L'abbazia di Glastonbury
Il famoso arazzo di Bayeux sarà prestato all’Inghilterra in cambio della stele di Rosetta, scoperta dai francesi ma conservata nel British Museum? Così è stato annunciato a inizio anno da Macron e dalla May durante un vertice franco-britannico. Il “ricamo fumetto” lungo quasi 70 metri e alto 50 centimetri, realizzato nel XI secolo con tutta probabilità a Canterbury, nel Kent, potrebbe dunque tornare in Inghilterra, dopo che le precedenti richieste (nel 1953 per l’incoronazione di Elisabetta e nel 1966 per i 900 anni dalla battaglia di Hastings) erano state respinte perché l’opera era considerata troppo fragile per viaggiare. Il prestito potrà avvenire in ogni caso solo dopo il 2023, dopo il restauro previsto della Tapisserie, e con tutta probabilità la data più idonea potrebbe essere il 2024, nell’ottantesimo anniversario dello sbarco alleato in Normandia.
Come noto, l’arazzo racconta un episodio fondamentale della storia inglese: la conquista del regno da parte di Guglielmo, duca di Normandia, grazie alla battaglia di Hastings del 1066, in cui Aroldo, che prima aveva promesso a Guglielmo di appoggiarlo come successore di Edoardo il Confessore ma che, dopo la morte del re, si era autoproclamato alla guida dell’Inghilterra, era rimasto ucciso. Commissionato nel 1077 dal vescovo Odone, fratellastro di Guglielmo, e destinato ad abbellire la nuova cattedrale di Bayeux, il tessuto ricamato ricorda con varie vignette la vicenda del giuramento e del conflitto. Guglielmo sarà il primo re d’Inghilterra ad essere stato incoronato a Westminster.
L’evento è raccontato con enfasi e drammaticità da Hilaire Belloc nella sua Storia d’Inghilterra, un’opera in due volumi (pagine 386 + 352, euro 25 ciascuno) uscita nel 1934 e ora edita in Italia dall’editrice Oaks.
Il giornalista e scrittore inglese d’origine francese, amico e sodale di Chesterton al punto che George Bernard Show soprannominò la coppia, con cui ebbe numerosi confronti polemici, “Chesterbelloc”, ha realizzato un’opera davvero singolare, con un’impostazione chiaramente ispirata al suo cattolicesimo e al suo stile da apologeta. Cresciuto in un istituto degli Oratoriani fondato dal cardinale Newman, Belloc (1870-1953) ripercorre la storia della Britannia dai primi tempi sino all’età vittoriana, spesso ricostruendo minuziosamente gli eventi.
A partire da quella che considera la tappa principale dell’inizio della civiltà inglese, vale a dire l’occupazione romana, avvenuta in varie fasi dal primo sbarco di Giulio Cesare nel 55 a.C. sino alle successive conquiste sotto Claudio e Adriano. Fu grazie all’impero che la Britannia si affacciò alla storia: la cultura romana si fuse con quella dei druidi. Ma per Belloc fu l’arrivo del cristianesimo a determinare il futuro della civiltà britannica, grazie a figure straordinarie come Albano, Germano e al monaco Agostino, inviato da Gregorio Magno per consolidare la presenza della Chiesa cattolica.
Dalla fondazione dell’abbazia di Glastonbury, secondo la tradizione avvenuta in età apostolica, a quelle di Canterbury e Westminster, il cristianesimo si impose a poco a poco rispetto al paganesimo e, dopo il crollo dell’impero romano, fu per secoli il vero collante che permise alla civiltà di sopravvivere, come del resto in tutta Europa.
Grazie al libro di Belloc veniamo a conoscere il progressivo imporsi di un’unità a livello statale, superando le divisioni fra tribù e poteri locali, e della lingua inglese, nata come fusione fra il latino e i vari dialetti germanici portati dagli Angli e dai Sassoni che avevano invaso l’isola da Est. Solo in Scozia e nel Galles sarebbe sopravvissuta la lingua celtica. Belloc ripercorre in maniera affascinante l’epoca medievale, dalle scorrerie danesi all’imporsi dei Normanni con Guglielmo il Conquistatore. Sempre rimarcando l’apporto essenziale dei grandi personaggi cristiani, fra cui spiccano il Venerabile Beda, i teologi Lanfranco di Pavia e Anselmo d’Aosta, Tommaso Becket.
La traversia di quest’ultimo, prima cancelliere del re Enrico Plantageneto e poi arcivescovo di Canterbury, assurge a simbolo di quello che sarebbe stato il tentativo di assoggettare la Chiesa cattolica al potere politico. Dopo lo scontro con la corona, Tommaso sarà infatti martirizzato cadendo vittima dei sicari del re nel 1170 e diventando da allora il simbolo della libertà di coscienza dinanzi allo Stato, magistralmente immortalato da T.S. Eliot in Assassinio nella cattedrale. Belloc vede nella contesa fra vescovo e re i prodromi dello scisma avvenuto sotto Enrico VIII nel XVI secolo, che vedrà la sottomissione della Chiesa e la persecuzione dei cattolici. Come scrive Paolo Gulisano nella prefazione all’edizione italiana, la sua è «una lettura controcorrente, che dimostra la natura aristocratica, ariana, antipopolare della ribellione contro la Chiesa cattolica».
Per Belloc inoltre la sconfitta e l’emarginazione del cattolicesimo furono la premessa della costruzione dell’impero britannico, «un impero senza scrupoli, un colonialismo ferocemente predatore, mai sazio». Un impero basato anche sul sudore e sul sangue del popolo britannico sfruttato da un capitalismo feroce. Annota ancora Gulisano: «Fu lo spettacolo desolante degli slums di Londra o Birmingham, Manchester e Liverpool, che portò Belloc a parlare di “Stato servile”». È questo infatti il titolo del libro più famoso di Belloc (in Italia edito da Liberilibri), in cui criticava severamente sia il capitalismo che il socialismo proponendo la via del distributismo. In questa chiave va letta anche la terribile carestia irlandese avvenuta a metà dell’800, che il nostro polemista attribuisce al governo inglese, alla sua volontà di colpire i contadini cattolici dell’isola e al sentimento prevalente che l’indebolimento dell’Irlanda avrebbe sempre e comunque significato un rafforzamento dell’Inghilterra.
Belloc invita gli storici inglesi a riconsiderare quella pagina vergognosa non come un episodio minore della storia inglese ma un evento di primaria importanza dovuto all’animosità religiosa: vi persero la vita oltre un milione di irlandesi e altrettanti si riversarono al di là dell’Atlantico per cercare rifugio in America: «L’Irlanda appariva ferita a morte».
Un’opera anticonformista ed apologetica dunque questa di Belloc. Come del resto tutte quelle del suo grande amico Chesterton. Dell’autore delle storie di padre Brown e di Robert Hugh Benson (altro convertito inglese) parlò papa Francesco nel 2014, all’interno di un ciclo di omelie di Santa Marta dedicate all’omologazione culturale che caratterizza la nostra epoca.
Bergoglio prendeva di mira un concetto di progresso che tende a cancellare le differenze e denunciava «lo spirito di mondanità che ci porta all’apostasia », rifacendosi esplicitamente al romanzo Il padrone del mondo. Invitava poi i credenti a non avere «un pensiero debole, un pensiero uniforme e un pensiero secondo i propri gusti», sottolineando come spesso parole di origine cristiana, se mondanizzate e sganciate dalla loro radice, perdono di significato e finiscono per ingannare. Così spiegava citando Chesterton: «Uno scrittore inglese, una volta, parlando delle eresie, diceva che un’eresia è una verità, una parola, che è diventata pazza. Quando le parole cristiane sono senza Cristo, incominciano ad andare sul cammino della pazzia».