mercoledì 2 luglio 2014
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Il cardinale Walter Kasper, presidente emerito del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, firma la prefazione (che qui sotto riportiamo per stralci) del nuovo volume «Un cuore solo. Papa Francesco e l’unità della Chiesa» (Edizioni Terrasanta, pp. 144, euro 13,90). Lo firma Riccardo Burigana, docente di Storia ecumenica della Chiesa presso l’Istituto di Studi Ecumenici di Venezia e direttore del Centro Studi per l’ecumenismo in Italia. 
Francesco è un Papa dell’incontro e un promotore ecumenico dell’incontro. Appartiene al carisma e al mistero della sua "radiosità" personale la capacità di accogliere con stile umanissimo, cordiale e fraterno ogni persona che incontra, che sia cattolica, ortodossa o evangelica, o di altre religioni, o di nessuna religione. E a spiegarlo non basta il suo simpatico buonumore.
Questo tratto personale rappresenta un carisma profondamente cristiano. Nella Chiesa delle origini, i cristiani si sono chiamati «amici». Che poi più avanti – ma anche agli inizi, come mostra il Nuovo Testamento – abbiano spesso assunto atteggiamenti ostili, o abbiano cominciato a creare scismi interni, o siano divenuti indifferenti gli uni agli altri, tutto questo appartiene al lato oscuro della storia della Chiesa. La ricerca storica potrà in parte fare luce sulle molteplici cause che hanno condotto a questo oscuramento del Vangelo. Il Concilio Vaticano II ha espressamente riconosciuto che le differenze dottrinali, che fino al presente hanno scavato fosse apparentemente incolmabili, si sono sviluppate in un preciso contesto, ossia il raffreddamento della carità fraterna e la mancata comprensione di idee e situazioni diverse dalle proprie.
 
Tutto questo ha prodotto ferite profonde. Un processo di guarigione potrà essere avviato e portato avanti solo evitando di ridurre l’altro a portavoce di una diversa dottrina, vedendolo invece come fratello o sorella, e cercando sempre di nuovo di dare vita a un incontro all’insegna della pazienza e del sentire comune, che poi è il significato etimologico della parola «simpatia ». Questo tipo di incontro, sul piano umano e cristiano, è l’«alfa e omega» dell’ecumenismo, così come di qualunque altra forma di dialogo.
 
Francesco, inoltre, è un Papa e un promotore dell’ecumenismo che pensa e agisce, in primo luogo, non in base alle categorie dello spazio ma a quelle del tempo e dei processi di sviluppo. Nella  Evangelii gaudium  afferma esplicitamente il primato del tempo sullo spazio. Sa bene che non ci si può aspettare di punto in bianco la soluzione dei problemi, tanto più se sono problemi che si trascinano da secoli. Si richiede un più vasto respiro, una prospettiva più ampia. Occorre avviare dei processi storici e avere pazientemente fiducia nelle dinamiche di sviluppo che così prendono vita. Si tratta di un atteggiamento che rispecchia la pedagogia adottata da Dio stesso nella storia della salvezza, quando egli intraprende con il suo popolo, con grande e instancabile pazienza, un lungo cammino, spesso perfino caratterizzato da marce indietro; una pazienza che dovrà continuare ad avere anche con la sua Chiesa, pur mossa dallo Spirito Santo.
 
Come esperto pedagogo, papa Francesco non sale – diciamo così – sul ponte di comando per indicare agli altri la strada: egli intende rimanere lungo la strada insieme al popolo di Dio, accompagnandolo nel cammino e, se necessario, precedendolo con coraggio. La strada potrà essere molto lunga. Ciò esige pazienza, il che riesce difficile in un tempo effimero come il nostro dove si tende a voler sempre tutto e subito. La storia dell’ecumenismo non è una storia tutta costellata di progressi e successi; vi sono anche momenti di «deserto senza strade» e inattesi dietrofront. Infine, Francesco è un Papa della pace e un promotore ecumenico della pace. Ai suoi occhi il cammino ecumenico di convergenza tra cristiani, così come l’amicizia con il popolo ebraico e la collaborazione con le altre religioni, vanno di pari passo e al servizio dell’unità e della pace per l’intera famiglia umana. Già il Concilio aveva indicato l’ecumenismo spirituale, l’ecumenismo della preghiera, come anima e cuore di tutto l’ecumenismo. Papa Francesco ha aggiunto un importante punto, che già era stato comunque accennato da Giovanni XXIII nel suo discorso
Gaudet Mater Ecclesia. All’epoca, papa Roncalli aveva affermato che gli errori non andavano più combattuti con le armi della forza ma risanati con la medicina  della misericordia. 
 
Questo vale anzitutto per l’ecumenismo intra-cristiano con i fratelli e sorelle delle Chiese orientali e ortodosse, da una parte, e i fratelli e sorelle delle comunità nate dalla Riforma e di alcune «libere Chiese» di costituzione più recente. Lo stesso, poi, per il dialogo con le altre religioni. Il dialogo  con il popolo dell’Antica Alleanza ha caratteristiche peculiari: al termine di una storia lunga, difficile e complessa, abbiamo finalmente imboccato il viale dell’amicizia, che troverà la sua pienezza solo nell’eschaton. All’islam ci unisce e allo stesso tempo ci distingue la fede nell’unico Dio e la discendenza da Abramo. Questo fondamento comune può rendere possibile una collaborazione rispettosa nell’impegno per la pace e la giustizia.
 
Il dialogo con le religioni e culture asiatiche è un tema che balzerà in primo piano con gli annunciati viaggi di papa Francesco in Asia. A parere di molti, incluso Giovanni Paolo II, sarà proprio l’Asia a rappresentare la sfida per il cristianesimo nel XXI secolo. La globalizzazione ha lasciato emergere solo in maniera superficiale le grandi differenze culturali e spirituali, ma dato che il cristianesimo viene spesso percepito da quelle antiche culture come un corpo estraneo di marchio occidentale, potrebbero esplodere nuovi conflitti tra civiltà e popoli. Il ponte con l’Oriente non può essere solo il mercato: dovrà anche consistere in un incontro con la mistica asiatica. Non nel senso di una frettolosa assimilazione di «pezzi a piacere» di religioni orientali, ma di una compenetrazione e trasformazione in profondità.
 
L’Asia può aiutare i cristiani a riscoprire i propri tesori mistici, rituffandosi negli abissi dello Spirito. Qui si apre tutto un vasto campo di azione, un’ulteriore via in grado di gettare ponti profetici verso il «Dio tutto in tutti» dell’escatologia. In questo senso, all’ecumenismo si offre oggi un nuovo percorso; ma, del resto, il senso originario del termine
oikoumene indicava  già l’intero globo abitato con tutta la ricchezza del patrimonio delle culture dei vari popoli. Il Papa venuto dalla «fine del mondo», grazie ai simpatici (nel senso etimologico) ed empatici incontri che terra, grazie all’ampiezza di respiro della sua azione pastorale, in uno spirito di pace e di misericordia, potrà offrire un contributo  decisivo del tutto personale.
 
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