I cristiani sono "a rischio di estinzione" in Medio Oriente: la comunità internazionale intervenga il prima possibile o sarà troppo tardi. È quanto ha affermato, in un accorato appello al Palazzo di Vetro di New York, l'osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite,
monsignor Bernardito Auza.Il rappresentante del Papa ha fatto sentire la sua voce per un allarme che si ritiene sempre più urgente. "L'ora è grave", ha detto l'arcivescovo filippino, osservatore vaticano all'Onu dal 2014, la sopravvivenza stessa dei cristiani in Medio Oriente è a rischio dopo 2000 anni. Anche altre comunità etniche e religiose stanno subendo ugualmente "violazioni dei diritti umani, torture, uccisioni e ogni forma di persecuzione semplicemente per la fede che professano o per il gruppo etnico di appartenenza", ma "i cristiani sono stati specificamente presi di mira, uccisi o costretti a fuggire dalle loro case e villaggi". "Solo 25 anni fa - ha ricordato mons. Auza, secondo quanto riporta Radio Vaticana - c'erano quasi due milioni di cristiani che vivevano in Iraq" mentre ora sono meno di 500 mila. La situazione è "insostenibile" di fronte alle minacce di morte che subiscono da parte di organizzazioni terroristiche. I cristiani vivono un "profondo senso di abbandono" da parte delle autorità legittime e della comunità internazionale.La Santa Sede invita quindi tutto il mondo "ad agire prima che sia troppo tardi", ricordando che "l'intera comunità internazionale ha concordato che ogni Stato ha la responsabilità primaria di proteggere la sua popolazione da genocidio, crimini di guerra, crimini contro l'umanità e pulizia etnica" e - laddove non potesse o non volesse - "la comunità internazionale deve essere pronta ad agire per proteggere le popolazioni in conformità con la Carta delle Nazioni Unite".Il presule ha ricordato che papa Francesco ha ripetutamente invitato la comunità internazionale "a fare tutto il possibile per fermare e prevenire ulteriori violenze sistematiche contro le minoranze etniche e religiose". "Il ritardo dell'intervento - ha ammonito l'osservatore permanente - significherà solo che più persone moriranno, saranno perseguitate o costrette a fuggire". La Santa Sede - ha detto mons. Auza - esprime "il suo profondo apprezzamento per i Paesi della regione e per tutti coloro che lavorano instancabilmente, anche a rischio della propria vita, per fornire assistenza a circa due milioni e mezzo di sfollati interni in Iraq, a 12 milioni di siriani che hanno bisogno di assistenza umanitaria, di cui quattro milioni vivono come rifugiati e sette milioni e mezzo di sfollati interni. Cerchiamo - ha concluso - di aiutare questi Paesi".Ieri il Papa, nell'omelia delle messa della Domenica delle Palme, non aveva mancato di dedicare un ricordo particolare ai cristiani perseguitati. "Pensiamo all'umiliazione di quanti per il loro comportamento fedele al Vangelo sono discriminati e pagano di persona - ha detto -. E pensiamo ai nostri fratelli e sorelle perseguitati perché cristiani, i martiri di oggi, ce ne sono tanti, non rinnegano Gesù e sopportano con dignità insulti e oltraggi. Lo seguono sulla sua via. Possiamo parlare in verità di 'un nugolo di testimoni', i martiri di oggi".Intanto, il grido dei cristiani e delle altre minoranze in Medio Oriente è risuonato
venerdì scorso al Consiglio di Sicurezza dell'Onu per la prima volta da quando sono iniziate le violenze dei miliziani del cosiddetto Stato Islamico. "Le atrocità commesse contro le minoranze dell'Is richiedono una risposta urgente, occorre porre fine all'impunità", ha detto il segretario generale Ban Ki-moon, che ha annunciato per settembre un piano d'azione per la prevenzione dell'estremismo violento e la protezione delle minoranze in Medio Oriente.