
Un'immagine di "Flame 2025" alla Wembley Arena di Londra - Bishops’ Conference of England and Wales
Erano in 10.800, giovani e giovanissimi, alla Wembley Arena di Londra lo scorso 25 marzo, protagonisti di una giornata in stile Gmg all’insegna di musica – tanta – testimonianze di laici, religiosi e conclusasi con un’adorazione eucaristica guidata dal cardinale Vincent Nichols, arcivescovo di Westminster. Si è trattato di “Flame”, un raduno organizzato ogni due anni dalla Catholic Youth Ministry Federation (CYMFed), servizio di pastorale giovanile promosso dalle diocesi, dagli ordini religiosi e dalle più importanti sigle associative cattoliche di Inghilterra a Galles. Quest’anno i posti disponibili per l’evento si sono esauriti con largo anticipo creando un’ attesa che non è stata tradita, dal momento che l’edizione di “Flame” è stata la più partecipata e, a detta di molti, la più vibrante tra le sei che si sono svolte dal 2012 a oggi.
Questo segnale di vitalità che arriva da Oltremanica, l’ultimo di una nutrita serie negli ultimi mesi, sembra trovare una chiave interpretativa in un sondaggio commissionato dalla Bible Society, storica associazione di matrice anglicana per la diffusione della Bibbia nel mondo, realizzato da YouGov e i cui risultati sono stati divulgati pochi giorni fa, con un certo clamore. “The Quiet Revival”, il risveglio silenzioso, è il titolo dello studio statistico fatto nel 2024 su un campione di 13mila persone e confrontato con uno studio analogo compiuto nel 2018 su un campione di 19mila persone. Agli intervistati è stata posta la seguente domanda: «A parte matrimoni, battesimi e funerali, quante volte, se mai è accaduto, sei andato a una funzione religiosa lo scorso anno?», intendendo riti cristiani. I risultati sono stati sotto diversi punti di vista sorprendenti, soprattutto considerando la convinzione diffusa che la religiosità nel Regno Unito sia un fenomeno in continuo declino. Coloro che hanno detto di essere andati in chiesa almeno una volta al mese sono saliti come percentuale dall’8% al 12% nel giro di soli sei anni. Il maggiore incremento si è avuto nella fascia d’età tra i 18 e i 24 anni (dal 4% al 16%) e in quella tra i 25 e i 34 anni (dal 4% al 13%). Positiva la tendenza anche nella fascia tra i 35 e i 44 anni (dal 5% all’8%) e in quella degli over 65 (dal 14% al 19%). Le uniche due fasce d’età a registrare un calo della partecipazione a riti e atti di culto sono state quella tra i 45 e i 54 anni (dal 6% al 5%) e quella tra i 55 e i 64 anni (dal 10% all’8%).

Degno di nota il fatto che gli uomini (13%) hanno più probabilità di frequentare la chiesa rispetto alle donne (10%) e aumenta la diversità etnica dei cristiani “attivi”: uno su cinque appartiene a una minoranza, un dato che si è percepito anche al “Flame 2025”, con una forte presenza di cattolici di origine indiana e nigeriana. Per quanto riguarda il peso delle singole denominazioni e Chiese, se nel 2018 gli anglicani costituivano il 41% dei “praticanti”, nel 2024 la loro percentuale è scesa al 34%, con i cattolici passati nel frattempo dal 23% al 31% e i pentecostali passati dal 4% al 10%. Anche qui è il dato giovanile ad attirare l’attenzione: nella fascia tra i 18 e i 34 anni solo il 20% dei cristiani “praticanti” è anglicano (nel 2018 era il 30%), contro il 41% di cattolici e il 18% di pentecostali. Questo dato ha fatto titolare un quotidiano come il Times «I cattolici superano del doppio gli anglicani tra chi frequenta la chiesa della Generazione Z» e notando che il cattolicesimo «potrebbe presto superare l'anglicanesimo, diventando la confessione religiosa più numerosa del Paese, per la prima volta dalla Riforma di cinque secoli fa».
Ma qual è il motivo di questa ripresa silenziosa del rapporto soprattutto fra i giovani e la Chiesa o meglio le Chiese? Secondo Rob Barward-Symmons, uno dei curatori del rapporto della Bible Society, una possibile spiegazione sta nella ricerca di significato: «Con gran parte della popolazione, in particolare i giovani, alle prese con problemi di salute mentale, solitudine e perdita di significato nella vita, la Chiesa sembra offrire una risposta. Abbiamo scoperto che chi va in chiesa ha maggiori probabilità, rispetto a chi non ci va, di dichiarare una maggiore soddisfazione di vita e un maggiore senso di connessione con la propria comunità. Ha anche meno probabilità di dichiarare di sentirsi ansioso o depresso, in particolare le giovani donne».
Certamente si tratta di dati che andranno corroborati con ulteriori ricerche e che non devono far perdere di vista l’altro aspetto del panorama religioso britannico, ossia che nel Paese la percentuale di coloro che si dicono cristiani è la più bassa di sempre, il 46,2%, e che negli ultimi anni è cresciuta la percentuale di chi si dichiara di nessuna religione. Tuttavia è come se le minoranze rimaste, cattolici e pentecostali soprattutto, stiano vivendo una fase di ricompattamento e di ripresa, almeno di alcuni indici. Ciò insieme al fatto che, si legge nel rapporto della Bible Society, «c'è stato un notevole cambiamento nell’atteggiamento culturale nei confronti del cristianesimo, nell'opinione pubblica. Mentre la percezione del cristianesimo tra le generazioni più anziane può essere associata in modo significativo dall'ostilità del “nuovo ateismo” negli anni 2000, questa non è più la narrativa culturale dominante. Si è passati dall'ostilità all'apatia e, infine, all'apertura».