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Un’occasione di confronto e dialogo aperto sulle sfide che interpellano le Chiese della Liguria. «E tra queste la trasmissione della fede, i Sacramenti e la formazione di sacerdoti e laici», spiega l’arcivescovo di Genova, Marco Tasca, presidente della Conferenza episcopale ligure al termine della visita ad limina dal Papa, che la regione ecclesiastica ha compiuto la scorsa settimana.
Eccellenza, come si è presentata la Chiesa della regione ecclesiastica ligure in questo incontro con papa Francesco?
Innanzitutto vorrei sottolineare quanto questa settimana sia stata un momento molto bello di condivisione per noi vescovi: abbiamo pregato insieme, consumato i pasti insieme, dialogato. Abbiamo condiviso e riconosciuto il grande lavoro che hanno fatto le nostre Chiese per preparare questa visita ad limina, nonostante i tempi un po’ stretti. La nostra è una regione ecclesiastica che presenta un certo benessere, segnato però da un certo individualismo; stiamo vivendo un momento di grande effervescenza con gli annessi i problemi che conosciamo bene, specialmente nel mondo del lavoro che abbiamo presentato nei Dicasteri e da un disagio soprattutto nella fascia di età del mondo giovanile che non emerge in maniera eclatante, ma che è presente.
Quali sono stati i principali temi che avete affrontato parlando della vostra situazione regionale con il Pontefice?
Siamo stati in udienza con il Pontefice per un’ora e mezza ed è stato un momento bellissimo. Uno dei temi che abbiamo condiviso con lui è la preoccupazione che abbiamo per il tema della trasmissione della fede: sono in calo i Battesimi, i Matrimoni religiosi e non solo, è faticoso il cammino del dopo Cresima; una definizione emersa che mi pare interessante - che non è omnicomprensiva, ma che è sintomo di forte indizio - è quella del “praticante non credente”: pare che in qualche situazione emerga questa nuova caratteristica del nostro popolo; abbiamo parlato con il Papa del tema di una fede che talvolta coglie la tentazione di risolversi nel privato e quindi comporta la fatica nella vita comunitaria delle nostre realtà parrocchiali e non solo. Un altro tema che è emerso sia col Santo Padre che nella visita ai Dicasteri è quello della formazione dei presbiteri e dei laici: è un tema che ci sta veramente a cuore e quindi occorre continuare a crescere per migliorare e accentuare la formazione dei nostri presbiteri e dei laici.
La Liguria è una terra che vive più di altre realtà regionali il problema della denatalità e quello dell’invecchiamento della sua popolazione. Quale pastorale mettono in campo le Chiese della regione ecclesiastica ligure?
Le Chiese della nostra regione ecclesiastica hanno la grande grazia del volontariato e di persone, soprattutto anziane,
che operano per il bene del prossimo: penso ad esempio ai Centri di Ascolto che sono vitalizzati da persone che hanno già una certa età; credo che sia un modo molto bello e coinvolgente quello di mettere in campo questa possibilità, in maniera che anche i nostri anziani possano sentirsi parte di una comunità, sentirsi a servizio e di sentire che la loro esperienza e la loro vita è a beneficio di tutta la comunità. Un altro elemento che mettiamo in campo è la benedizione alle famiglie, che significa andare a trovare persone magari anziane e stare con loro e condividere la loro vita. Un terzo elemento per il quale siamo chiamati a crescere è farci di più promotori di una politica per la famiglia: credo sia un tema per il quale valga la pena mettere insieme le forze per affrontare e per dare una linea alla guida alla famiglia che è di estrema importanza.
La Liguria è una terra che si affaccia sul mare ed ha profonde radici nell’apertura verso il mondo. Cosa è rimasto nella realtà ligure di questa capacità di accoglienza e di inclusione?
La nostra regione ha certamente una grande storia da raccontare. Credo che oggi ci sia la bellezza di una rinnovata capacità di dialogo. Nelle nostre chiese sta crescendo – grazie anche al cammino sinodale – la capacità di dialogare e soprattutto siamo chiamati a cercare e proporre nuove alleanze. Abbiamo la grazia di poter collaborare con tante altre realtà, penso ad esempio al campo delle giovani generazioni con le quali dobbiamo crescere nel dialogo; penso alla bellezza dei beni culturali: una grandissima realtà che ci apre al mondo e che ci fa veramente essere in prima linea sotto l’aspetto della condivisone. Segno di apertura al mondo è anche il turismo, che nella nostra regione sta aumentando in maniera significativa: una grande opportunità di accogliere e di essere aperti con chi viene a visitare le nostre belle terre.
Parlando di accoglienza non si può non menzionare la generosità della nostra regione, e delle persone con le quali abbiamo accolto quest’anno tanti fratelli e sorelle fuggite dalle loro terre martoriate dalla guerra: quello dell’accoglienza è un segno estremamente bello di attenzione agli ultimi, ai deboli, ai poveri: le nostre chiese sono molto attente a questo aspetto e siamo chiamati ad essere sempre più presenti nell’aiutare; impegnandoci anche nel prevenire questa fatica e queste difficoltà e a non dover vivere sempre nella cultura della emergenza.
Quali frutti riportate nelle vostre Chiese locali dopo l’incontro con il Papa e la visita ad limina nel suo complesso?
Il primo frutto penso sia dover dire grazie a papa Francesco: ha accolto in maniera semplice, serena e familiare noi vescovi, condividendo con noi un bel dialogo. Un altro frutto della visita è la consapevolezza che altre epoche hanno vissuto problemi grossi e alte sfide. Un insegnamento molto bello che ci è stato dato è l’atteggiamento che dobbiamo avere nel nostro cammino: accoglienza, umanità e valori da portare avanti. Un altro frutto è quello di essere molto attenti alla religiosità popolare; noi abbiamo la grande grazia di avere le Confraternite: un grande dono per la nostra Chiesa e per la nostra regione, e con le quali dobbiamo crescere insieme. Non va dimenticata la bellezza di camminare insieme, sperimentando questo aspetto pur nella differenza e diversità delle diverse Chiese. Infine, il Papa ha usato più volte il termine “creatività” e ha detto che è un dono dello Spirito Santo: penso sia bello e stimolante saper cogliere quello che lo Spirito ha da insegnare alle nostre Chiese. Siamo chiamati a porci in atteggiamento di ascolto. Abbiamo bisogno di meditare su quello che abbiamo vissuto e fare discernimento: questo è il più bel regalo che possiamo fare alle nostre comunità.