I potenti devono ricordarsi di tutti. La crescita deve essere inclusiva (Ansa)
Crescita inclusiva per tutti, un sogno realizzabile? La sfida è di quelle che fanno tremare i polsi. Ma non ci sono alternative. O la crescita dei prossimi decenni riuscirà a estendere “a quanti più soggetti possibili il godimento di un diritto o la partecipazione a un sistema o a un’attività” (secondo la classica definizione di crescita inclusiva), oppure il divario tra ricchi e poveri – al di là delle considerazioni etiche - sarà sempre più difficilmente gestibile, con contraccolpi socio-politici di gravità crescente.
La crescita inclusiva rappresenta oggi l’unico strumento idoneo ad impedire che le nuove povertà (che colpiscono ormai anche la fascia sociale media) possano determinare una serie di instabilità politiche oltre che economiche tali da mettere in crisi i valori fondamentali che caratterizzano le democrazie occidentali. Ma quali ostacoli e quali vincoli possono impedire oggi una crescita economica e sociale inclusiva?
Innanzitutto è necessario chiarire - perché i giudizi al riguardo sono difformi - che la crescita intesa in senso lato non può prescindere dallo sviluppo sostenibile. E questo è il criterio fondamentale per definirne le modalità di programmazione e di attuazione, ma soprattutto per individuarne gli strumenti.
Evidente anche come la sostenibilità sia principio di respiro intergenerazionale. Cioè promessa e impegno per i nostri figli e i nostri nipoti, perché la gestione delle risorse naturali non può avere altro obiettivo se non quello che papa Francesco nella Laudato sì’ sintetizza come custodia saggia e prudente. Qualsiasi logica di sviluppo che non ponga al primo posto la possibilità di consegnare alle generazioni che verranno risorse naturali integre e godibili, è evidentemente inaccettabile. Ma non basta ancora. Dobbiamo infatti adoperarci, con tutti gli strumenti a nostra disposizione, per fare in modo che già oggi, le popolazioni povere del pianeta siano sempre più coinvolte e responsabilizzate in una logica di sfruttamento equilibrato e consapevole delle risorse naturali.
Pretesa quasi utopistica se consideriamo i pesanti vincoli imposti dal nostro sistema economico-sociale. Eppure, come detto, dobbiamo tentare. E, per fare in modo che il tentativo non sia vano, dobbiamo ridiscutere tre aspetti. Innanzi tutto gli stili di vita, convincendoci dell’urgente necessità di una revisione profonda delle nostre abitudini di consumo in senso lato. Occorre poi valutare l’opportunità di una ridefinizione della natura giuridica dei beni comuni, a cominciare dal bene primario dell’acqua. Infine è urgente riconsiderare la natura delle imposte così come definite dal nostro ordinamento. Potrebbero, per esempio, essere parametrate non più sulla capacità contributiva (art. 53 della Costituzione) ma sul consumo delle risorse naturali.
Il concetto di crescita inclusiva, come è noto, è stato più volte richiamato in consessi internazionali, a partire dalla Comunicazione dell’Unione del 2010 fino a Davos 2017, ma nei vari Paesi occidentali le applicazioni concrete di quegli appelli sono risultate timide e poco efficaci. Se ne parla anche al G7 di Taormina, con un nuovo motivo di urgenza. La crescita inclusiva può essere infatti strumento efficace per prevenire la radicalizzazione degli estremismi. Colmare il divario che oggi divide il mondo tra ricchi (sempre meno) e poveri (sempre di più) non è solo un obiettivo di giustizia etica, ma anche di equilibrio socio-politico. E per ribadire come il muro della separazione sia ormai arrivato ad altezza intollerabili basterà ricordare come oggi otto persone possiedono la stessa ricchezza della metà più povera della popolazione del pianeta, e che l’1% degli abitanti del nostro pianeta ha un ricchezza superiore a quella del restante 99%, con disuguaglianze economiche sempre più estreme e conseguenze degli squilibri di reddito sempre più drammatiche. Una persona su nove soffre la fame, una persona su dieci vive con meno di 2 dollari al giorno.Come possiamo tollerare tutto questo? Dobbiamo esserne convinti. L’unica strada per assicurare un futuro al pianeta e ai suoi abitanti si chiama crescita inclusiva.