venerdì 21 febbraio 2025
La Stazione spaziale internazionale a rischio dismissione anticipata, il magnate: l'agenzia si deve concentrare sull'esplorazione planetaria. La scure di Trump sulla ricerca green
Elon Musk con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump

Elon Musk con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump - Reuters

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"It is time to begin preparations for deorbiting the @Space_Station. It has served its purpose. There is very little incremental utility. Let’go to Mars", ovvero "È tempo di iniziare i preparativi per la deorbitazione della @Space_Station. Ha servito al suo scopo. L'utilità incrementale è molto ridotta. Andiamo su Marte": detto, scritto e firmato Elon Musk.

Il post pubblicato il 20 febbraio dal magnate americano sulla sua piattaforma social X ha svelato quello che a breve potrebbe rivelarsi un grosso problema per l’amministrazione Trump: ovvero la subordinazione dell’Agenzia spaziale americana - la mitologica Nasa – agli interessi e ai desiderata delle compagnie private, in prima battuta proprio a Space X di Musk. Anche se la decisione finale spetterà a Donald Trump, la sortita del proprietario di Space X preannuncia una nuova fase per la Nasa, che viene invitata senza mezzi termini a concentrarsi sull’esplorazione spaziale. La Nasa prevede di dismettere la Iss entro il 2030 e nel piano è già inclusa anche la partecipazione di Space X. La Stazione spaziale internazionale è in orbita da oltre 25 anni e ha svolto importanti campagne scientifiche, articolate su 71 spedizioni, con più di 3.000 esperimenti fatti in condizioni di microgravità.

Ma la Nasa non è l'unico problema in agenda. Il governo Trump intende esercitare fino in fondo il suo indirizzo politico sul mondo della scienza. Durante il primo briefing mensile, quello di febbraio, sul clima del NOAA - la National Oceanic and Atmospheric Administration, agenzia scientifica e normativa Usa -, i ricercatori hanno evitato di collegare le temperature globali record di gennaio ai cambiamenti climatici causati dall'uomo. I ricercatori non hanno menzionato il riscaldamento globale dovuto alle emissioni di gas serra prodotte dall'uomo, né hanno voluto sapere se questo abbia avuto un ruolo in queste temperature record. u comportamento sicuramente frutto del condizionamento politico che sta subendo l'agenzia.

E tra grossi tagli ai finanziamenti federali per la ricerca e numerosi licenziamenti operati nelle agenzie scientifiche statunitensi, il bilancio dei primi 30 giorni del presidente Usa Donald Trump risulta essere molto pesante per la scienza americana. A tracciarlo è la rivista Nature sul suo sito, che sottolinea soprattutto il ritmo incalzante e senza precedenti dei provvedimenti. Le azioni di Trump fanno parte di uno sforzo più ampio per ridurre radicalmente la spesa pubblica e ridimensionare la forza lavoro, e lasciano intendere un riallineamento delle priorità degli Stati Uniti che, secondo molti ricercatori, potrebbe influenzare profondamente la scienza e la società per i prossimi decenni.

Il meccanismo si è messo in moto già dopo poche ore dall'insediamento del nuovo Presidente, lo scorso 20 gennaio, con la firma di decine di ordini esecutivi: alcuni erano stati preannunciati, come il ritiro del Paese dagli Accordi di Parigi sul clima e dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, mentre altri hanno colto impreparato il mondo della ricerca scientifica. Tra questi, il divieto di promuovere quella che Trump chiama "ideologia di genere" e l'obbligo di cessare tutte le attività volte alla promozione della diversità, dell'equità e dell'inclusione. Un altro ordine esecutivo firmato il 27 gennaio, ad appena una settimana dall'insediamento, ha congelato tutte le sovvenzioni e i finanziamenti federali, con l'intento di assicurarsi che i soldi venissero spesi secondo le priorità dell'attuale amministrazione. Un giudice federale ha temporaneamente bloccato l'ordinanza, ma la confusione generata e il clima di grande incertezza non si sono placati in istituti di ricerca, laboratori e università di tutto il Paese. A ciò si aggiungono le decine di migliaia di persone licenziate finora, in accordo con il Dipartimento per l'efficienza del governo guidato da Elon Musk. Nelle scorse settimane, circa 75mila dipendenti pubblici hanno accettato l'incentivo proposto per e-mail dall'amministrazione Trump a lasciare il proprio posto di lavoro, circa 2mila impiegati dell'agenzia Usaid che si occupa di cooperazione internazionale sono a rischio, a causa del congedo forzato che Trump sta tentando di mettere in atto, e sono anche iniziati i licenziamenti delle persone assunte in prova negli ultimi due anni, che stanno colpendo dunque soprattutto i ricercatori all'inizio della loro carriera. Secondo quanto sostenuto da Nature, questo è probabilmente solo l'inizio: tra le intenzioni di Trump potrebbero esserci ulteriori tagli alla ricerca sul clima, la privatizzazione dei servizi meteorologici nazionali e lo stop agli investimenti in tecnologie 'green' ed energia pulita. All'orizzonte si intravedono, inoltre, altri massicci tagli al budget delle agenzie scientifiche e alla forza lavoro. Secondo Jennifer Zeitzer, che dirige l'ufficio affari pubblici presso la Federazione delle società americane di biologia sperimentale, "Tutto è possibile".

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