lunedì 7 aprile 2025
Spazi e personale insufficienti rispetto ai bisogni: 27 mila accessi nel 2024. Venerdì 11 festa d'addio e incontro con la cittadinanza per verificare la possibilità di un passaggio del testimone
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Se ne va un pezzo di storia dell'accoglienza torinese con l'auspicio che sia un arrivederci e non un addio. Dopo 22 anni di accoglienza e reinserimento sociale per le persone senza dimora e a chi si trova in situazioni di grave marginalità, chiude il centro diurno Opportunanda di via Sant'Anselmo 28 a Torino, nel cuore del quartiere di San Salvario. Una struttura che ogni anno accoglie e riabilita circa 1.500 persone; una cifra stimata dal momento che non vengono registrati i nominativi, essendo un servizio a bassa soglia, dove l’accesso è libero e le persone possono fermarsi quanto vogliono senza alcuna formalità né documenti. Ciò che rende l'idea del servizio offerto sono i passaggi: dai 150 ai duecento, per un totale di 27mila nel 2024. I numeri descrivono anche una forte presenza di stranieri (quasi 19mila passaggi); le donne (circa 1.800) che accedono al centro invece sono soprattutto italiane (1.400 circa). La volatilità dei passaggi è molto elevata: ci sono persone che vengono abbastanza costantemente, altri che ritornano periodicamente, altri ancora del tutto saltuari. Persone alle quali vengono fornite ogni giorno servizi di primo ristoro: tè, caffè, biscotti o pizzette; possono usufruire dei servizi igienici, della Tv, ricaricare il cellulare in sicurezza.

«Soprattutto - spiega il presidente dell'associazione Opportulanda, Carlo Saccani - , possono ricevere ogni informazione sui servizi sociali (a partire da mense e dormitori), invio ai servizi stessi, assistenza ed accompagnamento per i percorsi di reinserimento sociale, a cominciare dalla carta d’identità (di cui, se necessario, l’associazione provvede al pagamento), per proseguire con prenotazioni, richiesta di chiarimenti e ogni altra attività che sia utile per un percorso di emancipazione. Inoltre è possibile infine il fermo posta, e il deposito bagagli». Un luogo quindi connesso in rete con servizi sociali e con gli altri presidi di volontariato, e che si è rivelato sempre più utile per tantissimi italiani e stranieri (circa la metà dei frequentatori) privi di informazioni e di una rete
sociale di sostegno; un luogo che nel tempo ha consolidato la sua affidabilità, diventando così un punto di riferimento sempre accessibile e ben noto alle persone senza dimora e senza stabile collocazione sociale.

Il centro quindi chiude non per mancanza di attività, al contrario: perché nel corso degli anni all'accoglienza si è affiancato il lavoro di accompagnamento e di consulenza verso i bisogni e i percorsi delle persone senza dimora, mentre la struttura organizzativa e gli spazi non sono più adeguati alle richieste. «Questi locali sono diventati troppo piccoli con il crescere del bisogno, mentre il numero dei nostri volontari si è ridotto e siamo diventati più anziani» spiega Saccani. L’équipe del Centro è composta da sei persone: quattro operatori – due donne e due uomini – dipendenti dell’associazione Opportulanda e tre volontari. «Rispetto agli scorsi anni - scrive l'associazione nell'ultimo report - abbiamo dovuto aumentare di una unità il numero dei dipendenti, perché non è stato possibile rinnovare la presenza di volontari in servizio civile, a causa della drastica riduzione delle risorse da parte del Ministero, che ha colpito metà dei progetti presentanti a Torino. La novità di quest’anno riguarda l’inserimento – nel numero dei dipendenti –di un mediatore culturale di origine magrebina».

«Abbiamo dimostrato che un posto così è utile e speriamo di lasciare un testimone che qualcuno possa raccogliere», spiega Saccani. Per salutare tutti l'11 aprile alle 17, in via San'Anselmo 28, l'associazione ha organizzato una festa d'addio ("Io C'entro"), con un incontro aperto alla cittadinanza: sono invitati gli ospiti e i sostenitori del progetto le realtà istituzionali e le altre organizzazioni di volontariato, con le quali verificare come e in quali termini poter proseguire l'attività del centro.

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