mercoledì 1 febbraio 2017
Dieci impegni reciproci tra comunità islamiche e Stato italiano firmati oggi al Viminale. L'adesione dei rappresentanti di 11 associazioni.
L'interno della Grande Moschea di Roma (Ansa)

L'interno della Grande Moschea di Roma (Ansa)

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Spingere verso integrazione e comprensione reciproca. Scacciare i fantasmi dell'estremismo dello Stato islamico che "vuole conquistare Roma". Allontanare "il germe del sospetto" tra persone che hanno una fede diversa ma abitano nello stesso Stato. Questi gli obiettivi del Patto nazionale per l'Islam italiano, firmato oggi al Viminale dal ministro dell'Interno Marco Minniti e dai rappresentanti delle comunità islamiche italiane, che contano complessivamente 1,6 milioni di fedeli.

RELIGIONI DIVERSE, MA SIAMO TUTTI ITALIANI

"Possiamo professare religioni diverse, ma siamo tutti italiani", ha detto il ministro dell'Interno dopo la firma. "Non è lo Stato che dà le regole a una religione, lo Stato può fare intese con loro, accordarsi su diritti e doveri, come stiamo facendo: è un incontro di libere volontà", ha sottolineato Minniti. Secondo lui, il Patto costituisce un "importantissimo documento" che "riguarda il presente e soprattutto il futuro dell'Italia, verso cui procedere attraverso il dialogo religioso". Grave sarebbe invece "l'equazione tra religione e terrorismo", da contrastare con forti attività di integrazione.

L'ESTREMISMO E LA FORMAZIONE

Il documento firmato al Viminale prevede di "proseguire nell'azione di contrasto dei fenomeni di radicalismo religioso" e di "promuovere la formazione di imam e guide religiose" che "possano anche assumere il ruolo di efficaci mediatori per assicurare la piena attuazione dei principi civili di convivenza". E un giorno, auspicano al Viminale, si potrà forse avere un vero e proprio albo dei leader religiosi, come richiesto da diverse parti.

IL SERMONE IN ITALIANO

Minniti ha sottolineato che si prevede già ora maggiore trasparenza da parte delle comunità, che sono d'accordo per la pubblicazione di nomi e recapiti degli imam, i quali terranno o tradurranno il loro sermone in italiano e renderanno accessibili i dettagli dei loro finanziamenti. "I luoghi di preghiera saranno accessibili ai visitatori non musulmani - ha sottolineato il ministro -, e questa massima trasparenza sarà un arma per combattere il germe del sospetto, che avvelena le relazioni umane". I luoghi di preghiera, inoltre, dovranno mantenere "standard decorosi e rispettosi delle nome vigenti in materia di sicurezza e di edilizia", si legge nel documento.

GLI IMPEGNI DEL VIMINALE

Il Patto, che potrebbe essere il preludio di una più impegnativa 'intesa' futura, è composto di dieci punti sottoscritti dalle comunità islamiche e da altrettanti punti su cui si impegna il ministero dell'Interno. Il Viminale, tra le altre cose, estenderà l'esperienza dei 'tavoli interreligiosi' all'interno dei consigli territoriali per l'immigrazione delle prefetture, in modo da offrire all'islam italiano uno spazio di confronto diretto con le istituzioni locali. Verranno poi promossi incontri con giovani musulmani ("soprattutto quelli di seconda generazione", sottolinea il ministro) e verrà chiesto ai Comuni italiani, riuniti all'Anci, di affrontare il problema di sedi e aree adeguate per le moschee, punto sul cui in passato ci sono state non poche polemiche.

CHI HA ADERITO

Queste le sigle che hanno aderito al Patto: Unione delle comunità islamiche italiane (Ucoii) Cii, Cici, Coreis, Uami, Associazione Cheikh Ahmadou Bamba, Associazione Madri e Bimbi somali, Associazione italiana imam e guide religiose, Moschea di Palermo, Admi, Associazione italo-pakistana Muhammadiah. Minniti ha detto che, con queste 11 associazioni, è rappresento il 70% delle comunità.

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