio («Penso ai bambini», ha detto), ha pronunciato queste parole in forma di domanda, la risposta «sì, è possibile per tutti», salita dalla piazza attraverso un applauso è stata tale da non poter essere ignorata tanto facilmente da parte di coloro che (a Washington, Damasco e Mosca soprattutto) dovranno prendere le decisioni che contano.
Le quattro ore di veglia (una durata senza precedenti per un incontro alla presenza del Papa) sono state scandite da diversi momenti. La lettura del discorso dell’Angelus di domenica scorsa con cui lo stesso Pontefice aveva indetto la giornata di ieri. Quindi il canto del
Veni, Creator Spiritus, l’intronizzazione dell’icona
Salus Populi Romani e la recita del rosario proprio davanti all’immagine della Regina della pace. Il tutto in un clima di grande raccoglimento che coinvolge ben presto tutta la piazza e al quale Francesco, giunto a piedi attraverso la porta della Basilica di San Pietro, dà fin dalle prime battute il proprio contributo, attraverso l’espressione seria del volto. Nei suoi occhi, infatti, è possibile leggere tutta la preoccupazione per la gravità del momento, ma anche la serena speranza che niente è impossibile e Dio.
In effetti nel suo discorso il Papa mette in guardia dalla risorgente sindrome di Caino che trasforma «il fratello da custodire e da amare» nell’avversario «da combattere e da sopprimere». Indica invece l’esempio della croce («Lì alla violenza non si è risposto con violenza», ma si è parlato «il linguaggio della riconciliazione, del perdono, del dialogo, della pace»). E infine esprime l’auspicio che tutti, al di là anche delle appartenenze religiose, possano gridare con forza: «La violenza e la guerra non è mai la via della pace».
Le parole del Papa subito rimbalzano in tutto il mondo. Ognuno può meditarle nel suo cuore durante l’adorazione eucaristica, scandita dalle preghiere dei Pontefici per la pace (lette anche da alcuni bambini) e dall’offerta dell’incenso da parte di fedeli provenienti dai territori più fortemente coinvolti (Siria, Terra Santa, Egitto, Stati Uniti e Russia). Infine viene la recita dell’Ufficio delle Letture e il tempo del silenzio e della preghiera personale, prima della benedizione eucaristica da parte di Francesco. E mentre i fedeli defluiscono, sono in molti a confessarsi negli spazi appositamente predisposti. «Perdono, dialogo, riconciliazione sono le parole della pace», ha detto il Papa. E così è anche in piazza san Pietro.