I vescovi della Calabria in visita ad limina da papa Francesco - Vatican Media
La Visita ad limina apostolorum è «andare alle radici della nostra fede». È «tornare a quella che evangelicamente è la fonte della nostra fede». Con «Pietro che nel suo successore conferma nella fede noi successori degli apostoli». Sono parole di monsignor Fortunato Morrone, arcivescovo di Reggio Calabria-Bova e presidente della Conferenza episcopale calabra. Lo incontriamo dopo l’udienza con papa Francesco che ha dato il via alla Visita ad limina della regione ecclesiastica.
«Sono state quasi due ore di colloquio diretto, franco», racconta il presule. «Il Papa - continua -, pur con le difficoltà nel muoversi che tutti conosciamo, ci è parso molto lucido e spigliato. Anche a noi ha ricordato le quattro vicinanze a cui siamo chiamati: verso Dio, tra noi, col nostro clero e col popolo che ci è stato affidato. Da parte nostra lo abbiamo ringraziato perché in lui vediamo personificato un assioma della Chiesa, e cioè Ecclesia semper reformanda est, che poi è il tema ultimo del cammino sinodale».
Eccellenza, avete affrontato questo tema del Cammino sinodale della Chiesa italiana?
Sì. In Calabria, seppur con tutte le difficoltà e le fatiche che si riscontrano in tutte le diocesi, stiamo vivendo un cammino positivo, molto apprezzato dai laici che si sono sentiti protagonisti. Forse a fare problemi siamo stati noi preti. È il clericalismo che il Papa non si stanca mai di denunciare. Clericalismo che però a volte contagia anche i laici.
Di cosa avete parlato poi col Papa?
La nostra bella regione purtroppo fa notizia prevalentemente per le sue negatività, che pure ci sono, pensiamo alla malavita organizzata. Noi al Papa abbiamo cercato di esporre le luci delle nostre terre. Innanzitutto abbiamo confermato che quello calabrese è un popolo accogliente. E lo ha dimostrato affrontando in questi anni il fenomeno dei migranti, soprattutto nella costa ionica. Penso a Reggio alla zona di Roccella Ionica o a quella del crotonese dove si è consumata un anno fa un tragico naufragio, a Steccato di Cutro. Senza le nostre Caritas, senza il volontariato cattolico e no, le istituzioni avrebbero traballato. La Chiesa e il popolo calabrese insomma sanno essere attenti e ospitali. Anche se a volte, per motivi culturali che affondano nel passato, siamo un po’ autoreferenziali e facciamo difficoltà a lavorare in rete.
La Calabria è terra di emigrazione soprattutto giovanile…
Ecco un altro tema affrontato. Abbiamo una università prestigiosa come quella di Cosenza, ma anche Catanzaro e Reggio, moltissimi però vanno fuori. E poi manca il lavoro. Anche in questo campo la Chiesa si sta muovendo per dare la possibilità ai giovani che lo vogliono, di rimanere nella terra che li ha visti nascere. La mia diocesi, insieme a quelle di Locri-Gerace e Oppido-Palmi, ha lanciato un progetto chiamato Job in progress. Poi è sempre attivo il Progetto Policoro della Cei.
Altre questioni affrontate nel colloquio col Papa?
La sanità e poi, collegata ad essa, il problema dell’autonomia regionale differenziata. Contro questo progetto noi vescovi calabresi, insieme ad altri, ci siamo pronunciati denunciando il rischio di una frammentazione dello Stato dal profilo sostanzialmente anticostituzionale. Senza contare che stiamo parlando di un progetto legislativo che va contro due principi cardine della dottrina sociale della Chiesa: la sussidiarietà e la solidarietà.
Oltre alle luci, immagino abbiate evocato anche le ombre che si stendono sulle vostre Chiese, come le infiltrazioni malavitose che non risparmiano neanche le manifestazioni religiose.
Il Papa ha toccato il tema della pietà popolare, che gli sta molto a cuore. Nella Evangelii Gaudium, rifacendosi alla lezione magisteriale di san Paolo VI con la Evangelii Nuntiandi, Francesco distingue la pietà popolare, manifestazione genuina della fede dei semplici da preservare e incrementare, dalla religiosità popolare, folcloristica e paganeggiante, terreno fertile per le infiltrazioni di natura malavitosa. La posizione dei vescovi calabresi su questo tema è da tempo molto chiara. Anche se a volte l’applicazione delle nostre indicazioni risulta faticosa.
Questo vale per il mondo delle confraternite?
Quella delle Confraternite è una realtà molto diffusa nelle nostre diocesi. Sono tante, a volte con molti iscritti. Anche lì possono esserci delle infiltrazioni. Ma sono una risorsa preziosa, che noi vescovi dobbiamo seguire con attenzione evangelicamente paterna.
Dieci anni fa papa Francesco venne a Sibari e pronunciò molto duro contro i “mafiosi” dicendo che sono “scomunicati”…
È stato un momento davvero importante sia per la Chiesa di Cassano all’Jonio sia per tutte le Chiese della Calabria. Anche se la questione della scomunica è più complessa per i risvolti canonistici che comporta. Per ricordare quella storica visita il vescovo di Cassano, monsignor Francesco Savino, ha preparato un Convegno che si terrà il prossimo 27 maggio col titolo, significativo, “Misericordia e Giustizia”.
È stata affrontata la questione dell’accorpamento delle diocesi?
Sì, e ci sembra di avvertire che sia in atto un ripensamento, o almeno un supplemento di riflessione in nome della prossimità. Dopo che è riemerso, dal basso, dalle periferie, il problema delle aree interne. Vedremo.
Alcuni anni fa il Papa vi ha invitato ad unificare i seminari. Avete parlato di questo?
Certamente. L’incontro col Santo Padre è stato un’ulteriore occasione per approfondire il suo punto di vista sul tema del Seminario. È emersa ancora una volta la sua preoccupazione educativa rispetto ai presbiteri, l’educazione in senso globale, in questo tempo così complesso. Per questo motivo, ancora una volta il Papa ha ribadito l’urgenza della qualità della formazione e pertanto la necessità dell’ottimizzazione delle forze che in regione consentono questa formazione di qualità, a cominciare da un unico Istituto Teologico di alto livello, che sia supportato da tutte le diocesi e, conseguentemente, dal graduale processo che porti a un Seminario unico, iniziando dall’attuale situazione che vede tre sedi per lo studio della Filosofia e un’unica sede per la Teologia. Da questo progetto emerge chiaro come non si tratta appena di individuare luoghi, quanto di identificare persone competenti e capaci di rispondere alle urgenze dei tempi nella difficile arte dell’educare un futuro presbitero.