Di Maio si toglie la cravatta dopo le dimissioni da capo politico del Movimento 5 stelle - Ansa
Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha annunciato le sue dimissioni da capo politico del Movimento 5 Stellein occasione della presentazione dei facilitatori regionali, a Roma al Tempio di Adriano. Prima però ha anticipato la sua decisione nella mattinata nella riunione con i ministri del Movimento.
Il discorso
"Da oggi la nostra organizzazione è definitiva. Per stare sul territorio servono persone competenti ed organizzate, ci ho lavorato un anno e ho portato a termine il mio compito. Ora inizia il percorso verso gli Stati generali del movimento, sarà un momento importantissimo, dove daremo una nuova idea di paese per i prossimi decenni". Per il Movimento "è giunto il momento di rifondarsi", ha detto nel suo discorso Di Maio, interrotto da molti applausi.
"Abbiamo davanti a noi un percorso ancora lungo, di continua crescita - ha proseguito dal palco del tempio di Adriano -."Le nostre cinque stelle cammineranno sulle gambe di milioni di italiani", "abbiamo costruito un futuro in cui sperare insieme a milioni di cittadini".
"Il M5s è un progetto visionario - ha continuato - che non era mai stato realizzato prima e che non ha eguali nel mondo: siamo arrivati al governo, abbiamo indicato un ottimo presidente del Consiglio e due bravissime squadre di ministri e sottosegretari. Nessuno ancora oggi sarebbe pronto a scommettere sul nostro futuro, siamo stati l'incubo degli analisti ma non è finita, è appena cominciata. Il progetto di crescita per i prossimi decenni continua".
Poi un attacco ai nemici interni: "Quello che ci anima è il fuoco che abbiamo dentro. Abbiamo tanti nemici, quando si prova a cambiare le cose c'è sempre qualcuno che ti fa la guerra. Ma i peggiori nemici sono quelli che contraddicono i valori per i quali si è lottato insieme. Persone che lavorano solo per la propria visibilità. E c'è chi è stato nelle retrovie senza assumersi responsabilità, ma poi è uscito allo scoperto solo per pugnalare alle spalle. Meglio allontanarli". Mentre ha espresso "rispetto i delusi che si sono allontanati".
Di Maio si dimette da capo politico del Movimento 5 stelle - Ansa
E sempre con amarezza ha osservato: "Molti in questi mesi mi hanno accusato di esser stato troppo ingenuo: non mi sento tale ma preferisco passare per ingenuo che essere considerato un imbroglione. E personalmente continuo a pensarlo nonostante i tanti tradimenti".
In questa ottica un riferimento anche alle difficoltà dei sindaci pentastellati: "Il fuoco amico grida vendetta -. ha detto Luigi Di Maio - Alcuni si sono prestati alla percezione del gioco del tutti contro tutti nel M5s. Pensare che alcuni nostri validissimi sindaci siano stati buttati giù dal fuoco amico dei propri consiglieri comunali grida vendetta. Ai nostri sindaci va tutto il mio incoraggiamento".
In quanto al governo Di Maio ha sostenuto che deve andare avanti e ha chiesto che i 5 stelle vengano giudicato al termine dei 5 anni al governo. Affermando che "per governare "ci vuole una giusta dose di accortezza. Ma per restare umani senza diventare carogne è necessario fidarsi: è quello che facciamo ogni giorno con gli italiani. Noi lo facciamo sentendo gli italiani con gli strumenti di democrazia diretta".
È poi passato a elencare le leggi fatte e i risultati ottenuti. "Al di là che ci porti più voti o meno, possiamo e dobbiamo realizzare il programma elettorale - ha sottolineato -. Se qualcuno un giorno dovesse provare a cancellare il reddito di cittadinanza o la legge sulla prescrizione, in molti andranno in piazza e io sarò con loro", ha aggiunto. "È bello parlare dei problemi, è più impegnativo risolverli".
La citazione di Aldo Moro. Questa è una "delle fase più difficili per l'umanità - ha sottolineato tra l'altro Di Maio -. Molti diranno che 'poteva capitarci un momento più semplice'. Aldo Moro diceva: 'Se fosse possibile dire saltiamo questo tempo e andiamo direttamente a domani credo che tutti accetteremmo di farlo. Ma non è possibile. Oggi dobbiamo vivere, oggi è la nostra responsabilità'".
Il dibattito interno
Intanto cresce in queste ore l'ipotesi di affidare la reggenza del M5S a Vito Crimi, in vista degli Stati generali previsti a metà di marzo. Crimi infatti è il più anziano tra i probiviri, quindi da Statuto gli toccherebbe la supplenza ai vertici del Movimento.
In quanto alla scelta del leader diverse sono le chiavi di interpretazione che si danno a questa scelta. Da un lato, Di Maio era assediato dai gruppi parlamentari, scontenti della gestione poco "collegiale" del Movimento. Gli addii al Movimento da alcune settimane sono all'ordine del giorno.
Dall'altro, le dimissioni hanno, per alcuni, l'aria di un rilancio dello stesso Di Maio, che ai prossimi Stati generali potrebbe ricandidarsi alla leadership in ticket con l'attuale sindaco di Torino, Chiara Appendino.
Di fondo, però, c'è l'irrisolta questione dell'identità del Movimento alla luce del cambio di alleanza al governo, dai sovranisti della Lega al Pd. M5s è diviso tra "riformisti - governisti" - che guardano a una eventuale futura leadership dell'attuale ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli - e "nostalgici delle origini", legati all'idea di una "terza via" tra i due poli e che in sostanza ritengono un errore aver lasciato il terreno del sovranismo al solo Salvini. Di questa componente il punto di riferimento è Alessandro Di Battista. Di Maio non è riuscito nel fare da ponte tra le due anime, anche perché è rimasta evidente la sua maggiore sintonia con la maggioranza e il programma che sosteneva il Conte I. Motivi per cui l'unico fattore di unità in un Movimento sempre più diviso è stato sinora il bisogno di portare avanti la legislatura, perché un ritorno anticipato alle urne potrebbe essere il colpo di grazia al partito nato sotto l'impulso di Beppe Grillo e Casaleggio senior.
COSA SUCCEDE ORA
Per ipotizzare gli sviluppi, occorre guardare ai due fronti: il Movimento e il governo.
M5s ha programmato per metà marzo i propri Stati generali. Sino ad allora, come detto, o ci sarà la "reggenza" di Crimi o un "comitato" di transizione, espressione delle varie sensibilità interne.
Gli Stati generali avranno al centro la risposta a una domanda ben precisa: portare o meno il Movimento stabilmente nel campo del centrosinistra, in un'alleanza stabile con il Pd. Un tentativo è stato fatto in Umbria ad ottobre ma è stato un fallimento clamoroso. Molti in M5s ritengono che occorre riprovarci. Idem nel Pd, dove si vede utile l'alleanza con quella parte di M5s "depurata" dalle scorie populiste. I militanti, però, interpellati dalla discussa piattaforma Rousseau (sotto attacco da parte degli anti-Di Maio per il peso eccessivo attribuito a Casaleggio jr) hanno bocciato l'idea di correre con il Pd nelle elezioni di domenica in Emilia Romagna e Calabria. Motivo per cui domenica è atteso un pessimo risultato per M5s, soprattutto per la dinamica del "voto utile" che vede il Movimento tagliato fuori dalla corsa.
Gli Stati generali, dunque, diranno cosa vuole essere da grande il Movimento, dato per scontato che i fasti del 2018, quando M5s fu primo partito con consensi enormi specie al Centro-Sud, sono ormai da dimenticare. Alla kermesse programmatica dovrebbe quindi defilarsi nettamente una sfida tra "riformisti", "dibattistiani" e "dimaiani".
Sul fronte del governo, stamattina il premier Giuseppe Conte ha espresso dispiacere per le eventuali dimissioni di Di Maio ma anche fiducia a sufficienza circa il futuro del governo. D'altra parte lui è l'ombra che si staglia dentro questa competizione interna al Movimento. In Parlamento, passo passo, si sta formando un drappello parlamentare di ex pentastellati "contiani". Addirittura, una scissione dell'area più barricadera del Movimento potrebbe avvicinare al campo del governo anche moderati oggi all'opposizione. E' quindi plausibile che Conte riesca a tenere insieme i numeri per andare avanti, seppur tra tensioni crescenti.
Di certo l'addio di Di Maio al ruolo di capo politico potrebbe cambiare la sorte di alcuni dossier contesi tra M5s e Pd, prescrizione e concessioni in primis. La settimana prossima, dopo il voto in Emilia Romagna e Calabria, l'esecutivo dovrebbe sia svolgere l'attesa "verifica" per ripartire sia trovare la quadra su questi due temi. Con la resa di Di Maio, sembra avanzare lo scenario di soluzioni più soft, meno radicali, rispetto a quelle predicate dal Movimento cinque stelle.
Le reazioni
"Non do colpe a Di Maio ma al signor Grillo che per conservare le poltrone si è messo con il Pd: poi gli elettori dei 5S gliela stanno facendo pagare. Vedrete quanti loro elettori in Emilia li abbandoneranno", ha affermato il leader della Lega Matteo Salvini in diretta Facebook.
Le dimissioni di Luigi Di Maio da capo politico di M5s "credo che sul governo non avranno effetti.
Sono segnali di un dibattito interno a M5s, che io rispetto, su come stare in questa fase politica. Io penso che schierarsi contro il centrodestra sia un punto dirimente", ha invece sostenuto il segretario del Pd Nicola Zingaretti a Rainews 24
"Le imminenti dimissioni di Di Maio da leader politico del M5s non lasceranno una platea di orfani.
Purtroppo, per quanto paradossale possa sembrare, la sua uscita di scena rafforza gli equilibri nel governo e decreta la vittoria di Conte nel lungo duello con il capo politico dei Cinquestelle". Lo scrive in una nota Osvaldo Napoli di Forza Italia. "Il M5s - sottolinea - viene in qualche modo ricacciato nel mondo virtuale da cui lo avevano fatto uscire 10 anni fa le performances di Grillo. Il centrosinistra si avvia, all'ombra di
un governo per loro indispensabile, a ridefinire i rapporti di forza e le singole identità fin qui mostrate da Pd e M5s".