Il Papa a Bruxelles con i reali del Belgio - Reuters
Il mondo cattolico e l’opinione pubblica belga è stata scossa negli ultimi anni dal triste fenomeno degli abusi perpetrati da esponenti del clero. Nel marzo scorso è accaduto anche che un vescovo, l’emerito di Bruges Roger Vangheluwe, sia stato dimesso dallo stato clericale per violenze sessuali compiute quando era sacerdote. Papa Francesco nel suo primo discorso in terra belga non dimentica questo dramma e dedica parole forti e chiare contro questa «piaga» di cui la Chiesa deve provare «vergogna» e «chiedere perdono». Una piaga che comunque «la Chiesa sta affrontando con decisione e fermezza, ascoltando e accompagnando le persone ferite e attuando in tutto il mondo un capillare programma di prevenzione». Non solo. Francesco confessa di essere «rattristato» per il fenomeno delle «adozione forzate» avvenute in Belgio tra gli anni ’50 e ’70 del secolo scorso, quando «spesso la famiglia e altri attori sociali, compresa la Chiesa hanno pensato che per togliere lo stigma negativo che purtroppo a quei tempi colpiva la madre non sposata, fosse preferibile per il bene di entrambi, madre e bambino, che quest’ultimo venisse adottato». Il Papa è chiaro. E da Successore di Pietro prega «affinché la Chiesa trovi sempre in sé la forza per fare chiarezza e per non uniformarsi alla cultura dominante, anche quando tale cultura utilizza – manipolandoli – valori che derivano dal Vangelo, per trarne indebite conclusioni, con il loro pesante esito di sofferenze ed esclusioni». Papa Francesco parla davanti alle autorità e i rappresentanti della società civile belga. Lo fa nella splendida cornice del Castello di Laeken, dopo aver incontrato privatamente i sovrani, re Filippo e la regina Mathilde. Il Papa parla dopo aver ascoltato i saluti del re e del primo ministro Alexander De Croo. Anche il sovrano, nel suo discorso di saluto, affronta il tema della «indicibile tragedia degli abusi sessuali nella Chiesa», lamentando il fatto che «c’è voluto così tanto tempo» per « “riparare” l’irreparabile». Il primo ministro, nella parte del suo intervento è ancora più duro. De Croo ricorda che «la dignità umana è prioritaria e non gli interessi dell’Istituzione» e che «per poter rivolgere lo sguardo in avanti, la Chiesa deve chiarire il suo passato». Sentite queste parole il Papa, alzando lo sguardo, lascia il testo scritto e pronuncia parole ancora più forti. «Fratelli e sorelle, questa è la vergogna!», afferma con decisione. La vergogna «che oggi tutti noi dobbiamo prendere in mano e chiedere perdono e risolvere il problema: la vergogna degli abusi, degli abusi sui minori». «Noi pensiamo - aggiunge - al tempo dei santi Innocenti e diciamo: “Oh che tragedia, cosa ha fatto il re Erode!”, ma oggi nella Chiesa c’è questo crimine; la Chiesa deve vergognarsi e chiedere perdono e cercare di risolvere questa situazione con l’umiltà cristiana». E «mettere tutte le condizioni perché questo non succeda più». «Qualcuno mi dice: “Santità, pensi che secondo le statistiche la grande maggioranza degli abusi si dà in famiglia o nel quartiere o al mondo dello sport, nella scuola”», prosegue Francesco. Ma «uno solo è sufficiente per vergognarsi!». Così «nella Chiesa dobbiamo chiedere perdono di questo; gli altri chiedano perdono per la loro parte: questa è la nostra vergogna e la nostra umiliazione».
La conquista della pace
L’altro tema forte del primo discorso del Papa in Belgio è quello della pace, in questo momento storico in cui «siamo vicini ad una guerra quasi mondiale». Francesco ricorda che «la concordia e la pace non sono una conquista che si ottiene una volta per tutte, bensì un compito e una missione incessante da coltivare». «L'essere umano, infatti, - avverte il Pontefice - quando smette di fare memoria del passato e di lasciarsene istruire, possiede la sconcertante capacità di tornare a cadere», dimenticando «le sofferenze e i costi spaventosi pagati dalle generazioni precedenti». In questo senso «il Belgio è quanto mai prezioso per la memoria del continente europeo». Tale memoria infatti «mette a disposizione argomenti inoppugnabili per sviluppare un'azione culturale, sociale e politica» che «escluda un futuro in cui nuovamente l'idea e la prassi della guerra diventino un'opzione percorribile, con conseguenze catastrofiche». La storia, continua il Papa, «magistra vitae troppo spesso inascoltata, dal Belgio chiama l’Europa a riprendere il suo cammino», a «investire nuovamente sul futuro aprendosi alla vita, alla speranza, per sconfiggere l’inverno demografico e l’inferno della guerre, le due calamità di questo momento». Infine la preghiera del Papa affinché i responsabili delle Nazioni, «guardando al Belgio e alla sua storia, sappiano trarne insegnamento e in questo modo risparmiare ai loro popoli sciagure senza fine e lutti senza numero». Affinché «sappiano assumersi la responsabilità, il rischio e l'onore della pace e sappiano allontanare l'azzardo, l'ignominia e l'assurdità della guerra». Affinché «temano il giudizio della coscienza, della storia e di Dio, e convertano lo sguardo e i cuori, mettendo sempre al primo posto il bene comune». Con l’amara constatazione, aggiunta a braccio, che «in questo momento nel quale l'economia si è sviluppata tanto, in qualche Paese gli investimenti che danno più reddito sono le fabbriche delle armi».