mercoledì 13 novembre 2024
Gli italiani ancora cattolici? La ricerca del Censis sembra offrire alla Chiesa un'opportunità. A cominciare da chi si sente escluso. Parla il vescovo Antonello Mura, tra i protagonisti del percorso
«Diamo spazio nelle parrocchie alle persone più intraprendenti»

Foto Siciliani

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Gli appunti critici per la Chiesa dentro il quadro di una società che ancora guarda al cristianesimo come a un riferimento collettivo sono probabilmente già nell’agenda di tanti delegati alla prima assemblea sinodale delle Chiese in Italia, da venerdì a Roma. Di certo la ricerca del Censis sugli italiani, la fede e la Chiesa, anticipata domenica da “Avvenire” ( tinyurl.com/4brb42hu), sta dando da pensare a monsignor Antonello Mura, vescovo di Lanusei e Nuoro, presidente dei vescovi sardi, padre sinodale per due anni in Vaticano, membro di presidenza del Comitato del cammino sinodale italiano. «Il messaggio dell’indagine – riflette – è che la Chiesa non può che mettersi in ascolto, offrendo ai cristiani di oggi non solo una serie di proposte ma il coinvolgimento nella vita comunitaria. Per farli sentire a casa».

I dati offrono un quadro in chiaroscuro. Qual è la sua impressione?

Penso che senza il Sinodo la situazione sarebbe più problematica. Il cammino sinodale ha aiutato a cogliere una Chiesa che si mette in gioco, che cerca, che non si limita ad aspettare. Il fatto che molti si dicano ancora cattolici è una base per costruire, ma rischia di restare solo un’etichetta, un’atmosfera di sottofondo, se non si trasforma in pratica, esperienza, relazione.

Il vescovo di Lanusei e Nuoro Antonello Mura

Il vescovo di Lanusei e Nuoro Antonello Mura - Foto Basoccu

Cosa l’ha colpita di più della ricerca?

L’annotazione che nella Chiesa i cristiani di valore, intraprendenti, non trovino posto. Con una battuta, me lo spiego col fatto che le persone intelligenti danno fastidio dappertutto... Anche nella vita delle comunità talvolta quelli che hanno idee, e le avanzano lealmente, non sono apprezzati da una maggioranza “piatta”. Questo mi fa pensare a quanto sia importante una cultura cristianamente ispirata: perché se i cristiani di valore si sentono esclusi rischiamo di diventare Chiesa “di rifugio”, cercata da chi ha qualche problema, più che di iniziativa e proposta, rischiando di non far emergere la capacità del Vangelo di trasformare la realtà, di lasciare un’impronta sulla vita personale e la società.

Cosa legge nel valore assegnato da una larga maggioranza di italiani alla vita spirituale?

Mi provoca molto e mi spinge a chiedermi se le nostre Chiese sono capaci di cogliere questa domanda di interiorità. Chi avverte questa esigenza finisce per cercare una risposta non nella comunità ma in sé stesso, in quella fede “fai da te” che il Censis cataloga come individualismo.

Il 71% degli italiani si dice cattolico, ma è un’identità che non passa attraverso la Chiesa, visto che solo il 15% frequenta. Cosa ne pensa?

Le critiche si concentrano sul fatto che la Chiesa sia “troppo antica” ma soprattutto non abbastanza chiara. L’assemblea sinodale italiana deve aiutare a capire quali sono i punti fermi della vita credente oggi in Italia, senza restare nell’indeterminatezza. Dobbiamo sentirci interrogati da questa insoddisfazione, più ancora del rilievo sul non essere abbastanza “attuali”, anche perché tra i credenti emerge una certa “nostalgia”.

Un altro aspetto interessante è la percezione sui sacerdoti, considerati in egual misura (il 40% del campione) da cercare o da evitare. Cosa vede in questa ambivalenza?

Per com’è la società oggi, che quattro italiani su dieci abbiano stima dei sacerdoti – un dato ben al di sopra di quello della frequenza – lo considero tutt’altro che negativo. I nostri sacerdoti continuano ad avere un ruolo importante nella società. D’altra parte però il 60% chiede alla Chiesa di cambiare... E allora mi chiedo: che risposte vogliamo dare a chi è diffidente per effetto degli abusi o del ruolo ancora inadeguato assegnato alle donne?

Cosa dicono i dati della ricerca all’assemblea sinodale italiana?

Anzitutto parlano di un cambiamento necessario e del recupero di presenze che possono avere valore nella Chiesa. A Roma saranno presenti persone entrate nel cammino sinodale sin dall’inizio, gente di spessore che ha accettato di farsi coinvolgere, dando prova di grande continuità nell’impegno, con un’esperienza di Chiesa allo stesso tempo vissuta e guidata. A me sembrano l’avanguardia di quel che si potrebbe mettere in movimento.

Quali sono le sue aspettative sull’assemblea di Roma?

Spero che si riesca a far percepire l’importanza dell’aspetto comunitario della fede, sottraendo i credenti all’idea che quel che fanno nella vita di fede valga solo per ciascuno individualmente, senza uno sguardo comunitario. Vanno fatti passi avanti nella partecipazione attiva dei cristiani alla vita ecclesiale, sul piano pubblico, concreto, e anche normativo. Senza temere il cambiamento. Perché cambiare è il modo della Chiesa di vivere e di essere nel tempo.

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