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La prostituzione come attività economica nel codice Ateco - Ansa
Per l'Istat è “vita sociale”, per altri, quasi sempre altre, è la vendita del proprio spazio più intimo. Così il nostro Istituto di statistica, con la pubblicazione della nuova classificazione Ateco, che categorizza tutti i rami delle attività imprenditoriali e libero-professionali per fini statistici e amministrativi (dunque anche fiscali) ha compiuto una giravolta epocale, ignorando d’un solo botto un certo numero di leggi, tra le quali quel baluardo assoluto di civiltà che prende il nome dalla senatrice Lina Merlin, e snobbando autorevoli pareri della Corte Costituzionale.
Cos’è successo? Accade che dal primo aprile 2025 nella classificazione Ateco sotto il capitolo dei "Servizi alla persona" entrano nuove categorie. Subito dopo i tatuaggi e i piercing, si trovano, con il codice 96.99.92, i "Servizi di incontro ed eventi simili". Ed ecco le fattispecie elencate: «Attività connesse alla vita sociale, ad esempio attività di accompagnatori e accompagnatrici (escort), di agenzie di incontro e agenzie matrimoniali; forniture di servizi sessuali, organizzazione di eventi di prostituzione o gestione di locali di prostituzione; organizzazione di incontri e altre attività di speed networking».
Passi per le "agenzie matrimoniali", ma cosa sarebbero gli “eventi di prostituzione” o “i servizi sessuali” che per l’Istat sono improvvisamente diventati attività economiche legali e classificate? Da ricordare che in Italia, pur non essendo la prostituzione vietata in sé, sono invece proibite tutte le attività di favoreggiamento, sfruttamento e induzione. La prima a reagire è stata la senatrice pentastellata Alessandra Maiorino, già coordinatrice di una indagine parlamentare sulla prostituzione in Italia. La vicecapogruppo del Movimento 5 Stelle ha depositato una interrogazione al ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso chiedendosi meravigliata com’è possibile che si vada così palesemente in contrasto con le leggi esistenti.
Fornire “servizi sessuali” o organizzare “eventi di prostituzione” fa pensare a strip club o locali notturni o anche festini privati in cui si commercia il corpo femminile: fiscalmente rilevante per l’Istat, ma vietato per la legge italiana che punisce lo sfruttamento della prostituzione con la reclusione da 4 a 8 anni e una multa da 5mila a 25mila euro.
Certo, c’è sempre l’eventualità che fanciulle spensierate scelgano liberamente di mettersi a disposizione dell’appetito maschile. Ma sappiamo che la realtà è drammaticamente diversa ed è fatta in gran parte di coercizione. Mentre decine di enti del terzo settore e istituzioni locali lottano contro lo sfruttamento sessuale e lavorano per offrire percorsi di uscita e di autonomia alle donne, ecco che la nuova classificazione Ateco rende “presentabile” una vasta zona grigia di “servizi sessuali”, “eventi di prostituzione” fuori della legalità e, aggiungiamo noi, anche dell'etica.
Senza contare che la prostituzione, perfino se di “libera scelta", pone una pesantissima ipoteca sulla parità di genere e, come scrisse la Corte Costituzionale nel 2019, si situa al di sotto della dignità umana, in quanto «degrada e svilisce la persona». Per questi motivi, continuava la Consulta, la prostituzione non si può considerare una attività economica. Ora invece l’Istat sostiene il contrario. Lina Merlin, come ha detto efficacemente la deputata Alleanza Verdi e Sinistra Luana Zanella, «si rivolta nella tomba».
Non basta nemmeno la lettera di chiarimenti inviata in serata dall'Ufficio stampa dell'Istat, che cerca di bloccare la falla spiegando che le nuove voci Ateco sono state mutuate pari pari dalla classificazione europea, per un criterio di «piena comparabilità dei dati tra Paesi della Ue», ma che l'implementazione riguarderà solo gli operatori economici che svolgono attività legali. E allora, perché inserirle?