La storica visita di papa Pacelli (Pio XII) al quartiere di San Lorenzo a Roma, colpito dai bombardamenti, il 19 luglio 1943.
Gli interventi di Zuppi, Giovagnoli, Riccardi, De Rita e Giunti: non pensare che la democrazia sia per sempre, serve una manutenzione Roma Che c’entra la democrazia con la festa della Natività di Gesù? Fu l’abisso della guerra a indurre la Chiesa a farsi carico di un tema fino ad allora confinato nei manuali di politica. All’istituto Sturzo è stato ricordato l’80esimo anniversario dello storico radiomessaggio di Natale di Pio XIl. Era il 24 dicembre 1944 – Roma era già stata liberata, era già stato scritto il Codice di Camaldoli, ma l’Italia dopo un anno e mezzo era ancora divisa in due – e il Pontefice ricordava che per la «sesta volta l'alba del Natale si leva su campi di battaglia». Ma finalmente «i popoli si sono come risvegliati da un lungo torpore, si oppongono con maggior impeto ai monopoli di un potere dittatoriale», diceva il Papa. La cura della democrazia, come compito dei cristiani, nasceva dalla percezione che «se non fosse mancata la possibilità di correggere l'attività dei poteri pubblici, il mondo non sarebbe stato trascinato nel turbine disastroso della guerra» e occorreva quindi «evitare per l'avvenire il ripetersi di una simile catastrofe». Di qui l’«inedito» (come l’ha definito il presidente dello Sturzo, Nicola Antonetti) approfondimento tematico da parte della Chiesa che portò a chiedersi «in questa solennità, che commemora ad un tempo la benignità del Verbo incarnato e la dignità dell'uomo, come deve essere regolata una vera e sana democrazia». L’idea di ricordare il celebre radio- messaggio è partita da Agostino Giovagnoli come appendice “natalizia” della riflessione della Settimana sociale di Trieste, dedicata proprio alla democrazia in un momento di crisi: «Qualcuno ha parlato di “tempo dei tiranni”. Una crisi che non risparmia nemmeno Francia e Germania», ha detto Giovagnoli. «La democrazia non è per sempre. A un certo punto, come la pace, ha bisogno di una manutenzione », ha detto il cardinale Matteo Zuppi allo “Sturzo”. Si vede che «per cambiare bisogna prima sprofondare nell’abisso della guerra. E noi – ha aggiunto il presidente della Cei – siamo di nuovo dominati dalla guerra come non accadeva dal 1945». Una cupa percezione che in questi giorni può esser vinta solo «dalla speranza che viene da Betlemme». La Chiesa passò, «dalla condanna, già venuta, alla proposta», ha sottolineato Andrea Riccardi. Fu l’invito a non cercare scorciatoie non democratiche. Popolo e «massa», sottolineò il Papa, sono concetti diversi: «Il popolo vive della pienezza della vita degli uomini che lo compongono. La massa, invece, aspetta l'impulso dal di fuori, facile trastullo nelle mani di chiunque ne sfrutti gl'istinti o le impressioni, pronta a seguire, a volta a volta, oggi questa, domani quell'altra bandiera », disse Pio XII, che indicò anche l’urgenza di dotarsi, da parte della comunità internazionale, di uno strumento a presidio della pace. «Ma una vera democrazia richiede anche pluralismo sociale», ha sottolineato Giovagnoli. Di qui il ruolo dei corpi intermedi, inseriti proprio su spinta dei costituenti cattolici nella Carta, ha ricordato Zuppi. «In questi anni abbiamo assistito alla loro distruzione», ha rimarcato Giuseppe De Rita. Ma la democrazia «nasce dalla società, non dalla torre di avvistamento di un politico», ha avvertito il fondatore del Censis. Un patrimonio da riscoprire, quindi, per Patrizia Giunti, presidente della Fondazione Giorgio La Pira, che ha espresso «grande riconoscenza per una generazione che ha costruito questa Italia» dopo la distruzione della guerra. Un «vero e proprio miracolo civile».