martedì 18 giugno 2024
A Palazzo Madama 109 sì, 77 no. Le opposizioni in piazza. Meloni: fine dei giochi di Palazzo. Elezione diretta del premier, limite dei due mandati, fine dei senatori a vita tra le novità
Premierato, primo via libera del Senato. Ecco cosa prevede

Ansa

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Con 109 si', 77 voti contrari e un astenuto il Senato ha dato il prima via libera alle riforme costituzionali che contengono l'elezione diretta del presidente del Consiglio. Un risultato salutato con entusiasmo dalla premier Giorgia Meloni: «La riforma sul premierato passa in Senato. Un primo passo in avanti per rafforzare la democrazia, dare stabilita' alle nostre istituzioni, mettere fine ai giochi di palazzo e restituire ai cittadini il diritto di scegliere da chi essere governati».

Questo primo voto è stato tuttavia sofferto, dopo la bagarre della settimana scorsa a palazzo Madama e in contemporanea alla manifestazione di protesta che le opposizioni e le associazioni hanno organizzato. Non a caso, subito dopo il disco verde, il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, si è augurato che «per i prossimi passaggi di esame del provvedimento i partiti di opposizione decidano di cambiare atteggiamento e di dare vita ad un vero dialogo nel solo interesse degli italiani».

Che cosa è il premierato?

È una proposta di legge che modifica 4 articoli della Costituzione per introdurre in Italia il principio dell’elezione diretta del presidente del Consiglio, consentendo ai cittadini di esprimere direttamente la propria preferenza per il capo del governo. La Costituzione italiana, infatti, oggi prevede che alle elezioni politiche i cittadini eleggano i membri del Parlamento, che poi a loro volta esprimono la loro preferenza per un governo e un presidente del Consiglio.

Come funzionerebbe il premierato?

Se la riforma arrivasse all’approvazione finale, il capo del governo non riceverebbe più l’incarico dal presidente della Repubblica sulla base delle possibili maggioranze in Parlamento. Sarebbero direttamente i cittadini a scegliere il premier, in una elezione che si terrà assieme a quella per i componenti del Parlamento. Il premier durerebbe in carica 5 anni. Proprio i mandati sono un altro aspetto cruciale toccato: la proposta fissa il limite massimo di due legislature consecutive, al fine di evitare la perpetuazione di un unico governo e favorire il ricambio politico. È possibile però un terzo mandato qualora nei due precedenti il politico/premier abbia ricoperto l’incarico per un periodo inferiore a 7 anni e sei mesi.

Come verrebbe eletto il premier?

Il testo non specifica come. Il punto è rinviato a una successiva legge ordinaria che dovrà disciplinare il sistema elettorale. Entra però in Costituzione il “premio su base nazionale, che garantisca una maggioranza dei seggi in ciascuna delle Camere”. Il testo iniziale fissava il premio al 55%, ma poi è stato tolto. Il ddl Casellati non chiarisce se ci sarà un ballottaggio tra i primi 2 candidati premier e se sarà fissata una soglia almeno del 50%: tutto è rinviato alla legge elettorale.

Come funziona la fiducia e la nomina dei ministri?

È il presidente della Repubblica che conferisce al presidente del Consiglio eletto l’incarico di formare il governo; e nomina e revoca, su proposta di questo, i ministri. Rispetto all’attuale Costituzione, la novità è appunto il potere di revoca dei ministri. Entro 10 giorni dalla sua formazione il governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia. Se non è approvata la mozione di fiducia, il presidente della Repubblica rinnova l’incarico al presidente eletto, che può fare un nuovo tentativo con un’altra squadra di ministri o anche cercando un’altra maggioranza. “Qualora anche in quest’ultimo caso il governo non ottenga la fiducia delle Camere, il presidente della Repubblica scioglie le Camere”, è il passaggio successivo del testo.

Come sono regolate le crisi di governo?

Se il governo, nel corso della legislatura, viene sfiduciato “mediante mozione motivata, il presidente della Repubblica scioglie le Camere”. Caso due: in caso di dimissioni del premier eletto, per esempio dopo la sfiducia su una legge-chiave del governo, questi può proporre, entro sette giorni, lo scioglimento delle Camere al presidente della Repubblica, che lo dispone. Il passaggio più dibattuto è il successivo: “Qualora non eserciti tale facoltà e nei casi di morte, impedimento permanente, decadenza, il presidente della Repubblica può conferire, per una sola volta nel corso della legislatura, l’incarico di formare il governo al presidente del Consiglio dimissionario o a un altro parlamentare eletto in collegamento con il presidente del Consiglio”. In entrambi i casi il nuovo governo può avere una maggioranza diversa da quella uscita delle urne. Ma il presidente del Consiglio può essere sostituito, quindi, solo una volta nella legislatura da un parlamentare che fa parte della stessa coalizione vincitrice delle elezioni. È la norma che di fatto cancella i governi tecnici o “di larghe intese”, come furono quelli di Monti e di Draghi.

Rimane in vita il “semestre bianco”?

No. È abolita la norma che impediva di sciogliere le Camere negli ultimi 6 mesi di mandato del capo dello Stato: sarà invece possibile quando lo scioglimento “costituisce atto dovuto”, cioè è richiesto dal premier sfiduciato o dimissionario.

Come cambiano i poteri del capo dello Stato?

Innanzitutto il disegno di legge Casellati abroga il potere del Quirinale di nominare 5 senatori a vita (quelli oggi in carica mantengono l’incarico). Solo i presidenti della Repubblica al termine del settennato diventeranno senatori a vita. Per eleggere il capo dello Stato occorre il quorum dei due terzi dei grandi elettori non più nei primi tre scrutini, bensì nei primi sei: la maggioranza assoluta basterà quindi dal settimo. È abolita inoltre la controfirma del governo in una serie di atti del presidente della Repubblica: nomina del presidente del Consiglio, la nomina dei giudici della Corte Costituzionale, la concessione della grazia e la commutazione delle pene, il decreto di indizione delle elezioni e dei referendum, i messaggi al Parlamento e il rinvio delle leggi alle Camere.

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