Preoccupazione e attesa, anche alla luce di quanto sta scrivendo la quasi totalità della stampa sull’argomento. È una risposta unanime quella che arriva dal mondo della scuola paritaria cattolica sull’emendamento riguardate l’introduzione dell’Imu per gli immobili di proprietà degli enti non profit e della Chiesa «destinati all’attività commerciale». E proprio questa dizione, al momento, sembra coinvolgere anche i numerosi istituti paritari cattolici che partecipano all’unico sistema scolastico pubblico del nostro Paese. Un patrimonio educativo di 9.371 istituti (dalla materna alle superiori), che rappresentano i due terzi dell’intera scuola paritaria italiana.«Sarebbe una sciagura – dice sconsolato don Francesco Ciccimarra, presidente nazionale dell’Agidae, l’associazione dei gestori delle scuole cattoliche –. Stiamo facendo di tutto nel rispetto delle leggi e dei lavoratori per tenere viva la scuola cattolica, ma se arriverà l’Imu non credo che potremo andare avanti». Anche perché già altri interventi «negativi» sono stati fatti sulla scuola paritaria, con «l’abolizione dell’aliquota agevolata sugli immobili sottoposti a vincoli architettonici, come sono molti nostri istituti. Ma anche con l’aumento del valore catastale degli immobili stessi», e l’elenco potrebbe continuare. «Ma come pensano che possano fare le scuole ad affrontare anche questa nuova tassa? E cosa si farà quando non potranno pagare per i bilanci in rosso?» domanda don Ciccimarra.«Penso che considerare la scuola un’attività commerciale non sia corretto – commenta Maria Grazia Colombo, presidente nazionale dell’Associazione nazionale genitori scuole cattoliche (Agesc) –. E poi come si fa a definire commerciale l’attività didattica di una scuola paritaria che fa parte dello stesso sistema scolastico pubblico, di cui fanno parte anche le scuole statali», che non hanno mai pagato l’ex Ici e non pagheranno neppure la nuova Imu. «Forse sarebbe opportuno che lo Stato con l’attribuzione dello status paritario escludesse di fatto le scuole dall’attività commerciale».Sulla stessa linea anche don Alberto Zanini, segretario nazionale della Cnos-scuola, gli enti scolastici promossi e gestiti dai salesiani. «Attualmente le sei Ispettorie salesiane – scrive in un comunicato don Zanini – gestiscono 140 scuole per un totale di 25.487 alunni e 2.279 docenti, a cui si aggiungono 52 centri di formazione professionale con altri 24.779 allievi e 2.221 formatori. L’introduzione dell’Imu contrasterebbe non solo con la legge sulla parità scolastica, ma anche con tutte quelle leggi che non considerano commerciali le attività che erogano un servizio che ha rilievo pubblico», così come fanno le scuole paritarie. Ma se questa interpretazione non trovasse riscontro nell’applicazione della norma «metà degli istituti paritari quest’anno chiuderebbe – avverte don Francesco Macrì, presidente nazionale della Fidae, la federazione che riunisce la quasi totalità degli istituti scolastici cattolici dalla primaria alle superiori – e un’altra consistente fetta lo farebbe entro un altro anno». Una preoccupazione condivisa da Luigi Morgano, segretario nazionale della Fism, la federazione che riunisce oltre 6500 materne di ispirazione cristiana, il segmento più consistente della scuola paritaria. «Eppure pochi giorni fa – prosegue don Macrì – ben tre ministri del governo Monti hanno sottoscritto una lettera nella quale si definiscono scuola e università volano del futuro del nostro Paese. Ma come si pensa di farlo se si continua a penalizzare così un segmento del sistema scolastico pubblico nazionale?». E la richiesta che «il governo precisi con chiarezza che la scuola paritaria, al pari di quella statale e di quella comunale, non svolge attività commerciale ai fini fiscali» è avanzata con forza da Vincenzo Silvano, presidente nazionale della Foe-Cdo Opere educative. «Si eviterà in tal modo – aggiunge ancora Silvano – di mettere in ginocchio un settore già duramente provato».