Il Laboratorio di Istopatologia e citodiagnosi al Policlinico Gemelli - https://www.replystudio.com
«Portare i risultati della ricerca fino al letto del paziente. È questo il nostro obiettivo e il nostro lavoro». Giovanni Scambia è il direttore dell’Uoc di Ginecologia oncologica, direttore scientifico della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs e direttore del Dipartimento scienze della vita dell’Università Cattolica. Membro del Consiglio Superiore di Sanità, è autore di oltre 1.500 pubblicazioni scientifiche.
«Ho iniziato gli studi in Medicina proprio con l’idea di fare il ricercatore – c racconta –. A muovere il mio interesse era la ricerca scientifica, che poi ho condotto prevalentemente in ambito clinico. C’è una realtà di fatto: negli ambienti dove si fa ricerca, si cura meglio. La ricerca mette a disposizione le tecnologie più avanzate e i farmaci più moderni, prima che entrino nei circuiti commerciali. La ricerca ci obbliga a proseguire sempre con spirito scientifico, ad essere metodici, anche nell’attività clinica. Come dicevo, il nostro intento è portare al letto del paziente le innovazioni che arrivano direttamente dai laboratori o dai centri di ingegneria biomedica. Tutto questo è ciò che intendiamo per ricerca clinica».
Quale è oggi il ruolo della tecnologia in questo scenario?
Nel tempo c’è stata una impressionante accelerazione. In medicina, la produzione di nuove tecnologie è enorme. Quello che noi oggi riusciamo a fare in cinque anni in passato sarebbe stato il risultato di un lavoro molto più lungo. L’introduzione dell’intelligenza artificiale nelle sale operatorie o nella diagnostica patologica è ormai un dato di fatto e comporterà molti cambiamenti, anche per il nostro modo di ragionare. Lo stesso sta avvenendo per la telemedicina, che azzera le distanze. Ogni avanzamento prelude a uno successivo.
Il Policlinico Gemelli è ai vertici della prestigiosa classifica del settimanale Newsweek fra i World Best Specialized Hospital 2024. Nella ginecologia siete al settimo posto nel mondo e al primo assoluto in Italia.
Le propongo un esempio. Il nostro laboratorio di anatomia patologica è considerato una delle strutture di riferimento, a livello italiano e internazionale, per la parte clinica e diagnostica a supporto dei trattamenti medici e chirurgici. L’ambito maggiore di attività è quello della ginecologia oncologica, con migliaia di campioni istologici, di esami molecolari, di trials clinici. L’anatomia patologica una volta consisteva esclusivamente nel guardare e valutare un vetrino istologico, ma ora c’è molta più automazione. L’intelligenza artificiale permette di quantizzare in modo definito ciò che prima dipendeva dalla visione soggettiva dell’anatomopatologo. In questo modo, possiamo confrontare attentamente vetrini di due pazienti diversi, correlare centinaia di migliaia di dati, ripartirli sulla base dell’età o delle abitudini di vita e arrivare a creare modelli predittivi. Ma ovviamente ci sono dei costi importanti.
Ed ecco il grande tema degli investimenti in ricerca. Fondazione Roma ha messo a disposizione del Policlinico Gemelli fondi per oltre 370.000 euro...
Siamo particolarmente grati a Fondazione Roma e al presidente Franco Parasassi per il contributo offerto per le dotazioni tecnologiche del nuovo laboratorio di anatomia patologica. Sono investimenti fondamentali per continuare a offrire a tutti i nostri pazienti i più efficaci e avanzati risultati in termini di analisi e refertazione, ma anche per il supporto all’attività di ricerca. Senza questi generosi e lungimiranti interventi donativi, da soli non saremmo in grado di sostenere certi costi, necessari per garantire ai nostri medici e ricercatori strumenti adeguati per svolgere al meglio il proprio lavoro quotidiano.
Come deve essere il rapporto tra ricerca e finanziatori?
Il rapporto con i privati è fondamentale. Naturalmente c’è privato e privato. L’ideale sono le realtà come Fondazione Roma, che rispondono alle esigenze dei ricercatori e non sono condizionate in alcun modo da interessi commerciali. Va detto, però, che anche un rapporto sano con l’industria è importante, perché certe innovazioni vanno sviluppate e brevettate.
Fare ricerca in Italia è così difficile come si dice?
In generale, ciò che accade in Italia è un vero miracolo. Con finanziamenti inferiori ad altri Paesi, viene sviluppata una incredibile mole di attività di ricerca: è il frutto della grande scuola italiana di medicina, ma anche della nostra capacità di aggregarci, di collaborare in maniera efficace. Certo, con finanziamenti ancora maggiori potremmo fare molto di più, ma devo dire che il Pnrr ha messo in campo potenzialmente molte risorse per la ricerca. Oggi è una sfida importante sapere utilizzare i fondi al meglio, per rendere strutturali le situazioni che il Pnrr ci consente di affrontare.
E magari andare anche a riprendere i “cervelli in fuga” all’estero?
Ne stiamo disperdendo molti. E’ necessario un piano nazionale per riportare in Italia intelligenze e talenti. Loro vorrebbero ritornare a casa, ma dobbiamo metterli nelle condizioni di poterlo fare.
Tornando alla ricerca, possiamo dire che oggi ci sono realmente più speranze in oncologia?
È assolutamente vero. Noi oggi per la prima volta iniziamo a vedere una flessione dei casi di tumori dell’ovaio, la sopravvivenza è aumentata e anche in casi avanzati siamo arrivati a guarigioni impensabili anni fa. Con la vaccinazione contro il papilloma virus potremo quasi eliminare definitivamente il tumore del collo dell’utero e il tumore dell’endometrio viene curato meglio e in modo meno invasivo, anche se resta la lotta contro l’obesità per ridurne l’incidenza.
Quali sono le tecniche e le cure più promettenti?
L'immunoterapia rappresenta senza dubbio uno degli approcci più innovativi e promettenti nella lotta contro il cancro, così come in generale la personalizzazione del trattamento in base alle caratteristiche specifiche del tumore e del paziente. Si prosegue sempre più verso la medicina di precisione, con farmaci specifici per le alterazioni molecolari di ogni singolo tumore. Anche la chirurgia sta cambiando: con la robotica riusciamo ad essere molto più selettivi e precisi, ottenendo gli stessi effetti ma con interventi molto meno invasivi. L’oncologia si deve occupare della sopravvivenza del paziente, certo, ma anche dell’incremento della qualità di vita. Per esempio, oggi riusciamo a curare molte donne giovani con tumori ginecologici, mantenendo la possibilità di avere gravidanze in futuro: fino a qualche anno fa, era quasi impossibile. Ma c’è ancora molto da fare. Occorre migliorare significativamente la capacità di individuare precocemente le neoplasie. Su questo fronte, dobbiamo concentrare i nostri sforzi.
Il prossimo traguardo?
Il Gemelli si dedicherà anche alla “biopsia liquida”, una tecnica innovativa che consente di ottenere le stesse informazioni diagnostiche della biopsia tradizionale dei tessuti attraverso il DNA rilasciato nel sangue. Una procedura, simile a un semplice prelievo di sangue, che rappresenta un enorme progresso nella diagnosi e nel monitoraggio delle malattie. Non manca molto, saremo pronti a fine anno.