«Habemus decretum». Annuncia così, il vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini, il varo in Consiglio dei ministri del decreto legge cosiddetto «sicurezza bis», passato ieri nella sua ultima versione, dopo un travagliato lavoro di limatura (forse anche in interlocuzione coi giuristi del Quirinale) e una serrata trattativa politica fra Lega e M5s, che ha portato a correggere le precedenti bozze (almeno cinque) del Viminale. Salvini parla nella sala stampa di Palazzo Chigi, seduto accanto al premier Giuseppe Conte e al sottosegretario Giancarlo Giorgetti. Proprio Conte ricorda come sul testo «c’erano stati degli interventi» già prima delle Europee, «ma eravamo arrivati a ridosso della competizione elettorale. E avevo chiesto a Salvini di rinviarlo, in quanto convocare un Cdm due giorni prima delle Europee non mi sembrava opportuno».
Le limature sull’immigrazione. Dopo le revisioni, il decreto è di 18 articoli. Quelli relativi all’immigrazione sono in testa al provvedimento. L’iniziale "pretesa" del ministro Salvini, autore di circolari e direttive anti Ong, di negare in autonomia (ossia senza accordo con gli altri ministri competenti) l’ingresso nelle acque territoriali a determinate navi qualora violino «le leggi sull’immigrazione vigenti», potrà essere adottata solo «di concerto» coi ministeri della Difesa e dei Trasporti e sentito il presidente del Consiglio. «Lo abbiamo visto, rivisto ed emendato, siamo sicuri che sia rispettoso di qualunque norma vigente in Italia e all’estero», osserva Salvini. Nell’articolo 2, è stata cancellata la parola «migranti» e anche le maxi multe (all’inizio 3.500 euro per migrante trasportato) previste per le navi sono diventate sanzioni «da 10 a 50mila euro per comandante, proprietario e armatore». Ma resta la confisca del natante per «coloro che ripetutamente non ottemperano ai divieti di ingresso nelle acque territoriali». Nel giorno in cui il governo risponde duramente ai rilievi dell’Onu sul rischio di pregiudizio per i diritti umani dei migranti, il vicepremier leghista non si scompone: «Siamo assolutamente tranquilli» sui profili di costituzionalità «sia del primo che del secondo decreto sicurezza».
Frizioni sui rimpatri con M5s. Assente in sala stampa, ma attento a non enfatizzare troppo le rivendicazioni del Carroccio, è il vicepremier pentastellato Luigi Di Maio: «Il decreto sicurezza è un inizio e mi auguro che in fase di riconversione il Parlamento lavori a un rafforzamento delle misure per i rimpatri dei migranti irregolari» (nel dl c’è un fondo per 2 milioni di euro). Di Maio torna sull’eventualità che siano «troppi i circa 500mila irregolari in Italia» e che si debba «lavorare sul profilo internazionale, lo faremo da squadra». In realtà la stima del mezzo milione (sbandierata a lungo dalla Lega) a fine aprile era stata corretta al ribasso proprio da Salvini, con una sorprendente marcia indietro: «Il numero degli immigrati irregolari stimati in Italia è circa 90mila», aveva detto.
Stretta su ordine pubblico. Un’altra parte corposa del decreto contiene, sottolinea il ministro dell’Interno, «sanzioni inasprite per chi aggredisce le forze pubbliche in piazza». A chi (dopo alcuni recenti episodi, fra cui il sequestro di striscioni prima o durante comizi salviniani) teme che l’applicazione delle nuove norme possa portare a determinazioni liberticide, Salvini replica che «gli episodi di violenza sanzionati debbono prevedere concreto pericolo a persone o cose con utilizzo di petardi, mazze e bastoni. Non penso che la libertà di pensiero passi per strumenti di questo tipo».