Vita e famiglia, argomenti dimenticati o glissati dai partiti in campagna elettorale - Pixabay
L'ultima puntata sui programmi elettorali è dedicata alle proposte dei partiti sui temi sensibili e sulla natalità.
ABORTO E FINE VITA TRA SILENZI E SLOGAN
di Francesco Ognibene
Non sarà forse un tema determinante come altri per il governo del Paese, ma la vita umana è questione chiave nell’orientare le scelte di molti elettori. Molti più di quelli che i partiti pensano, a giudicare dai loro programmi, in generale piuttosto sommari in materia. Ma è la campagna elettorale a incaricarsi di stanare i contendenti, com’è accaduto sull’aborto, terreno di polemica quotidiana eppure spesso assente dai testi di impegni elettorali. È un fatto che le questioni "eticamente sensibili" incidono in profondità nelle coscienze dei cittadini e hanno un peso oggettivo nelle decisioni di voto: in fondo, l’idea di persona umana sottesa alle scelte politiche sull’alba e il tramonto della vita è fondamento antropologico di tutto il resto.
Per questo colpiscono i silenzi. Come nel programma ufficiale del centrodestra – firmato da Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Noi Moderati – che in nessuno dei 15 punti fa menzione della vita umana. Nei programmi delle singole formazioni si vede più chiaro. Al primo dei 25 temi programmatici Fratelli d’Italia elenca «campagne di comunicazione e informazione di natura medica sul tema della fertilità. Piena applicazione della legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza, a partire dalla prevenzione. Istituzione di un fondo per aiutare le donne sole e in difficoltà economica a portare a termine la gravidanza», con l’impegno a «tutelare la vita umana fin dal suo inizio» e a lottare contro «ogni forma di maternità surrogata, nell’interesse supremo del minore» (che include anche il «divieto di adozioni omogenitoriali»). Nessun cenno al fine vita.
Per i Moderati, nel programma di Noi con l’Italia si rinviene solo la necessità di «garantire a tutti i bambini il diritto di avere una famiglia», con «procedure più semplici, rapide e meno costose per le adozioni internazionali» e di «facilitare l’iter di quelle nazionali», mentre si chiede di «dare piena attuazione alla normativa sulle cure palliative, strumento fondamentale per dare sollievo e migliorare la qualità della vita dei malati terminali e dei loro cari», con la denuncia di «forti disomogeneità regionali» e di «luoghi comuni e campagne di disinformazione» sulle «terapie del dolore».
Forza Italia non entra nel merito di singole questioni limitandosi a scandire nel suo «Credo laico» il valore «irrinunciabile della vita». Nel suo programma la Lega – determinata nel ribadire che «la famiglia è quella composta da una mamma e un papà e non da un "genitore 1 e 2"» – si impegna a «condannare pratiche come la maternità surrogata, rendendola reato internazionale», come previsto da «un disegno di legge di iniziativa popolare» depositato da Salvini «in Cassazione», insistendo sulla «famiglia» come «espressione di solidarietà verso gli anziani e i più fragili, senza lasciarli nella solitudine delle proposte eutanasiche».
Sul fronte opposto, sebbene Enrico Letta ne abbia fatto un tema elettorale ricorrente, anche nel programma del Partito democratico non c’è una parola sull’aborto. Unica citazione esplicita dei temi a forte impatto etico l’impegno ad approvare «subito la legge contro l’omolesbobitransfobia (ddl Zan) e a introdurre il matrimonio egualitario». Tuttavia in comizi e interviste il segretario dem, accanto all’insistita rivendicazione dell’aborto come «diritto» dal quale «non si deve tornare indietro», ha chiesto l’integrale applicazione della 194, stesso punto fermo di Giorgia Meloni. Dove le due richieste divergono è nell’idea di "libera scelta": il sostegno anche economico alle maternità difficili auspicato dalla leader della destra, che continua a ripetere di non voler toccare la legge, viene considerato una forzatura dal fronte opposto, fermo sul principio di autodeterminazione. Che ispira anche il programma Pd sul fine vita: «Approveremo una legge per difendere fino all’ultimo dignità e autodeterminazione, in linea con le indicazioni della Corte Costituzionale».
Anche nel programma di M5s c’è la richiesta di «garantire il pieno funzionamento e applicazione della legge 194» sottolineando che «l’accesso all’interruzione volontaria della gravidanza non può essere reso nella sostanza impossibile, come è attualmente, per via dell’elevatissimo numero di medici e personale medico obiettore di coscienza». Di qui la proposta che «la partecipazione ai concorsi pubblici deve riservare delle quote per medici e personale non obiettore». Il partito di Conte indica poi la «necessità che il nostro Paese si doti di una legge sul fine vita» ricordando che «nella scorsa legislatura si era avviato l’iter di esame di una buona legge che, soprattutto sotto la spinta del gruppo M5s, era stata approvata alla Camera».
E il programma del Terzo polo? Facile: nessun cenno ad aborto e fine vita dalla lista Calenda-Renzi, se si eccettua nel paragrafo sugli anziani la proposta di «cura integrata che metta al centro la persona, che assicuri loro indipendenza, autonomia, e dignità nella cura», mentre sui nodi etici la richiesta di «una legge contro l’omotransfobia» da «approvare quanto prima» non dice nulla dei contenuti (Italia Viva era stata protagonista nello stop al ddl Zan al Senato). Più chiari gli intenti se si cerca tra le dichiarazioni elettorali. Calenda ha così sintetizzato le sue «posizioni personali»: «Sì su eutanasia, d’accordo con matrimonio egualitario e sulle adozioni per le coppie omosessuali, non sono d’accordo sulla gravidanza per altri» perché «penso che non si possa mai prevedere che la maternità sia legata a un contratto economico. Anche se nei Paesi dove è permesso sono previsti solo il rimborso spese per la madre, è evidente che una donna porta avanti una gravidanza del genere solo se è in condizioni economiche difficili». Quanto all’aborto, Calenda lo ritiene «un diritto fondamentale» che va «preservato e difeso» in quanto «in alcune Regioni italiane è tecnicamente impossibile abortire col Servizio sanitario».
Uno sguardo allo stringato manifesto di Alternativa per l’Italia non consente di trovare nulla sul tema-vita, che pure è tra i cavalli di battaglia di una delle liste federate, il Popolo della Famiglia. Nel suo sito invece il PdF evidenzia «la centralità della persona e la intoccabilità della vita umana», che «fanno sì che non si possano sacrificare esseri umani pretendendo di conseguire il "bene" (aborto, divorzio, eutanasia, stepchild adoption)». Tutt’altra musica dall’Alleanza Verdi-Sinistra, che inserisce tra le forme di violenza da bandire «quella che deriva dall’obiezione di coscienza per il rifiuto dell’esercizio della Ivg» e «quella che nega il ricorso all’aborto farmacologico», chiedendo poi «la piena attuazione della legge 194 anche attraverso normative che consentano solo a personale infermieristico e medico non obiettore di partecipare ai concorsi pubblici».
Per Impegno Civico «non si tratta di chiedere allo Stato italiano di farsi Stato etico nel campo della sessualità ma di garantire la tutela dei diritti fondamentali e l’identità personale», mentre la lista di Di Maio nulla dice in fatto di aborto e fine vita, tema sul quale invece +Europa (Bonino) entra nello specifico come nessun altro partito proponendo «una legge che garantisca la possibilità di ricorrere all’aiuto medico alla morte volontaria e all’eutanasia per le persone capaci di intendere e di volere affette da patologie irreversibili che siano fonte di sofferenze insopportabili», schierandosi per estendere il ricorso alla pratica alle persone che «non sono tenute in vita tramite trattamenti di sostegno vitale, come i malati oncologici in fase terminale e inguaribile». La lista di Emma Bonino sostiene poi che va «superato il monopolio pubblico dell’aborto, che è l’unica prestazione sanitaria che non si può eseguire fuori dal Ssn, poiché questo contribuisce a limitare la libertà delle donne».
DALL'ASSEGNO UNICO ALLA CHIMERA DEL QUOZIENTE
FIGLI AL CENTRO DEI PROGRAMMI MA NODO-RISORSE
di Massimo Calvi
Il calo della natalità e la crisi demografica hanno raggiunto un tale livello di emergenza che quasi tutti i partiti nei programmi elettorali dedicano al capitolo “famiglia e natalità” un’attenzione più strutturata rispetto al passato. Oggi l’opinione pubblica meglio informata e la parte politica più responsabile hanno compreso che il declino demografico non è solo una crisi che le persone subiscono, ma anche una questione che rischia di compromettere la sostenibilità sociale ed economica del Paese.
Analizzare e valutare le proposte su “famiglia e natalità” resta però difficile, per le molte questioni che l’argomento arriva a toccare. Ad esempio, è sufficiente domandarsi che cosa si intende col termine “famiglia”, cioè se si vuole interpretare in senso conservatore oppure progressista l’articolo 29 della Costituzione che parla di «società naturale fondata sul matrimonio», per rendersi conto di quanto le cose possano essere complicate già in partenza. Pd e M5S sono per l’introduzione del matrimonio egualitario, Fdi vuole mantenere la legge sulle unioni civili ed è contro le adozioni omogenitoriali, la Lega aggiunge la «difesa valoriale» della «famiglia con mamma e papà» e la lotta alla maternità surrogata. Nel programma comune del centrodestra, che unisce Fdi, Lega, Forza Italia e Noi Moderati (Lupi, Toti e Brugnaro), però, questi temi non ci sono.
Venendo alle misure dirette per sostenere le nascite, anche qui ci sono alcune scelte di campo: il tema “Sostegno alla natalità e alla Famiglia” è il primo punto del programma di Fratelli d’Italia; il Movimento 5 stelle di crisi demografica e nascite non parla mai, ma propone alcune misure a favore delle madri lavoratrici nel capitolo “Dalla parte delle donne”; la Lega dedica a "Famiglia e natalità" dicei pagine di proposte; il Pd inserisce le “politiche di sostegno della famiglia” nel più ampio capitolo “Diritti e cittadinanza.
La legislatura che si è chiusa è quella che ha dato vita alla riforma dell’Assegno unico e universale, strumento importante, che tuttavia necessita di correzioni perché le poche risorse stanziate lo hanno un po’ limitato. Il Pd (primo promotore dell’Assegno, col lavoro di Stefano Lepri e Graziano Delrio) propone di potenziare la clausola di salvaguardia per risolvere il problema di chi ha percepito meno di prima con la perdita delle detrazioni, e poi di escludere la prima casa dal calcolo dell’Isee, aumentando anche il contributo per chi ha figli disabili. La coalizione di Calenda (Azione e Italia Viva) vuole dare molto più peso al numero dei figli nel calcolo dell’Isee, favorendo oltre ai nuclei numerosi anche chi ha disabili a carico, e aggiunge una maggiorazione per i redditi bassi nel caso di un secondo percettore. Fratelli d’Italia propone di aumentare fino a 300 euro al mese (dai 175 attuali) l’assegno massimo pagato il primo anno, e a 260 quello dal secondo anno fino ai 18, ma non precisa se tutti avranno aumenti o se solo gli Isee fino a 15.000 euro.
Discorso simile sul piano fiscale. Il centrodestra, come è noto, sostiene il progetto della "flat tax", e nel contesto di questa riforma sia Fdi che Lega parlano anche di “quoziente familiare” o di “no tax area” per i figli a carico, cioè di tagli alle tasse per tutti, e poi pure per chi ha figli. Il termine "quoziente" ha un certo fascino, ma non è precisato quanto e come, all’interno dell’oneroso progetto di una "tassa piatta", si favoriranno i nuclei con prole. Diversa l’impostazione a sinistra, dove il Pd nel parlare di politiche per la famiglia si pone come obiettivi la lotta alla povertà infantile, alla denatalità e all’inverno demografico, e in linea con questo approccio ogni misura di favore è sempre rivolta solo ai redditi medi e bassi.
Passando a quell’insieme più vasto di misure per favorire la natalità, che va dai nidi ai congedi parentali fino agli incentivi alle mamme lavoratrici, la base di partenza fondamentale resta il “Family Act”, approvato in questa legislatura solo nelle sue linee guida, e che ovviamente è rilanciato da Calenda, dato che nella sua coalizione c’è la renziana Elena Bonetti, che da ministra per la Famiglia, oltre all’Assegno unico e universale, quel provvedimento ha ideato e strutturato. Quasi tutti i partiti presentano un quadro ampio di interventi seguendo più o meno quel modello di riferimento. Tra le moltissime proposte avanzate, spiccano la pensione anticipata per le madri lavoratrici indicata da M5s, l’assegno per coprire tutte le spese educative e un bonus-nido più ricco sostenuto da Calenda, gli incentivi per le assunzioni delle neomamme o anche per portare a termine la gravidanza di Fdi, l’esenzione dal versamento dell’Irpef vita natural durante per le mamme con 4 e più figli che la Lega ha copiato dall’Ungheria di Orbàn, la dotazione di 10mila euro (sulla base dell’Isee) per i 18enni voluta dal Pd.
L’impressione è che a misure non sempre rivoluzionarie, ma realizzabili, si contrappongano interventi ambiziosi, cui servirà però trovare le coperture. Resta anche da capire quanto il vantaggio per le famiglie con figli arriverà realmente a valere, nel confronto con chi non ha prole a carico, rispetto agli obiettivi primari di aiutare tutti i redditi medio-bassi, o di tagliare le tasse a tutti e anche ai redditi più alti. Per contrastare la crisi demografica occorre una svolta decisa a favore delle famiglie con figli. Tuttavia le nascite dipendono anche dalla possibilità di vivere in un contesto di certezze sul lavoro e sulla casa, in cui la stabilità si accompagna all’innovazione, la sicurezza all’inclusione, lo sviluppo alla sostenibilità. Dove cioè le persone possono maturare una fiducia nel futuro tale da riuscire a realizzare i propri desideri di famiglia. Sfida veramente complessa, nello scenario attuale.