sabato 15 marzo 2025
Nella seconda giornata della diocesi ambrosiana a Roma per il pellegrinaggio giubilare l’arcivescovo Delpini riflette sulla strada per diventare «liberi e leggeri»
L'arcivescovo di Milano monsignor Mario Delpini attraversa la Porta Santa di San Paolo fuori le Mura a Roma

L'arcivescovo di Milano monsignor Mario Delpini attraversa la Porta Santa di San Paolo fuori le Mura a Roma - Stefano Carofei / ipa-agency.net

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La «memoria che inquina, fa ammalare e dà la morte», quella che non dimentica «inadempienze e cattiverie» degli altri e anche le nostre, dove «il passato diventa una discarica» per ricordi di ingiustizie subite e di parole mancate. E, invece, la memoria purificata che apre alla speranza e può ispirare il futuro.

A richiamare la possibilità di vivere il Giubileo come tempo di grazia, «proprio perché la memoria malata possa guarire e ci si possa finalmente sentire liberi e leggeri», è stato l’arcivescovo Mario Delpini che sta guidando i 3000 fedeli che hanno raggiunto Roma per il pellegrinaggio diocesano del Giubileo. Entrato nel vivo, per gli ambrosiani, con il passaggio della Porta Santa della basilica di San Paolo fuori le Mura, fin dalla prima mattina, con lo stesso Delpini in coda come gli altri, prima della Messa da lui presieduta e concelebrata da un centinaio di sacerdoti e 5 vescovi, impegnati, per oltre un’ora, a confessare i pellegrini.

Dopo il benvenuto dell’abate di “San Paolo”, dom Donato Ogliari, i 12 Kyrie hanno sottolineato la solennità della celebrazione officiata in rito ambrosiano, presso l’altare papale della Basilica che sorge sul luogo dove, secondo la tradizione, fu sepolto l’apostolo Paolo. Meta ininterrotta di pellegrinaggi, fin dal 1300 quando, in occasione del primo Anno santo, entrò subito a far parte dei percorsi giubilari e vi si aprì la Porta santa. Attraversata con un gesto simile a quello dei pellegrini del terzo millennio che, tuttavia, devono andare oltre il momento simbolico per una vera conversione del cuore, come ha suggerito Delpini.

«La memoria invece che essere malata di malessere e risentimento può essere guarita diventando un patrimonio per alimentare la riconoscenza, disponibili all’opera di Dio, e ispirando il futuro», ha sottolineato, infatti, il presule, indicando 3 frutti di questo nuovo atteggiamento. «Un primo tratto della vita nuova è la magnanimità, la generosa sollecitudine verso i poveri che diventa il criterio per gestire le nostre risorse, i nostri soldi. Le opere di misericordia corporali sono per tutti un “programma di quaresima” e il digiuno che Dio preferisce: prendersi cura e non girare lo sguardo di fronte alle povertà di oggi».

Poi, «la liberazione dal formalismo della relazione con Dio e della pratica della legge che riduce la vita virtuosa a precetti, regole, comandamenti in base ai quali giudicare gli altri». Magari senza nessun amore. Infine, la “lezione” paolina. «Quando la memoria è guarita tutto si unifica intorno al Signore, il bene e il male, il quotidiano e lo straordinario, la serietà e la dolcezza, la regola e la libertà. Non che scompaiano i problemi, non che tutto sia facile, ma tutto trova senso nel Signore. Chiediamo la grazia che in questi giorni, e in questo anno, la nostra memoria possa guarire per chiedere perdono e vivere con saggezza». Questa la conclusione dell’arcivescovo che, al termine della Messa con i vescovi e i vicari episcopali è sceso per una preghiera alla tomba di san Paolo.

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