venerdì 11 aprile 2025
Akira Chiba, rappresentante del Giappone in Vaticano: «La Chiesa, ponte di pace per l'Asia. Significativo il dialogo vaticano con Taiwan e la Cina. La Santa Sede all’Expo di Osaka con Caravaggio»
L’ambasciatore del Giappone presso la Santa Sede, Akira Chiba, davanti al paravento che racconta la fede cattolica nel Paese asiatico

L’ambasciatore del Giappone presso la Santa Sede, Akira Chiba, davanti al paravento che racconta la fede cattolica nel Paese asiatico - Avvenire

COMMENTA E CONDIVIDI

Alle sue spalle ha un paravento dove il colore che domina è il giallo oro. In un angolo del separé, trasformato in dipinto, si scorge la scena di una Messa celebrata all’interno di una pagoda. E al centro spicca una nave: quella che porta a Roma la prima delegazione nipponica ricevuta in udienza da un Papa. «C’è una storia di relazioni lunga quasi cinque secoli fra Giappone e Santa Sede. Ma non si tratta solo di fare memoria di un passato che affonda le sue radici nell’opera evangelizzatrice di Francesco Saverio, bensì di guardare insieme al futuro individuando campi di azione condivisi», spiega l’ambasciatore del Giappone presso la Santa Sede, Akira Chiba. Uno è il disarmo nucleare. Papa Francesco aveva parlato di «vocazione alla pace» propria del Paese asiatico visitando nel 2019 Hiroshima e Nagasaki, le due città dove nell’agosto 1945 erano state sganciate le bombe atomiche Usa che avrebbero chiuso la seconda Guerra mondiale. «Si tratta di un’arma immorale che ha il potenziale di annientare l’intera umanità - afferma l’ambasciatore -. Il Giappone non è soltanto il Paese che ha vissuto la tragedia dell’arma nucleare, ma è anche consapevole di aver causato quanto è risultato con la bomba atomica. Quindi si sente chiamato ad avere un ruolo primario nel costruire la pace. E con la Santa Sede condivide l’obiettivo ultimo dell’eliminazione completa delle testate nucleari». Una pausa. «La pace mondiale passa anche dall’Asia - sottolinea Chiba -. E la Santa Sede può offrire un suo specifico contributo alla stabilità del continente, soprattutto se si tiene conto di Taiwan. Infatti continua ad avere relazioni diplomatiche con Taiwan e sta rafforzando i suoi rapporti con la Cina». Come a dire: la posizione vaticana si conferma nel segno dell’equilibrio e del dialogo.

Il memoriale della pace a Hiroshima in Giappone. Sullo sfondo la cupola della bomba atomica

Il memoriale della pace a Hiroshima in Giappone. Sullo sfondo la cupola della bomba atomica - Ansa

La rappresentanza del Giappone si affaccia su via della Conciliazione. E dalle finestre si vedono i pellegrini del Giubileo diretti verso la Basilica di San Pietro e la Porta Santa. «Siamo grati alla Santa Sede che qui a Roma si priverà della Deposizione di Cristo di Caravaggio per inviarla nel nostro Paese», annuncia il diplomatico originario di Tokyo, 65 anni, che nel 2023 ha presentato le lettere credenziali al Papa. Il riferimento è all’unica opera dell’artista barocco presente nei Musei Vaticani che verrà esposta all’Expo 2025 ospitato nell’isola artificiale sul lungomare di Osaka. Domenica l’apertura dei padiglioni che possono essere visitati fino al 13 ottobre. «Quello italiano accoglierà anche la Santa Sede con un suo spazio specifico. Una collaborazione che aiuterà a riflettore su una storia comune». E a far conoscere lo “Stato del Papa” che nel Sol Levante è una sorta di grande sconosciuto. «Sono appena 450mila i cattolici, a fronte di una popolazione di oltre 120 milioni di abitanti. Ad essi si aggiungono i fedeli stranieri che frequentano le chiese del Paese: in particolare, brasiliani, filippini, vietnamiti e peruviani. Sui media la figura del Papa non ha ampia attenzione. Persino la malattia di Francesco con il suo ricovero in ospedale è passata in sordina. Eppure nelle ultime settimane l’interesse verso la Chiesa cattolica è cresciuto». La ragione? «L’uscita del film Conclave anche nelle sale giapponesi che ha avuto una vasta eco nella società». L’ambasciatore cita l’arcivescovo di Tokyo, Tarcisio Isao Kikuchi, che a dicembre è stato creato cardinale. «Lui è rimasto sorpreso. Ma in Giappone in molti non sanno neppure che cosa significhi essere cardinale. Certo, è un onore poterne avere due: oltre a Kikuchi, abbiamo Thomas Aquinas Manyo Maeda, arcivescovo di Osaka-Takamatsu». Eppure la fede cristiana permea la vita dell’isola, benché non se ne abbia coscienza. «Nella nostra lingua ci sono espressioni mutuate dalla Bibbia che vengono impiegate comunemente. Cito quella che si usa quando improvvisamente si riesce a comprendere qualcosa: “Mi sono cadute le squame dagli occhi”. È tratta dal racconto della conversione di san Paolo negli Atti degli Apostoli: “In quell’istante gli caddero dagli occhi come delle squame e recuperò la vista”».

L'Expo 2025 a Osaka in Giappone

L'Expo 2025 a Osaka in Giappone - Ansa

Quale il ruolo della Santa Sede nella crisi di Taiwan?

«È significativo che la Santa Sede abbia relazioni diplomatiche con Taiwan. Bisogna risalire al 1971, quando all’Onu il governo di Pechino fu ritenuto l’unico rappresentante del Paese, per ricordare come molte nazioni abbiano abbandonato Taiwan per preferire la Cina. Invece la Santa Sede aveva scelto di non tagliare i rapporti. Oggi tutti siamo coscienti che il Partito comunista cinese voglia la riunificazione di Taiwan con la Cina. E non si può garantire che ciò avvenga senza spargimento di sangue. Al momento la Santa Sede sta cercando di rafforzare i legami con la Cina continentale. Però, se dovesse interrompere improvvisamente i rapporti con Taiwan, tutto ciò potrebbe rappresentare un incentivo per la Cina a usare la forza per giungere all’annessione».

Una situazione esplosiva?

«Non possiamo abbassare la guardia. Inoltre il Giappone, in caso di attacco della Cina, diventerebbe un possibile bersaglio perché accoglie numerose basi militari americane».

Lei è stato consigliere d’ambasciata in Cina. Come valuta l’interlocuzione fra Santa Sede e Repubblica popolare cinese?

«Sono numerosi i cattolici in Cina. Per questo comprendo il dialogo vaticano, che di per sé è una cosa buona. Però va garantita la libertà religiosa. L’attuale Partito comunista, che prosegue sulla linea di Mao Tse-tung, continua a volere sinicizzare la religione».

E la Corea del Nord?

«Qui si intrecciano più elementi. C’è il programma nucleare che sta sviluppando e che prevede sia la produzione sia il trasporto degli armamenti. Poi c’è il rapporto con la Corea del Sud che viene vista come un nemico nonostante il popolo sia unico. Infine, guardando al Giappone, abbiamo il caso dei nostri connazionali rapiti e portati nella Corea del Nord per insegnare giapponese: un caso riconosciuto ma che Pyongyang non intende risolvere. Desidereremmo che la Corea del Nord diventi un Paese degno di fiducia».

Il mondo si sta riarmando, compresa l’Europa. La Chiesa ripete che le armi non sono mai la soluzione. Anche il Giappone si riarma…

«Vero. Eppure non lo fa per invadere i Paesi vicini, ma per difendersi. In caso di guerra, avremmo munizioni sufficienti solo per qualche settimana. Allora è stato deciso di aumentare gli stanziamenti per la difesa; però senza volere esportare la guerra».

Il Papa ha detto in Giappone che occorre «favorire tutte le mediazioni dissuasive». Come l’Asia può contribuire alla pace nel mondo?

«Anche l’Asia è instabile. Tuttavia nel sud-est asiatico c’è un organismo, l’Asean, che ha una funzione considerevole nel mantenimento dell’ordine regionale e quindi della pace. È formato da dieci Stati, presto undici, che in passato sono stati in guerra fra loro. Solo che da tempo la Cina sta minando l’unità dell’Asean».

In Russia, negli Usa, in Europa si torna a parlare dell’impiego delle armi nucleari a proposito del conflitto in Ucraina.

«Ciò dimostra la pericolosità degli arsenali atomici. La guerra in Ucraina è stata causata dall’invasione russa. Mosca dice che potrebbe usare la bomba nucleare. L’Occidente risponde in modo simile. Perciò bisogna fermare la guerra in Ucraina».

La Chiesa si spende per la pace.

«E ha ottenuto storici risultati in vari angoli del mondo. La figura del Papa è riconosciuta a livello planetario come guida morale. Le sue parole sono necessarie per il bene della famiglia umana».

Oltre allo stop alle armi atomiche, quali altri ambiti d’impegno possono unire Giappone e Santa Sede?

«Ne indico due: la tutela dell’ambiente, collegata ai cambiamenti climatici; e l’aiuto alle popolazioni africane. Quest’anno il Giappone torna a ospitare la Ticad, la Conferenza internazionale di Tokyo sullo sviluppo dell’Africa con i capi di Stato del continente. La Chiesa ha un ruolo imprescindibile in Africa: penso alle scuole, alle cliniche mediche, ai presidi sociali; ma soprattutto alla fiducia che si è conquistata presso la gente perché è sempre rimasta accanto alle persone anche durante i periodi più difficili, come quelli di guerra. Per il Giappone è importante lavorare con la comunità ecclesiale. Ed è eloquente la presenza del cardinale Kikuchi che è presidente di Caritas Internationalis ed è stato per anni missionario in Ghana».

Il Giappone ha profondi valori religiosi. Possono favorire il dialogo fra le religioni?

«Nel Paese sono pochi coloro che dichiarano l’appartenenza religiosa. Eppure il dialogo interreligioso si vive in famiglia. Ad esempio, da neonati si fanno i riti di purificazione nel santuario shintoista; magari ci si sposa in una chiesa cristiana; il funerale è celebrato con il rito buddista. Inoltre la cultura giapponese è segnata da un insegnamento: non pensare solo a se stessi. Indica la consapevolezza che c’è qualcosa di più importante del proprio io. La ritengo una forma diffusa di religiosità».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: