sabato 15 marzo 2025
Migliaia di pellegrini ambrosiani alla Porta Santa con l’arcivescovo. «Stupore estinto, realismo sfiduciato, impotenza rassegnata. Non siamo qui per uno sforzo in più ma un’apertura alla docilità»
Pellegrini per il Giubileo della Speranza

Pellegrini per il Giubileo della Speranza - Agenzia Romano Siciliani

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«Tre sono i peccati tipici del giorno d’oggi: lo stupore estinto, il realismo sfiduciato, l’impotenza rassegnata, ma noi siamo qui per ricevere la grazia di una vita nuova. Attraverseremo la Porta Santa, che è aperta, e otterremo le grazie del Giubileo, ma è aperta la porta del tuo cuore, la tua porta si apre al Signore che bussa? Noi siamo qui, non per uno sforzo in più per diventare migliori, ma per un’apertura alla docilità, perché il Signore possa farci la grazia in questi giorni e sempre».

È stata questa la consegna che l’arcivescovo, ha lasciato ai 3.000 fedeli ambrosiani, provenienti da ogni parte della diocesi, che stanno partecipando al pellegrinaggio giubilare da lui guidato. 3.000 persone di ogni età, arrivati a Roma con i sacerdoti e intere parrocchie o per una scelta personale, che hanno vissuto il loro primo momento giubilare prendendo parte alla celebrazione penitenziale presieduta da monsignor Delpini – presenti anche tutti i membri del Consiglio episcopale milanese e il delegato del Giubileo per la diocesi di Milano, don Massimo Pavanello – nella basilica dei Santi Ambrogio e Carlo al Corso. Un gioiello artistico seicentesco che è un’isola della “nazione lombarda”, come veniva chiamata, nel cuore della città eterna.

L'arcivescovo di Milano monsignor Mario Delpini

L'arcivescovo di Milano monsignor Mario Delpini - elisa pedrani / fotogramma

E non vi era, forse, luogo più allusivo e significativo di questa piccola “terra lombarda”, ma soprattutto diocesana, per dare inizio al pellegrinaggio giubilare della Chiesa ambrosiana, a cui monsignor Delpini ha voluto dare il titolo di “Evento di Chiesa, tempo di Grazia, cammino di Speranza”, per essere, appunto, pellegrini di speranza, come indica papa Francesco, attraversando, stamani, la Porta santa di San Paolo fuori le Mura e avviando il pellegrinaggio dalla grande basilica che porta i nomi dei patroni della diocesi.
Un luogo di culto dalle origini umilissime offerto agli scalpellini della Valtellina, giunti a Roma per lavorare, e che, poi, dopo due secoli, nel 1600, venne edificato, in 80 anni, nella forma attuale, tanto che quando verrà richiesta una reliquia, il cardinal Federico Borromeo donerà il cuore del cugino e predecessore san Carlo. Reliquia preziosissima, per l’occasione, posta in altare maggiore, per la devozione dei pellegrini. Tutti coloro (ben due i gruppi che si sono susseguiti nel pomeriggio in basilica per poter partecipare), a cui si è rivolto l’arcivescovo, dicendo: «Lo stupore per le parole di Gesù pare sia estinto e questo rende noioso essere cristiani, forse doveroso, ma noioso. Il cristianesimo noioso diventa irrilevante, come un sale che ha perso il suo sapore e non serve a niente. Lo stupore estinto estingue anche le domande e perciò l’insegnamento, il catechismo, diventano una ripetizione, la preghiera diventa adempimento, un dovere, la speranza un volontarismo. Questo pellegrinaggio vuole portare davanti al Signore tutto ciò che ci grava sulle spalle e consegnarlo perché si possa ritrovare lo stupore».

Senza dimenticare coloro, tanti anche tra i cristiani, che hanno perso la fiducia. «Ecco la tentazione che ci insidia: perdere la fiducia», scandisce, infatti, Delpini. «La parola di Gesù è troppo fragile per essere quella roccia rassicurante su cui costruire la vita. Altre parole, altre promesse, altre risorse sono più convincenti. Ascoltare e mettere in pratica la parola di Gesù non dà garanzie sufficienti: la prepotenza del male è troppo spaventosa. La sfiducia si esibisce, qualche volta, come fosse un realismo, ma in realtà è un peccato, ed è radice di molti peccati. L’animo sfiduciato si ammala di tristezza, di risentimento, di desiderio di omologazione, per essere come tutti gli altri che fanno riferimento a quello che è conveniente, di moda, rassicurante. Il compromesso sembra un’astuzia».

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