Le prime tende a Kirikhan, in Turchia - Reuters
Aiutare non è mai stato così difficile. Non solo perché ovunque – lungo la faglia sconfinata del sisma fra i più violenti del secolo – ci sono palazzi e case sbriciolate che potrebbero aver imprigionato centinaia di vite ma mancano mezzi, seghe idrauliche, sensori termici, torce e trapani per tentare di salvarle. A rallentare e spesso bloccare del tutto la macchina dei soccorsi ci sono la neve, la mancanza di elettricità e di carburante, le strade diventate voragini o invase dal mare (che lungo le coste dell’Anatolia s’è spinto all’interno per duecento, in alcuni casi trecento metri), gli incendi, persino la guerra.
L’apocalisse tra Turchia e Siria si consuma sotto gli occhi impotenti di operatori e volontari, a cui ieri il Papa ha rivolto il suo pensiero commosso, assieme a quello per le vittime: «Ringrazio quanti si stanno impegnando per portare soccorso – ha detto Francesco – e incoraggio tutti alla solidarietà in quei territori già martoriati dalla guerra».
«Ci serve tutto, da ieri non abbiamo acqua e le dispense sono vuote» ripete sconfortato il direttore di Caritas Anatolia, John Farhad Sadredin, da Iskenderun, tra le città più colpite. Tra il giardino e il refettorio della diocesi, l’unica struttura rimasta agibile e in cui sono stati sistemati 75 sfollati, la gente in fila aumenta. Attorno è il caos: supermercati e negozi chiusi (qualcuno ha sfondato le vetrine per accaparrarsi le ultime scorte di cibo), macchine in fila che tentano di uscire dalla città e che si incastrano fra quelle ferme in sosta, dove la gente vive da lunedì mattina per ripararsi dal freddo.
E poi gli interventi del governo, che procede per conto suo: «Ieri ad esempio sono arrivati da una parrocchia di Izmir (Smirne) dei camion di aiuti e abbiamo dovuto consegnare tutto a loro. Da una parte hanno ragione perché altrimenti si rischia che si crei confusione, con qualcuno che riceve troppo e altri niente. Quindi distribuiranno loro gli aiuti – continua Sadredin –. Dall’altro abbiamo capito che dovremo scegliere due o al massimo tre città dove lavorare, perché ne sono state colpite almeno 10 e non possiamo arrivare dappertutto».
È servito l’ok delle autorità turche anche perché iniziasse i suoi interventi sul campo anche il primo team di soccorritori arrivati dall’Italia: una sessantina di persone giunte all’alba a bordo di un C-130 dell’Aeronautica militare alla base di Incirlik, ad est di Adana, non lontano dall’epicentro del terremoto. «Abbiamo attraversato – il loro primo racconto – interi paesi rasi al suolo. Belen è completamente distrutta e al porto di Alessandretta (Iskenderun, ndr) è in corso un enorme incendio. Ci sono migliaia di persone in strada e grossi capannelli di persone per la distribuzione del cibo e delle tende».
Il team si è spostato in un compound militare vicino Antiochia, nella provincia di Hatay, nel sud del Paese, ad un centinaio di chilometri dal confine siriano: ci sono 50 vigili del fuoco specializzati nella ricerca di dispersi sotto le macerie (e altri 10 giungeranno a breve), che hanno operato nelle analoghe emergenze in Italia e all'estero, 11 sanitari tra medici e infermieri e 6 unità del Dipartimento della Protezione civile.
È solo l’inizio, Roma promette il «massimo sostegno» alle popolazioni colpite grazie anche all’invio di ulteriori «mezzi e personale» da parte della Difesa, come ha annunciato lo stesso ministro Guido Crosetto. «L’Italia – le parole del collega degli Esteri, Antonio Tajani – si contraddistingue sempre per la sua solidarietà». Nelle prossime ore toccherà alla nave della Marina militare San Marco partire da Brindisi: obiettivo, trasportare l’ospedale da campo “Emt2” messo a disposizione dalla Regione Piemonte per la Protezione civile.
L’operazione si avvarrà del supporto di un'équipe specializzata di medici e infermieri del reparto di msxiemergenza della Regione: due anni fa il team era già intervenuto in India, precedentemente in Mozambico e in diversi altri scenari di crisi internazionali. Intanto a fare la spola per gli aiuti ci sono i C-130 dell’Aeronautica militare: «Gli aeroporti – spiega il capo della Protezione Civile, Fabrizio Curcio – cominciano ad essere congestionati dall’arrivo di attrezzature, uomini e, a volte anche cani per la ricerca e il soccorso. Noi abbiamo dato disponibilità alla Turchia anche per un altro modulo di supporto operativo, una piccola squadra dedicata all’aiuto nell’organizzazione». Ma l’emergenza, Curcio lo sa bene, proseguirà ancora a lungo: «Si tratta di un dramma storico incalcolabile, avvenuto anche in un’area urbanizzata. Una zona che andrà poi analizzata per verificarne lo stato. L’Italia aiuterà anche in questo».
E in campo c’è anche il mondo dell’associazionismo: oltre a quello cattolico e laico già presente da anni sul territorio, soprattutto in Siria, squadra di volontari ed esperti venogno organizzate in queste ore dalle più grandi Ong, a cominciare da Save the children, fino all’Agenzia di soccorso internazionale dell'Ordine di Malta, che ha già inviato un team a Gaziantep.
Come donare alla Caritas
È possibile sostenere gli interventi di Caritas Italiana per l’emergenza terremoto, utilizzando il conto corrente postale n. 347013, o donazione on-line (https://donazioni.caritas.it/), o bonifico bancario specificando nella causale “Terremoto Turchia-Siria 2023” tramite:
Banca Popolare Etica, via Parigi 17, Roma
Iban: IT24 C050 1803 2000 0001 3331 111
Banca Intesa Sanpaolo, Fil. Accentrata Ter S, Roma
Iban: IT66 W030 6909 6061 0000 0012 474
Banco Posta, viale Europa 175, Roma
Iban: IT91 P076 0103 2000 0000 0347 013
UniCredit, via Taranto 49, Roma
Iban: IT 88 U020 0805 2060 0001 1063 119
Vigili del fuoco italiani ad Antiochia, dove hanno salvato due ragazzi - Ansa