mercoledì 26 marzo 2025
Con 215 no, respinta la richiesta delle opposizioni per la liberazione del generale libico Almasri. Duro scontro in aula. Schlein: lei ha scarcerato un torturatore.
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio replica alle opposizioni durante il voto di sfiducia alla Camera sul caso Almasri.

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio replica alle opposizioni durante il voto di sfiducia alla Camera sul caso Almasri. - ANSA

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Nessuna sorpresa. Com'era prevedibile, stante la compattezza della maggioranza nel difendere l'operato del Guardasigilli Carlo Nordio, l'Aula della Camera ha respinto la mozione di sfiducia presentata nei suoi confronti dalle opposizioni per la vicenda del generale libico Osama al-Najeem, detto "Almasri" (l'egiziano), inizialmente arrestato in Italia perché ricercato dalla Corte penale internazionale per omicidio e torture a migranti ma poi liberato e riportato in patria da un aereo della Presidenza del Consiglio. Nel dettaglio, I voti contrari alla sfiducia sono stati 215, quelli a favore 119. Non ha partecipato al voto il gruppo di Azione, che pur condividendo la sostanza delle valutazioni della mozione, ha detto di non essere favorevole all'uso della mozione di sfiducia.

Nordio: contro di me toni da inquisizione, avanti con la riforma

Nel suo intervento di replica alla mozione di sfiducia, Nordio ha continuato a tenere la linea già esposta in Parlamento, sostenendo ad esempio che l'atto della Corte penale internazionale che richiedeva l'arresto di Almasri«era così sbagliato che la stessa Corte lo ha mutato» e affermando di essersi preso 48 ore di tempo «per cercare di capire gli aspetti delle accuse ad Almasri». Un tempo, ha detto, «non dedicato a favorire la fuga, l'uscita o la liberazione» del ricercato, ma «un atto dovuto da parte del ministro di rapportarsi con chi di competenza per capire se questo atto dovesse avere un seguito». Poi Nordio è passato al contrattacco: «Le osservazioni dell'opposizione ricordano i libelli dell'inquisizione dei secoli scorsi, mancano solo l'accusa finale di simonia e bestemmia e siamo a posto», ha incalzato, rinfacciando alle opposizioni di aver tirato in ballo anche altri temi, come «il numero dei suicidi in carcere, del sovraffollamento carcerario, dei magistrati fuori ruolo, del panpenalismo, della salute nelle carceri, della crociata contro le intercettazioni, del dossieraggio dei parlamentari». Ha punzecchiato il parlamentare Roberto Giachetti, «rimasto deluso della denuncia da lui avanzata contro di me come concorrente del reato per i suicidi in carcere, che non ha avuto seguito». E ha continuato a sferzare le opposizioni «esasperate nel linguaggio e nei toni» e sostenendo che tutte le frecciate «che arrivano nei modi più sciatti e fasulli, danno la sensazione che si tratti di un attacco programmato per evitare la riforma della separazione delle carriere e il sorteggio per l'elezione del Csm». Quali che siano gli attacchi,«giudiziari, di stampa o parlamentari», ha avvertito, «noi non vacilleremo e non esiteremo: la riforma va avanti e più saranno violenti impropri e sciatti gli attacchi, più saremo determinati. E se voi farete del vostro peggio, noi faremo del nostro meglio».

​La difesa compatta della maggioranza

Nelle dichiarazioni di voto, le forze politiche che sostengono il governo hanno fatto scudo in difesa del ministro, addebitando alle opposizioni l'intenzione, attraverso la mozione, di colpire un esecutivo che sta portando avanti una riforma della giustizia chiesta dagli elettori al centrodestra. «La mozione di sfiducia non c'entra nulla sulla vicenda Almasri. Sareste voi dell'opposizione a dovervi dimettere, non eravate dalla parte dei torturati quando sottoscrivevate il memorandum nel 2017 con la Libia, rinnovato da Conte?», ha osservato Galeazzo Bignami, capogruppo di Fdi, ritenendo che «nel momento in cui si vara la riforma della giustizia, qualcuno si sente toccato nel vivo. Il problema non è Almasri, è il fatto che andiamo a scardinare il malsano rapporto tra politica e magistratura». Valutazioni che sono riecheggiate anche in altri interventi della maggioranza, che ha scandito con diversi applausi le parole pronunciate in Aula dal Guardasigilli.

L'ira delle opposizioni: lei ha liberato un torturatore

Dal canto loro, le forze di opposizione hanno più volte rumoreggiato in segno di protesta. Per la segretaria del Pd Elly Schlein, sul capo del ministro ricadono forti responsabilità, perché avrebbe potuto «far rimanere in carcere un torturatore, ma non lo ha scelto. Mi chiedo come possa dormire la notte, io non ci riuscirei. E chi le ha chiesto di stare fermo, è stata Meloni? Deve dirci la verità. Sono costretta a chiedere ancora una volta dov'è la premier? Perché fugge? Lei non può continuare a ricoprire il ruolo di ministro perché poteva e doveva evitarlo e ha scelto di non farlo ha scelto la ragione di partito». Duro anche l'intervento dell'ex procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho, deputato di M5s: «In una vicenda così grave e importante lei ha violato la legge e la Costituzione, poi è venuto in Aula ad affermare cose risultate completamente destituite di fondamento - ha detto, rivolto al ministro -. Quando lei ci parla di incoerenze, contraddizioni, opinioni dissenzienti, è smentito da ciò che dice il mandato d'arresto. Lei non è stato leale con questa assemblea, ha parlato di cose diverse rispetto alla verità». Taglienti anche gli altri interventi delle opposizioni, con Angelo Bonelli di Avs («Lei ha coperto un boia, un criminale, uno stupratore, anche di minorenni e perciò chiediamo le sue dimissioni, a nome di quelle vittime»), Riccardo Magi di +Europa («Lei ha avuto un'enorme responsabilità e l'ha assunta per motivi politici, avrebbe dovuto eseguire il mandato di cattura internazionale con una procedura di consegna») e l'ex ministra Elena Boschi, di Italia Viva: «Lei ha mentito a quest'Aula ed è per questo che secondo noi deve dimettersi. Non crediamo che si debba dimettere per un'inchiesta, perché siamo garantisti, ma perché non ha detto la verità in Parlamento sul caso Almasri».

​Azione non partecipa al voto

Nel dibattito parlamentare, si è distinta la posizione di Azione, il partito guidato da Carlo Calenda, che ha scelto di non partecipare al voto. Pur condividendo le critiche al ministro, ha precisato il deputato Antonio D'Alessio, «manifestiamo totale perplessità rispetto all'efficacia della mozione di sfiducia, che diventa un boomerang perché cementa la maggioranza. La nostra decisione è di non partecipare al voto».

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