Il botta e risposta tra la premier e il segretario di + Europa Riccardo Magi, che l'ha contestata - Ansa
Si alza anche qualche ragazzo arrivato dalle comunità, per dire al segretario di + Europa Riccardo Magi di uscire. Hanno appena raccontato – Martina, Damiano e gli altri, le voci interrotte dall’emozione – di come l’abisso in cui sono sprofondati sia cominciato da una canna, fumata per gioco o per il desiderio di sembrare più grandi, d’esser visti in un mondo che non li aveva mai guardati. Ciò che succede – stando ai numeri dirompenti della imminente Relazione al Parlamento sulle droghe anticipati ieri dal sottosegretario Alfredo Mantovano – a quasi un milione di ragazzi tra i 15 e i 19 anni. Ma la battaglia, ieri, nell’aula dei Gruppi parlamentari alla Camera, rischia di finire per essere soltanto politica, col tema della sola e “solita” legalizzazione sotto i riflettori: «Cannabis, se non ci pensa lo Stato ci pensa la mafia» recita il cartello sollevato da Magi. A cui la premier Giorgia Meloni, in quel momento al microfono, risponde infervorandosi: «Abbiamo visto i numeri e i risultati del lavoro che avete fatto in questi anni: dovreste portare rispetto per i ragazzi che sono qui. Lei, onorevole, deve sapere che non sono una persona che si lascia intimidire».
In realtà è l’epilogo di un convegno pensato e organizzato, in occasione della Giornata internazionale contro l’abuso e il traffico di droga, sotto tutt’altri auspici. A cominciare da quello di tornare a confrontarsi sulla persona, non sulla sostanza, e di lanciare una campagna mediatica volta alla prevenzione delle dipendenze, affrontando la sfida educativa attraverso personaggi famosi del mondo dello spettacolo e dello sport: sono quelli che si alternano sul palco, ripetendo che «la droga fa male» e che «non esistono droghe leggere», dal comico Max Giusti (che racconta commosso del suo centro di promozione sportiva nella periferia di Roma) alla campionessa di short track Arianna Fontana fino al ct della nazionale Roberto Mancini, volto dello spot che da oggi sarà rilanciato su tutte le reti proprio in tema di prevenzione. In platea, oltre a decine di ragazzi delle comunità con le loro famiglie, a tutto il mondo delle comunità (tranne Cnca) e ai servizi, siede buona parte del governo (spiccano il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, quello per lo Sport e i giovani Andrea Abodi e la viceministra del Lavoro e delle Politiche sociali Maria Teresa Bellucci, entrambi protagonisti di interventi appassionati) e il presidente della Camera Lorenzo Fontana, che apre i lavori ricordando come «le droghe minano le fondamenta della società, delle famiglie e delle relazioni umane», che occorre «lottare contro questa schiavitù proprio a partire dalla prevenzione».
Un momento della contestazione alla premier: Riccardo Magi solleva il cartello per la legalizzazione della cannabis - Fotogramma
Gli interventi più attesi, manco a dirlo, sono quelli del sottosegretario alla presidenza del Consiglio con deleghe alle Politiche antidroga Alfredo Mantovano e le conclusioni della premier Giorgia Meloni. Al primo tocca ripercorrere l’agenda dell’esecutivo in tema di dipendenze, già anticipata due settimane fa in un convegno a Cosenza: rifinanziamento di un Fondo specifico («Intendiamo ampliare le competenze del dipartimento antidroga, bisognerebbe parlare di Dipartimento sulle dipendenze, anche la ludopatia», Linee guida nazionali per garantire l’uniformità dei servizi, libertà di scelta sulle cure. E confronto costante fra pubblico e privato, su tutti i tavoli ministeriali, in vista di una Conferenza nazionale «che sarà riconvocata quanto prima». Meloni, invece, lancia i messaggi più espliciti: sulla droga «è finita la stagione dell’indifferenza, del lassismo, del disinteresse», perché «le droghe fanno male, tutte, e chi vi dice che non hanno conseguenze – dice rivolgendosi proprio ai ragazzi – mente». Il governo, spiega, «non vuole avere un atteggiamento paternalistico, lo Stato etico non c’entra niente. C’entra invece la responsabilità delle istituzioni, serve un’altra narrazione sul piano educativo e culturale», la droga «non può essere considerata una forma di libertà». E alla fine va anche all’attacco delle serie tv: «Abbiamo visto fiction con spacciatori dipinti come eroi trasmesse su piattaforme che hanno trasmesso documentari contro un uomo come Vincenzo Muccioli».
Le comunità soddisfatte: «Siamo stati ascoltati»
L’aria di cambiamento, nel mondo delle comunità e dei servizi, si respirava già da ottobre. Quando – dopo anni di audizioni tiepide, quando non di indifferenza – sono arrivate le prime convocazioni per partecipare a incontri e tavoli coi diversi ministeri. Il tema delle dipendenze, d’altronde, è stato per lo più dimenticato dai governi che si sono succeduti alla guida del Paese, fino alla tanto attesa e reclamata Conferenza nazionale convocata a Genova nel novembre del 2021 dall’allora ministra Fabiana Dadone, poi bollata da larga parte delle stesse comunità (nemmeno invitate a parlare sul palco) come un’occasione sprecata. «Adesso si ricomincia» spiega Biagio Sciortino, presidente nazionale di Intercear, riferimento nazionale dei coordinamenti regionali delle comunità, che ieri dalla Camera è uscito contento: «Contento perché si è tornato prepotentemente a parlare di droga, e ce n’è più che mai bisogno – spiega –. Da anni non si dava tanta rilevanza alla Giornata e già questo è un ottimo segnale». Ma è la disponibilità all’interlocuzione col mondo dei servizi la vera novità messa in campo dal governo «con l’accento posto sul tema delle fragilità e del come possiamo farcene carico, coinvolgendo famiglie, scuola e istituzioni. Ora vedremo cosa concretamente sarà fatto, ma le basi del percorso che ci attende sono quelle giuste».
È lo stesso giudizio di Luciano Squillaci, presidente della Federazione italiana delle comunità terapeutiche (Fict), la grande rete delle comunità cattoliche del nostro Paese: «Tre i capisaldi d’azione messi a fuoco ieri che dimostrano come il governo abbia recepito in toto le nostre richieste: il rifinanziamento del Fondo per le dipendenze, la libertà di scegliere dove curarsi (oggi i percorsi di recupero sono ancora ingabbiati nelle sanità regionali, ndr), la necessità di garantire uniformità ai trattamenti e ai percorsi su tutti il territorio». Ma è l’orizzonte educativo e in particolare il riferimento alla persona che sta più a cuore alla Fict: «Da tempo insistiamo sul fatto che quello delle dipendenze non possa essere un capitolo affrontato solo dal punto di vista dei consumi e delle sostanze – continua Squillaci –. Parlare di persone, come ha fatto anche oggi il sottosegretario Mantovano, è un punto di svolta. Parlare di cannabis e legalizzazione, invece, non ha alcun senso».
Madre e figlio si abbracciano dopo una testimonianza, tra gli applausi della platea - Ansa
se soddisfatti sono anche da San Patrignano, («col solo rammarico – ammette il responsabile delle relazioni isituzionali della comunità, Franz Vismara – del solito show sulla legalizzazione, del tutto fuori luogo, perché i temi che contano in questa emergenza sono con evidenza altri»), più sfumata è la posizione del Coordinamento nazionale comunità di accoglienza (Cnca), che all’ultimo momento ha deciso di non partecipare al convegno alla Camera: «Non ci è piaciuto l’approccio ideologico e superato dai fatti e dai dati che rimette al centro delle politiche con un’enfasi irragionevole il consumo della cannabis – spiega la presidente Caterina Pozzi –. Questo non vuol dire che noi siamo per la legalizzazione. Il punto, per l’esperienza che facciamo ogni giorno coi ragazzi, è che la cannabis non è necessariamente la porta su altre dipendenze». Quanto al confronto col governo «restiamo tuttavia aperti e disponibili a partecipare a tutti i tavoli tecnici e fattivi».