Il 2024, un anno di elezioni che coinvolgeranno tre miliardi di elettori, sarà anche l’anno nero della democrazia? Le elezioni, infatti, da sole non la garantiscono. Mussolini e Hitler hanno preso il potere per via elettorale e anche oggi per questa via possono affermarsi forze antidemocratiche, come è accaduto negli ultimi anni, dall’Ungheria di Orbán al Brasile di Bolsonaro. C’è di più: per la democrazia le elezioni possono rivelarsi persino pericolose. Avviene quando sono “elezioni senza popolo”: quando, cioè, non fanno parte di un più ampio processo di deliberazione democratica che coinvolge, anzi per certi versi “inventa” un popolo.
Il grande nemico della democrazia, infatti, è oggi una polarizzazione che disgrega la comunità politica. Avviene anche attraverso forme di distorsione delle elezioni, come quella che nasce da un malinteso senso della partecipazione e che conduce all’astensione.
Riguarda soprattutto i giovani – in Italia, il 42% non va a votare – che faticano a capire il senso stesso delle elezioni: «Comunque vadano, comanderà qualcuno che non sono io». Non è un caso: con loro si insiste molto sull’“autocostruzione dell’io”, tralasciando il bisogno di “costruire un noi”. Se è vero che le elezioni coincidono con una auto-espropriazione del potere dell’individuo, è anche vero che sono il mezzo più potente per affermare la sovranità popolare. Sono l’inizio del processo di deliberazione collettiva che non riguarda solo i rappresentanti ma anche i rappresentati, non coinvolge solo i vincitori ma anche gli sconfitti. I cultori della democrazia diretta e dell’antipolitica lo motivano in tanti modi, ma il rifiuto della delega nasce soprattutto dall’idea che solo “io” devo comandare su me stesso. Ciò però vuol dire, nel mondo in cui viviamo, che il singolo “io” è esposto senza difese ai più diversi poteri economici, sociali, culturali.
Una seconda grave forma di distorsione è ridurre le elezioni a mero misuratore dei rapporti di forza: “vince chi ha più voti”. Così intese, aprono la strada alla dittatura della maggioranza. Se ciò che conta sono solo i consensi che raccolgo, farò di tutto per tenermeli stretti (marginalizzazione del Parlamento, compressione del dibattito parlamentare, monopolio dell’informazione, oppressione delle minoranze, leggi su misura, corruzione ecc., fino alla manipolazione delle stesse elezioni).
Democrazia invece, ha sottolineato il presidente Mattarella a Capodanno, è anzitutto ascolto dell’altro. La maggioranza non cercherà di imporre la sua dittatura solo se accetta un potere superiore al suo e, per certi aspetti, anche a quello degli elettori: il potere di istituzioni, norme, procedure valide per tutti. Se, in altre parole, maggioranza e minoranze si riconoscono parte di una stessa comunità politica.
È quello che Trump non ha fatto, ostacolando in tutti i modi la legittima vittoria di Biden, e molti temono che una sua eventuale rielezione comporterà gravi rischi per la democrazia americana. E che succederà se le elezioni europee saranno vinte da forze euroscettiche o anti-europee che cioè non credono o avversano le regole dell’Unione europea e la comunità tra europei che si è formata faticosamente negli ultimi settant’anni? Sono due passaggi cruciali e preoccupanti, come ha sottolineato qui Andrea Lavazza il 29 dicembre scorso.
L’arroganza della maggioranza esaspera le minoranze, alimentando il circolo vizioso della polarizzazione (favorita oggi anche da social, intelligenza artificiale e centrali di manipolazione che facilitano le contrapposizioni, frammentano il dibattito e scoraggiano il confronto). Una terza forma di distorsione delle elezioni si realizza quando le minoranze difendono i loro diritti estraniandosi dal cantiere comune della democrazia. È comprensibile che individui o gruppi, sentendo i loro diritti non sufficientemente tutelati, si mobilitino per rivendicarli. Contrastando esclusioni e discriminazioni, ciò rafforza la democrazia.
Ma se prevale – come nei campus universitari o tra le minoranze di colore negli Stati Uniti – la spinta ad affermare una diversità identitaria, si generano invece separazioni e contrapposizioni. Quando mancano visioni d’insieme e l’ambizione a diventare maggioranza, è facile imboccare la via dell’estremismo, della rabbia e dell’odio.
Astensionismo, dittatura della maggioranza ed estremismo delle minoranze sono fenomeni diversi, con protagonisti differenti, ma hanno effetti convergenti. Si parla da tempo di crisi della democrazia e si usano definizioni come “democrature” o “democrazie illiberali” per descrivere gli ibridi che ne scaturiscono. Molti l’attribuiscono a un indebolimento dei principi e delle regole liberali, insistendo sui diritti degli individui e su maggior spazio per l’iniziativa dei singoli; ma, al contrario, ciò che sta avvenendo fa piuttosto pensare che sia un eccesso di individualismo ad erodere la democrazia. Per salvarla si deve rafforzare quella comunità politica senza cui le elezioni si snaturano e la democrazia si indebolisce.