
Tonino, al centro, con la sua famiglia a Natale
«Non voglio giudicare nessuno, ma, leggendo le vite di chi sceglie l'eutanasia, secondo me solitudine e scarsissimi servizi portano alla disperazione». Tonino non ha più l’uso degli arti dopo un’infezione che lentamente lo ha reso tetraplegico. Una vicenda cominciata 23 anni fa, ancora senza una diagnosi certa. Il protagonista vive nelle Marche. Nasce subito dopo la seconda Guerra mondiale, cresce in una famiglia cristiana e mentre frequenta l’università, dove si laurea con una tesi sulla libertà di stampa, collabora con il settimanale e la radio della diocesi.
Ama musica, arte e fotografia. Grazie all’amore per la poesia, conosce Valentina, che abita a 30 chilometri da lui. « Le scrivevo una lettera al giorno e una volta alla settimana la raggiungevo in bici». Diventa impiegato statale. Si sposano, nascono due figli. Nel 2002, una domenica Tonino si sveglia con la febbre alta. Sembra un’influenza ma non risponde ai farmaci, e mentre sta andando in ospedale si accascia e non riesce a rialzarsi. Cominciano gli esami, un mese e mezzo prima di iniziare la peregrinazione tra centri di riabilitazione in tutta Italia. « Lui – racconta Valentina – continua a sorridere, a socializzare con chi incontra in corsia. Ascolta, conforta, telefona, racconta di sé». Mesi dopo rientra a casa.
Ormai è paraplegico, si sposta con una carrozzina. Lavora da casa, per entrare e uscire deve superare 53 gradini. La vita è fisioterapia, piscina, lavoro e ricerca di diagnosi e nuove soluzioni per affrontare la quotidianità. La disabilità non gli impedisce di insegnare in università. Complicazioni cliniche rendono necessario un nuovo ricovero, in un’unità spinale. Quando viene dimesso Tonino non riesce più a muovere né braccia né mani: è tetraplegico. Torna a casa dopo otto mesi, a Natale. È successo di tutto, ma è felice: durante il viaggio nevica, si ferma con Valentina in cima a un valico, lo stesso che superava in bici. A casa Tonino si fa costruire un supporto per la penna da afferrare con i denti. La prima parola che scrive è “grazie”. Usa il computer con l’aiuto di una telecamera a raggi infrarossi: manda email, legge giornali online, ascolta musica, scrive documenti, cerca informazioni. Si sposta con una carrozzina elettrica che guida con le labbra.
Nel 2016 arriva il terremoto e la sua casa diventa inagibile. Per due mesi dormono tutti in una camera sola, in un alloggio sulla costa, per poi essere ospitati in una struttura alberghiera, riprogrammando le esistenze, fino all’estate, quando l’albergo va lasciato. Dopo lunghe ricerche, trovano un appartamento accessibile in un borgo isolato di campagna. La neve invernale causa l'interruzione dell’energia elettrica. Con fatica interviene la protezione civile con un generatore di corrente. Poi arrivano il Covid e un nuovo trasloco, finalmente nella casa risistemata dopo il sisma. Tonino, nonostante tutto, ci accoglie con il sorriso e continua a dire che «la vita è un’avventura». Ricorda la paura di un Venerdì Santo. Non si svegliava. In ospedale gli dicono che ha una polmonite: non riesce a parlare, ha difficoltà di deglutizione.
Gli preparano cartelli colorati con le frasi e le richieste ricorrenti: Tonino dice “sì” con un doppio battito di ciglia e “no” chiudendo gli occhi. Gli viene applicata la Peg per alimentarlo, non c’è neanche più il piacere di mangiare. Torna ancora in ospedale per complicazioni, il personale sanitario è stupito della forza con cui affronta tutte le emergenze. Rientra a casa e anche ricevere la Comunione diventa un problema, finché un sacerdote amico trova una soluzione che gli permette di non sentirsi escluso dai sacramenti. E Tonino ringrazia, per la vita e per l’amore. Grazie al supporto della ventilazione polmonare notturna il tono di voce è migliorato. La sua è una condizione di vita, probabilmente, comune a tante persone, ma – osserva Valentina – «è molto difficile trovare tanta forza e serenità». Tonino guarda lei e i figli: «Se non ricevi affetto e sostegno, fai fatica ad avere voglia di vivere ed essere sereno».