La Messa di apertura del Sinodo in piazza San Pietro - ANSA
Nel Sinodo, che «non è un'assemblea parlamentare», il segreto è, «con l’aiuto e la forza dello Spirito Santo, di ascoltare e comprendere le voci, cioè le idee, le attese, le proposte, per discernere insieme la voce di Dio che parla alla Chiesa». Al contrario, «finiremo per chiuderci in dialoghi tra sordi, dove ciascuno cerca di “tirare acqua al proprio mulino” senza ascoltare gli altri, e soprattutto senza ascoltare la voce del Signore». Così si è espresso questa mattina, 2 ottobre, Papa Francesco nell'omelia della Messa celebrata in Piazza San Pietro dove in occasione dell'apertura della XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi sul tema "Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione".
Omelia in cui non è mancato un pensiero ai venti di guerra che soffiano sempre più forti in Medio Oriente. Il Pontefice ha annunciato che domenica si recherà a Santa Maria Maggiore per invocare la pace, recitando il Rosario e invitando i membri del Sinodo a unirsi a lui. Il 7 ottobre, primo anniversario dell'inumano attacco di Hamas a Israele, ha anche indetto una giornata di preghiera e digiuno. «Per invocare dall'intercessione di Maria Santissima il dono della pace - ha detto -, domenica prossima mi recherò nella Basilica di Santa Maria Maggiore dove reciterò il santo Rosario e rivolgerò alla Vergine un'accorata supplica; se possibile, chiedo anche a voi, membri del Sinodo, di unirvi a me in quell'occasione. E, il giorno dopo, 7 ottobre, chiedo a tutti di vivere una giornata di preghiera e di digiuno per la pace nel mondo». «Fratelli e sorelle, riprendiamo questo cammino ecclesiale con uno sguardo rivolto al mondo, perché la comunità cristiana è sempre a servizio dell'umanità, per annunciare a tutti la gioia del Vangelo. Ce n'è bisogno, soprattutto in quest'ora drammatica della nostra storia, mentre i venti della guerra e i fuochi della violenza continuano a sconvolgere interi popoli e Nazioni», ha affermato papa Bergoglio.
Davanti a quasi 400 tra cardinali, vescovi e sacerdoti partecipanti al Sinodo e a 20.000 di fedeli il Pontefice ha indicato la modalità più opportuna per consentire ai lavori (che inizieranno questo pomeriggio nell'Aula Paolo VI, in Vaticano, con la prima Congregazione generale) di essere fruttuosi. «Una via - ha detto - è certamente quella di accostarci con rispetto e attenzione, nella preghiera e alla luce della Parola di Dio, a tutti i contributi raccolti in questi tre anni di lavoro intenso, di condivisione, di confronto e di paziente sforzo di purificazione della mente e del cuore».
Dunque il Sinodo è «un luogo di ascolto nella comunione». E perché ciò avvenga, c’è una condizione, ha avvertito il Papa: «che ci liberiamo da quello che, in noi e tra noi, può impedire alla “carità dello Spirito” di creare armonia nella diversità. Non è in grado di sentire la voce del Signore chi con arroganza presume e pretende di averne l’esclusiva. Ogni parola invece va accolta con gratitudine e semplicità, per farsi eco di ciò che Dio ha donato a beneficio dei fratelli. Nel concreto, badiamo a non trasformare i nostri contributi in puntigli da difendere o agende da imporre, ma offriamoli come doni da condividere, pronti anche a sacrificare ciò che è particolare, se ciò può servire a far nascere insieme qualcosa di nuovo secondo il progetto di Dio».
Una cosa bisogna sempre tenere presente. «Le soluzioni ai problemi da affrontare non le abbiamo noi, ma Lui, e ricordiamoci che nel deserto non si scherza: se non si presta attenzione alla guida, presumendo di bastare a sé stessi, si può morire di fame e di sete, trascinando con sé anche gli altri. Mettiamoci dunque in ascolto della voce di Dio e del suo angelo, se davvero vogliamo procedere sicuri nel nostro cammino al di là dei limiti e delle difficoltà».
Il Sinodo perciò deve essere, citando san Paolo VI, «una casa […] di fratelli, un’officina d’intensa attività, un cenacolo di ardente spiritualità». «Tra noi, cari fratelli e sorelle, ci sono molte persone forti, preparate, capaci di sollevarsi in alto con i movimenti vigorosi di riflessioni e intuizioni geniali. Tutto ciò è una ricchezza, che ci stimola, ci spinge, ci costringe a volte a pensare in modo più aperto e ad andare avanti con decisione, come pure ci aiuta a rimanere saldi nella fede anche di fronte a sfide e difficoltà. Però è un dono che va unito, a tempo opportuno, alla capacità di rilassare i muscoli e di chinarsi, per offrirsi gli uni agli altri come abbraccio accogliente e luogo di riparo». Ciascuno, qui, - ha rimarcato ancora il Papa - si sentirà libero di esprimersi tanto più spontaneamente e liberamente, quanto più percepirà attorno a sé la presenza di amici che gli vogliono bene e che rispettano, apprezzano e desiderano ascoltare ciò che ha da dire. E questa per noi non è solo una tecnica di “facilitazione” del dialogo o una dinamica di comunicazione di gruppo: abbracciare, proteggere e prendersi cura è infatti parte stessa dell’indole della Chiesa, per sua vocazione luogo ospitale di raccolta, dove «la carità collegiale esige una perfetta armonia, da cui risulta la sua forza morale, la sua bellezza spirituale, la sua esemplarità».
«Non c'è bisogno di maggioranza e minoranza. Armonia, nelle differenze», ha aggiunto a braccio dal testo dell'omelia. «La Chiesa ha bisogno di luoghi pacifici e aperti, da creare prima di tutto nei cuori, in cui ciascuno si senta accolto come figlio in braccio a sua madre e come bimbo sollevato alla guancia dal padre».
Infine il Papa ha invitato a farsi piccoli. «Il Sinodo, data la sua importanza, in un certo senso ci chiede di essere “grandi” – nella mente, nel cuore, nelle vedute –, perché sono “grandi” e delicate le questioni da trattare, e ampi, universali gli scenari entro cui esse si collocano. Ma proprio per questo non possiamo permetterci di staccare gli occhi dal bambino, che Gesù continua a mettere al centro delle nostre riunioni e dei nostri tavoli di lavoro, per ricordarci che l’unica via per essere “all’altezza” del compito che ci è affidato, è quella di farci piccoli e di accoglierci a vicenda come tali, con umiltà».