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Un ritratto di Focherini - .
Quanto suonano stonate le critiche piovute da Mosca sull’assegnazione alla giornalista della Rai Stefania Battistini del Premio Odoardo Focherini consegnatole venerdì scorso nel Campo di Fossoli, lager della Seconda guerra mondiale, nel Carpigiano. Critiche, come riporta l’agenzia russa “Ria Novosti”, venute dall’ineffabile portavoce del Ministero degli Esteri russo Maria Zakharova, che ha definito «una presa in giro della memoria delle vittime del fascismo» l’assegnazione del riconoscimento all’inviata di guerra Rai.
Parole forti, e fuori luogo. Per noi, chiunque in un Paese democratico – democratico – come è ancora l’Italia ha diritto di criticare.
Un premio si assegna in base a criteri che si possono anche non condividere. Ma è proprio sicura, la portavoce russa, che a casa sua la libertà di critica e di parola siano altrettanto tutelate? La colpa contestata alla collega Battistini, che viaggia sotto scorta ed è notoriamente invisa alle autorità moscovite tanto da venire inserita nella lista dei ricercati, è aver attraversato illegalmente il confine russo nella regione di Kursk mentre stava seguendo le truppe ucraine.
Avrebbe insomma dovuto chiedere agli uffici stampa delle truppe di Vladimir Putin il permesso di fare uno scoop documentando un’operazione militare contro gli stessi soldati russi. Il che in Italia – e lei lavora per il servizio pubblico italiano – cozza con la logica e poi con i diritti e doveri di un giornalista libero.
Stefania Battistini a rischio della vita è entrata in territorio russo al seguito delle truppe ucraine e ha fatto il suo dovere. Punto. Il suo direttore, il pubblico e la sua coscienza sono gli unici giudici a cui deve rispondere in un Paese libero. Secondo sempre “Ria Novosti”, sul suo profilo Telegram Zakharova avrebbe scritto che nell’attività di Battistini «non c’è nemmeno un accenno alla denuncia della natura neonazista del regime di Kiev», ma solo «materiali propagandistici».
Quindi secondo Zakharova anche i promotori del Premio emiliano consacrato alla libertà di stampa sono neonazisti. O perlomeno ignoranti. Stiamo parlando della Fondazione Fossoli, dell’Associazione Stampa Modenese e della Diocesi di Carpi che hanno voluto intitolare, con il consenso della famiglia, il premio a Odoardo Focherini, giornalista e amministratore de “L’Avvenire d’Italia”, Giusto tra le nazioni e beato. Il quale – lo ricordiamo a Maria Zakharova – venne assassinato dai nazisti per la sua attività di sostegno agli ebrei perseguitati e fu internato nel campo di concentramento di Hersbruck dove incontrò e venne confortato da un altro beato, Teresio Olivelli, martirizzato un mese dopo di lui. Nessuno si dispiacerà se li definiamo due ribelli per amore.
Zakharova e i suoi datori di lavoro hanno offeso, insieme alla premiata, i custodi della memoria di un beato ucciso dai nazisti in un lager. Il premio intitolato a Focherini non è stato assegnato infatti con leggerezza a Battistini, bensì – ricordano gli organizzatori – «per aver raccontato, attraverso i suoi reportage, l’orrore della guerra in Ucraina senza lasciarsi fermare o intimorire». Motivazione che rende onore alla memoria del beato di Carpi e a quella delle altre vittime dei nazifascisti.
Sul suo profilo Facebook Battistini ha scritto poi di essersi commossa per il premio giornalistico Odoardo Focherini, «giornalista di “Avvenire d’Italia” che ha salvato decine e decine di persone dai lager nazisti e fu arrestato dopo aver salvato un uomo. Per me resta uno degli esempi più alti di come, in alcuni tratti della storia, l’amore per la libertà di pensiero e per la dignità della persona vadano oltre la professione».
Non paiono esattamente le parole di una ammiratrice di Hitler. Esprimendo solidarietà alla collega, i promotori del premio con la Fnsi e l’Ucsi dell’Emilia Romagna hanno ricordato con sintesi efficace che il Campo di Fossoli, dove fu detenuto anche Focherini, «è luogo di storia e memoria. Tra gli ammonimenti che le sue pietre evocano, c’è quello dei rischi che corre la libertà di parola sotto un regime autoritario. È lì a testimoniare in che abisso può sprofondare una società che, invece di apprezzarli, perseguiti e arresti gli operatori dell’informazione».
Suggeriamo umilmente a Zakharova di annotarsi queste parole. E, quando parla della memoria delle vittime del nazismo in Italia, si ricordi che ai ribelli per amore che diedero la vita per la libertà e a chi declina oggi il loro pensiero nessuno – nessuno – può permettersi di dare lezioni di democrazia e antifascismo.