Sarà la Via Crucis dei «bambini schiavi», di chi arriva in Europa sulle «carrette del mare», degli «ebrei morti nei campi di sterminio », delle «donne oggetto di sfruttamento e di violenza», dei piccoli «profanati nella loro intimità». Ma anche dei «milioni di profughi, rifugiati e sfollati che fuggono disperatamente dall’orrore delle guerre, delle persecuzioni e delle dittature», di coloro che «pensano di non avere più dignità perché hanno perso il lavoro», di quanto «soffrono per una famiglia spezzata», dei cristiani vessati in nome del Vangelo. «Crocifissi della storia», li definisce l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, il cardinale Gualtiero Bassetti, nelle meditazioni per il rito che papa Francesco presiederà il Venerdì Santo alle 21.15 al Colosseo. Il loro grido è «il grido di Cristo» sulla Croce e la «polvere benedetta dalle lacrime di tanti fratelli» lasciati ai margini è la stessa bagnata dal «sangue del Signore », nota il cardinale 73enne originario della Toscana. Del resto, scrive il porporato a commento nella nona Stazione (“Gesù cade per la terza volta”), «è per misericordia che Dio si è abbassato» fino «a giacere nella polvere della strada». Proprio il filo conduttore dell’Anno Santo (e del pontificato di Francesco) dà il titolo alle riflessioni della Via Crucis: Dio è misericordia. Nei testi, che vengono pubblicati oggi dalla Libreria Editrice Vaticana, Bassetti ricorda che – come scrive nell’introduzione – «la misericordia è il canale della grazia che da Dio arriva a tutti gli uomini e le donne di oggi. Uomini e donne troppo spesso smarriti e confusi, materialisti e idolatri, poveri e soli». Nelle quattordici Stazioni vengono citate le intuizioni di don Primo Mazzolari, padre David Maria Turoldo, san Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e papa Bergoglio. Inoltre si fa riferimento a due martiri del secolo scorso, padre Massimiliano Kolbe ed Edith Stein, quando nella dodicesima Stazione (“Gesù muore in croce”) l’arcivescovo ricorda che «l’uomo uccide Dio» e «ancora oggi il corpo di Cristo è crocifisso in molte regioni della terra». Lo scherma adottato dal cardinale è quello «tradizionale», spiega ad Avvenire. Accanto al brano della Scrittura, c’è un commento seguito dalla preghiera. Nelle parole che venerdì saranno lette all’Anfiteatro Flavio e che faranno il giro del pianeta grazie alla diretta televisiva i drammi del mondo contemporaneo entrano con il loro carico di dolori e travagli. Nella terza Stazione (“Gesù cade la prima volta sotto la croce”) Bassetti annota: «Ci sono situazioni di sofferenza che sembrano negare l’amore di Dio. Dov’è Dio nei campi di sterminio? Dov’è Dio nelle miniere e nelle fabbriche dove lavorano come schiavi i bambini? Dov’è Dio nelle carrette del mare che affondano nel Mediterraneo?». Eppure, prosegue, «Cristo è lì. Scarto tra gli scarti. Ultimo con gli ultimi. Naufrago tra i naufraghi». La quinta Stazione, in cui si narra del Signore aiutato da Simone di Cirene a portare la croce, è l’occasione per parlare delle «tribolazioni » che «bussano alla nostra porta». È il caso di una malattia che «potrebbe rovinare i nostri progetti di vita» o di un «bambino disabile» che potrebbe «turbare i sogni di una maternità tanto desiderata». In soccorso arriva l’esempio del Cireneo che, afferma l’arcivescovo, è il volto della «misericordia di Dio che si fa presente nella storia degli esseri umani». E dalla Veronica – al centro della sesta Stazione – giunge il richiamo a non voltare lo sguardo dall’altra parte: deve accadere con i migranti che si muovono dai Paesi in guerra e in cui vediamo il «volto del Signore», osserva il porporato. Fra i temi cari a Bassetti ci sono quelli della famiglia, della crisi economica, dei ragazzi. Nella quarta Stazione (“Gesù incontra sua Madre”) la famiglia è definita «cuore pulsante della società», «architrave insostituibile delle relazioni umane», «amore per sempre che salverà il mondo», mentre nella nona Stazione si prega per i «matrimoni falliti» e i «drammi familiari». Il cardinale menziona due volte, sempre nella nona Stazione, la «perdita del lavoro» e si rammarica per i giovani che «sono costretti a vivere una vita precaria e perdono la speranza per il futuro». Il frangente in cui Cristo viene spogliato delle vesti (la decima Stazione) diventa il pulpito per denunciare «le piaghe» dei bambini abusati e per puntare l’indice contro «chi non rispetta la debolezza e la sacralità del corpo che invecchia e muore». Volgendo lo sguardo alla comunità ecclesiale, Bassetti tiene a ribadire che «il cristiano non cerca l’applauso del mondo o il consenso delle piazze» e «non adula e non dice menzogne per conquistare il potere», si legge nella riflessione della seconda Stazione (“Gesù è caricato della croce”).
E nella preghiera della settima Stazione (“Gesù cade per la seconda volta”) il cardinale chiede che la Chiesa abbia la «consapevolezza della sofferenza» e sia dato «ai ministri della Riconciliazione il dono delle lacrime per il loro peccato» perché non si può «invocare su di sé e sugli altri» la misericordia di Dio se prima non si sa «piangere sulle proprie colpe». Non solo. I gesti di Giuseppe di Arimatea, protagonista della tredicesima Stazione (“Gesù è deposto dalla croce”), sono un monito per riaffermare che la fede è «accoglienza, gratuità e amore». «In una parola: carità», chiarisce Bassetti. Che nell’ottava Stazione (“Gesù incontra le donne”) tiene a far sapere: «Non c’è conversione senza la carità. E la carità è il modo di essere Chiesa ». L’arcivescovo evidenzia che il Signore viene sepolto con «semplicità» e «sobrietà». Tutto ciò è in netto contrasto «con l’ostentazione, la banalizzazione e la fastosità dei funerali dei potenti di questo mondo». Si chiude il sepolcro di Gesù, ma Dio è «all’opera» per «generare nuova grazia nell’uomo» che ama. Da qui l’invito nella quattordicesima Stazione (“Gesù è deposto nel sepolcro”): «Entra nei nostri cuori: ravviva la scintilla del tuo amore nel cuore di ogni uomo, nel grembo di ogni famiglia, nel cammino di ogni popolo».