Messa trasmessa online dalla chiesa di Sao Jorge a Rio de Janeiro, lo scorso 23 Aprile - EPA/ANTONIO LACERDA
Il tema al centro del dibattito pubblico dei tempi straordinari che stiamo vivendo è la riapertura. Riapertura di aziende, scuole, bar, stadi, e… chiese. Le aziende già si interrogano sui costi di mantenimento degli uffici rispetto allo smart working; i responsabili dell’istruzione pubblica e privata stanno valutando se la qualità della stessa è aumentata o diminuita tramite la didattica online; anche sull’esperienza di queste settimane di culto religioso online sorgono molte domande.
Papa Francesco nell’omelia del 17 aprile ha spiegato che il culto online non potrà diventare la norma da adottare quando saremo fuori dall’emergenza: «Dico questo perché qualcuno mi ha fatto riflettere sul pericolo che in questo momento che stiamo vivendo, questa pandemia che ha fatto che tutti ci comunicassimo anche religiosamente attraverso i media, attraverso i mezzi di comunicazione, anche questa Messa, siamo tutti comunicanti […] stiamo insieme, ma non insieme. Anche il sacramento: oggi ce l’avete, l’Eucaristia, ma la gente che è collegata con noi, soltanto ha la comunione spirituale. E questa non è la Chiesa: questa è la Chiesa di una situazione difficile, che il Signore permette, ma l’ideale della Chiesa è sempre con il popolo e con i sacramenti. Sempre». Il Papa ha inoltre parlato di «familiarità gnostica, staccata dal popolo di Dio».
Nei primi secoli del cristianesimo (I–IV secolo) i padri della Chiesa, tra cui Ireneo e Agostino, combatterono una grande battaglia contro le eresie gnostiche. Elementi comuni a tante di esse (basilidiani, marcioniti, valentiniani, manichei) erano la salvezza tramite una conoscenza, o gnosi, frutto di una illuminazione dall’alto; la liberazione dell’anima dalla prigione del corpo; la mediazione della Chiesa come del tutto secondaria nel rapporto fra Dio e l’uomo; la comunione (koinonía) tra i fedeli fondata sul percorso comune di illuminazione ed elevazione spirituale, piuttosto che sulla presenza concreta alla liturgia. Il filosofo tedesco Hans Jonas ha descritto la comunità gnostica come fondata sull’essere «stranieri in questo mondo», mentre il filosofo statunitense Eric Voegelin ha parlato di «una comunità di persone spiritualmente autonome».
Un gruppo di docenti e ricercatori della Scuola di Economia Civile e del Centro di ricerca Cerbe dell’Università Lumsa di Roma (Luigino Bruni, Vittorio Pelligra, Alessandra Smerilli, Matteo Rizzolli, Tommaso Reggiani, Dalila De Rosa, e l’autore di questo articolo) ha predisposto un questionario sull’impatto che l’epidemia di Covid–19 e le misure di distanziamento sociale stanno avendo sulla vita quotidiana. Alcune delle domande sono dedicate al tema della preghiera, della spiritualità e del culto online. Nonostante si sia ancora nella fase preliminare dell’analisi dei dati raccolti in Italia (presto analizzeremo anche quelli di un campione rappresentativo degli Stati Uniti), tre risultati possono essere già evidenziati.
Il primo: di coloro che hanno dichiarato di seguire in queste settimane tutti i giorni o spesso la Messa in tv (18% del campione di coloro che si definiscono cattolici) quasi il 40% ha anche dichiarato che prima partecipava alla Messa meno di una volta al mese.
Secondo risultato. Gli intervistati dovevano dire quanto erano d’accordo con questa affermazione: «La funzione religiosa sui social network (ad. es Facebook e YouTube) non può essere come quella in presenza perché sui social manca l’incontro fisico con la comunità». Il 30% ha dichiarato di essere fortemente in disaccordo, ritenendo implicitamente che Messa online, celebrazione virtuale, e Messa in chiesa, celebrazione reale, siano in qualche modo intercambiabili. Di questo 30% quasi il 20% si recava in chiesa una volta alla settimana, mentre oltre l’80% meno di una volta al mese. Questo potrebbe rassicurare coloro che paventano un rischio di “gnosticismo”: chi si recava spesso in chiesa nota una differenza sostanziale tra il culto virtuale e quello in presenza.
Terzo risultato. Questa volta gli intervistati erano chiamati a confrontarsi con la seguente affermazione: «La funzione religiosa su schermo (social network o tv) è migliore perché più accessibile». Il 34% ha dichiarato di essere fortemente d’accordo. All’interno di questo gruppo, se il 64% va a Messa in chiesa meno di una volta al mese, il 35% però ci va regolarmente. Questo risultato è simile a quello di un altro quesito in cui «più accessibile» è sostituito da «migliore perché non si perde tempo a spostarsi». La comodità sembra allettare anche coloro che si recavano spesso in chiesa prima dell’epidemia.
Incrociando i tre risultati possiamo allora individuare alcuni gruppi a potenziale rischio di gnosticismo: 1) la percentuale della popolazione italiana che si dichiara cattolica e non sembra percepire un disagio dalla mancanza fisica della comunità; 2) la popolazione che non andava a Messa e che, a seguito del distanziamento sociale, ha cominciato a frequentare il culto online, posto che non torni a frequentare le chiese una volta finita l’emergenza 3) la piccola percentuale di cattolici italiani che sembra disposta a passare dal culto in presenza a quello virtuale. La ragione principale per il terzo gruppo è legata alla minore fatica impiegata – il cosiddetto «costo di attivazione» – per partecipare alla funzione religiosa virtuale rispetto a quella in presenza.
Riguardo a quest’ultimo punto, in uno studio del 2008 Luigino Bruni e Luca Stanca hanno dimostrato che tanto più sperimentiamo le relazioni virtuali, legate a bassi costi di attivazione, tanto più sarà costoso sperimentare nuovamente quelle in presenza. Inoltre, i media di ultima generazione tendono a sfumare la differenza tra online e offline. Sono migliaia le lettere che vengono inviate ai protagonisti delle serie tv, chiedendo di rispondere alle domande indirizzate non alle attrici ma ai personaggi, come fossero le stesse persone.
In genere entriamo in questi processi cognitivi senza neanche il tempo di interrogarci sulla natura delle relazioni che viviamo. Una nuova ondata di “gnosticismo” potrebbe emergere quindi come effetto non intenzionale del culto virtuale. È più facile che approderemo allo “gnosticismo” per questa via piuttosto che per un radicato convincimento teologico. Verrà il giorno in cui penseremo che vedere una Messa è esattamente come assistervi di persona, nel quale la realtà coinciderà con la sua maschera (persona, in latino)?