martedì 18 febbraio 2025
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È una zona della “Torino fortunata” quella della parrocchia della Beata Vergine delle Grazie alla Crocetta. Guardandosi intorno, tra strade e viali alberati, ce ne si rende conto. Palazzi eleganti e ville di pregio sono il tratto distintivo di questo quartiere della media e alta borghesia torinese. La vera ricchezza però, non risiede nei conti in banca degli abitanti, ma «nella vitalità del tessuto sociale», dice il parroco 34enne don Francesco Santamaria. Da quando è stato ordinato prete, nel 2016, ha trascorso qui tutto il suo ministero. I primi quattro anni da vice parroco; i successivi quattro da co-parroco insieme a don Guido Fiandino, ora vescovo ausiliare emerito; dal 1° novembre scorso, la nomina a parroco. La responsabilità del pastore arriva quindi dopo una lunga esperienza in questa realtà dinamica e aperta, data dalla presenza viva di tante anime che la compongono. Anzitutto bambini e ragazzi che frequentano le tante scuole, dalle primarie e secondarie pubbliche, allo storico Liceo Galileo Ferraris, al Politecnico, a realtà educative e sociali come l’Educatorio della Provvidenza.

«Molti di loro frequentano le attività parrocchiali e il catechismo, operativo per ben settecento iscritti» dice don Francesco. Anche il mondo della terza età è ben rappresentato, con il Convalescenziario per anziani e la Casa di riposo “La Trinité”, di cui il parroco è anche cappellano. Tra giovani e meno giovani poi, un’intera galassia. Storica la presenza dell’Azione cattolica, che ha dato tradizione e identità alla parrocchia e ha avuto tra i suoi iscritti nientemeno che il futuro santo Pier Giorgio Frassati, che nel quartiere è vissuto e morto esattamente un secolo fa. C’è poi il gruppo famiglie, felice tentativo di dare continuità ai corsi prematrimoniali e risposta concreta ad una comunità parrocchiale che cambia. Le famiglie oggi non sempre vedono nella parrocchia un punto di riferimento, ma se accompagnate «in un percorso che approfondisce la preparazione al matrimonio e segue la coppia nell’iniziazione cristiana dei loro bambini, sentono la comunità pronta a camminare con loro» spiega il parroco. È nata anche una équipe battesimi. Un gruppo di laici affianca i due sacerdoti nell’accompagnamento delle famiglie che chiedono il primo sacramento per i loro figli, e cercano di rendere presente nella loro vita l’intera comunità, anche attraverso delle feste che hanno come protagonisti i piccoli battezzati, organizzate due volte l’anno. Qualunque sia l’iniziativa, per don Santamaria è indispensabile unire le generazioni: «non c’è mai qualcosa solo per i giovani, unicamente per i genitori o esclusivamente per gli anziani. Tutte le anime della comunità sono sempre parte di tutto». Parlano i fatti: in tempo di Natale, quando si sono intensificate le comunioni ad anziani e ammalati, con i ministri straordinari dell’Eucaristia sono stati coinvolti nelle visite alle strutture assistenziali anche i bambini, che hanno aiutato a portare agli ospiti una ventata di gioia.

Un segno singolare che riflette i segni dei tempi riguarda la celebrazione delle esequie. Sono quasi duecento all’anno i funerali che si tengono alla Crocetta, e spesso vi partecipano famiglie o persone lontane dalla comunità. «Consideriamo il lutto come un momento di incontro con chi soffre, un’occasione pastorale e di annuncio». Particolarmente vissuto è il Rosario, che si recita in chiesa la sera prima dei funerali: «È il momento in cui ricordiamo il defunto e viviamo il distacco come famiglia parrocchiale».

L’ambiente propositivo della Crocetta non toglie che ci siano delle sfide. Alla base, quella «di non pensare di essere autosussistenti come parrocchia. È il momento di lavorare insieme alle altre, affrontando attività e proposte non come singola realtà parrocchiale, ma nella pluralità». Anche la scarsità di sacerdoti presenta una sfida. Per don Santamaria è indispensabile responsabilizzare i laici, «ma non puntando a un “investimento di necessità”, dettato solo dalla diminuzione dei preti. È bello che ognuno abbia un posto e una missione». I laici devono essere coinvolti «per progettare e dirigere i passi della comunità, non per eseguire meccanicamente i compiti che i pastori faticano a portare a termine». Nel raggiungimento di questo obiettivo, «si sono rivelati vincenti i Percorsi per i ministeri laicali proposti dall’arcidiocesi, itinerari di formazione per chi coordina e anima un particolare ambito pastorale».

C’è qualcosa che alla Crocetta non è mai cambiato: il benessere di chi abita il quartiere. Non è cambiata nemmeno l’anima della parrocchia, attenta alle necessità di chi la vive. A evolversi sono i linguaggi di annuncio e le forme di essere famiglia tra le famiglie.


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