Ora è Enrico Letta a non voler più tornare indietro. È lui a cercare con determinazione la resa dei conti in Aula. Il «chiarimento definitivo», dicono i suoi con aria di sfida. L’obiettivo è alto, ambizioso. «Storico», enfatizzano i fedelissimi: archiviare, con un voto di fiducia, gli ultimi venti anni. Mettere il quasi decaduto Berlusconi all’opposizione. E andare dritti verso la Terza Repubblica. «Non c’è più spazio per mediazioni e compromessi, punto al risultato pieno. Niente appoggio esterno, nessuna richiesta assurda come quella di fare Imu e Iva in sette giorni. I responsabili del Pdl separino i destini del Paese dai destini giudiziari del loro leader e sostengano un programma di governo serio e ambizioso». Il premier è della partita. Tiene contatti al minuto con Guglielmo Epifani, ha scambi continui con i ministri Pdl. Il Pd, sulla carta, è tutto con lui perché vede la possibilità di chiudere per via politica la stagione di Berlusconi, collaborando pro-tempore - sembra un paradosso ma, a ragionare bene, non lo è - con il nucleo del futuro centrodestra, del futuro Ppe italiano. I lettiani al Senato gettano ami in tutte le direzioni. La precondizione posta da Letta è staccare dal Pdl non cinque-sei peones, ma un gruppo omogeneo politicamente e in grado di sostenere un impegno duraturo. Ma la "fase due" è aperta pure a Sel e a pezzi di M5S. Il discorso che sta preparando Letta infatti è una calamita che vuole essere attrattiva in più direzioni. E stavolta mette la politica dinanzi ai contenuti: «Non sono disposto a subordinare gli interessi del Paese alle vicende di singoli personalità politiche. Chi è di questo avviso, voti la fiducia». L’ultima proposta di Berlusconi sarà di fatto ignorata, e d’altra parte è già rispedita al mittente dal ministro Dario Franceschini («Sette giorni per legge di stabilità, Iva e Imu? Assolutamente irricevibile»). Il discorso rilancia poi le riforme istituzionali (il superamento del bicameralismo in primis), apre subito il confronto sul Porcellum, recupera in pieno l’afflato europeista, conferma l’impegno su cuneo fiscale e giovani. Su Iva e Imu, Letta proporrà la rimodulazione totale nel 2014, come già previsto dai precedenti accordi. Ma farà intendere che su questi temi non ci saranno più «zavorre elettorali». Ovvero: se lo stato di salute dei conti lo richiederà, la tassa sulla casa potrebbe rientrare almeno per le abitazioni di lusso. «Questa è una operazione politica, chi del Pdl aderirà non lo farà per incassare l’Imu o l’Iva, ma per disegnare i futuri assetti politici del Paese», spiegano i senatori lettiani in serata mentre fanno di conto. Mentre il premier ufficialmente tesse e tace, lo stato della situazione lo fotografa Dario Franceschini in un’intervista tivvù: «Molte persone nel Pdl si stanno facendo domande, hanno dubbi. Si chiedono se seguire Berlusconi o pensare al bene del Paese. Io sogno un partito conservatore legato al Ppe». Il primo a chiedersi cosa fare è Angelino Alfano. Il premier ha aperto un canale diretto con il segretario degli azzurri. Lo ritiene l’ago della bilancia. In caso di deragliamento del Pdl su posizioni antigovernative, infatti, Quagliariello e Lupi sembrano molto più determinati del ministro dimissionario dell’Interno nell’organizzare una rete di sostegno parlamentare. Angelino no, è più indeciso, pensa di poter riportare l’intero Pdl nel solco della stabilità. Letta invece ci crede poco, ormai. E teme che un rientro organico del Cavaliere nella maggioranza serva solo a cuocerlo a fuoco lento. Perciò cerca di portare il suo ex vicepremier su uno scenario diverso: un centrodestra e un centrosinistra «nuovi, diversi e normali» che si affrontano dal 2015, in un’Italia fuori dalla crisi economica.