venerdì 18 ottobre 2013
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Quasi a sorpresa si apre per Letta un fronte sulla legge di stabilità proprio con il suo partito, il Pd. Sommovimenti che hanno creato immediate preoccupazioni al Quirinale, che segue passo passo questo convulso periodo e si è subito mosso per avere informazioni. Ieri – mentre il presidente del Consiglio stava incontrando Obama alla Casa Bianca – il segretario del Pd in persona, Guglielmo Epifani, è sceso in campo per spalleggiare il viceministro dell’Economia Stefano Fassina, che da un paio di giorni medita sulle dimissioni in polemica per la scarsa collegialità del governo sulla legge di stabilità. Epifani ha voluto subito chiarire che le divergenze del viceministro non sono appuntate tanto sul merito della manovra, quando sul metodo: «Non credo che sia a causa di questa legge di Stabilità. Fassina lamenta la mancanza di collegialità. Credo abbia ragione», ha detto Epifani al Tg5, aggiungendo però una considerazione di merito: «Abbiamo tutta la parte della popolazione che sta peggio alla quale la finanziaria non dà l’attenzione necessaria. Le modifiche più urgenti sono quelle sulla parte relativa al sociale: indicizzazione pensioni, fondi per i non autosufficienti, intervento per le disabilità».Nel Pd l’attacco di Fassina (con l’appoggio di Epifani) viene indirizzato soprattutto nei confronti del ministro dell’Economia Saccomanni. E si rimanda allo scontento del viceministro che, proprio prima della partenza di Letta per l’America, si era lamentato con qualche esponente del suo partito per il fatto che «alle riunioni decisive partecipavano solo Letta, Alfano e Saccomanni». Ma anche i renziani sembrano sul piede di guerra contro la manovra: Yoram Gutgeld, il consigliere economico di Matteo Renzi, ha bocciato la manovra definendola talmente «stabile, soffice ed equilibrata che praticamente è come se non fosse mai stata fatta, come se non esistesse». Conclusione: «Il governo non ha avuto coraggio». Al ritorno dagli Usa Letta si troverà con qualche grana in più del previsto.
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