lunedì 24 giugno 2024
Un quinto degli italiani consuma nicotina, o ne è avvelenato. Ci si può legittimamente chiedere se i fumatori non ledano in modo diretto o indiretto non solo la loro salute ma anche quella degli altri
Proibire il fumo all'aperto non limita la libertà: fa bene a tutti
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Alcune recenti iniziative prese da vari Comuni per limitare il ruolo del fumo passivo anche all’aperto hanno suscitato malumori e proteste, con l’accusa di rappresentare limitazioni della libertà personale. Sembra perciò utile riprendere una serie di considerazioni che riguardano in Italia circa 12 milioni di fumatori dai 15 anni di età e oltre nonché un crescente numero di ragazzi prima dei 15 anni e altri che sono orientati all’impiego delle sigarette elettroniche o delle sigarette che non bruciano.

Si tratta in totale di una buona parte della popolazione italiana – circa un quinto – che è vittima di una droga che si chiama nicotina, nonché della intossicazione da sostanze cancerogene e infiammatorie che rappresentano un documentato fattore di rischio per ben 27 malattie, di cui alcune molto note come tumori, infarto cardiaco, ictus cerebrovascolare, e altre meno note come la cataratta, le arteriti e l’artrite reumatoide. Tutti questi tossicodipendenti meriterebbero molta più attenzione, comprensione e aiuto per uscire dalla tossicodipendenza rispettando la loro libertà, ma al tempo stesso controllandola, perché la libertà di ognuno di noi deve essere limitata quando influenza la libertà o gli interessi degli altri.

Ci si può quindi legittimamente chiedere se i fumatori attraverso i loro comportamenti non ledano in modo diretto o indiretto non solo la loro salute ma anche quella degli altri, singolarmente e come collettività. Anzitutto, nonostante la proibizione al fumo in luoghi chiusi, esiste ancora una notevole condizione di fumo passivo – quindi nocivo per gli altri – che si manifesta all’aperto, quando si fuma nelle autovetture, nei parchi dove ci sono anche bambini, nei luoghi di attese dei mezzi pubblici, nonché nei ristoranti all’aperto quando i tavoli sono molto vicini. Sembra quindi legittimo che si inibiscano queste possibilità di fumo passivo possibilmente con una legge nazionale e non attendendo la sensibilità per il problema da parte dei singoli Comuni.

Un altro danno, in questo caso pubblico, indotto dai fumatori è la necessità di coltivare tabacco. Sono circa 17mila gli ettari di terreno che in Italia vengono utilizzati per produrre tabacco – cioè veleno –, una grande quantità di terreno sottratta alla forestazione, così importante per mantenere un’atmosfera meno inquinata e un clima migliore. Non solo, ma pensiamo anche alle conseguenze per la salute pubblica nell’impiego delle sigarette, considerando che ogni anno ne bruciano circa 40 miliardi riversando nell’aria sostanze cancerogene e infiammatorie che contribuiscono all’inquinamento dell’atmosfera facendo parte del particolato fine (Pm5) che tutti noi respiriamo. Inoltre occorre anche considerare una parte dei 40 miliardi di mozziconi che cadono sul terreno e le cui componenti terminano nell’acqua e nel cibo. Lo Stato è molto restio a prendere provvedimenti perché incassa circa 14 miliardi di euro all’anno e quindi non aumenta il prezzo delle sigarette, che in Italia è ancora meno del 50 per cento rispetto a Francia e Inghilterra.

Infine per completare i danni del fumo a terzi si deve ricordare che le patologie dovute al fumo passivo – danni a singoli o alla comunità – si ripercuotono sulla funzionalità del Servizio sanitario nazionale che deve svolgere interventi e funzioni che sarebbero evitabili e quindi determinano ritardi dell’esercizio delle sue attività. Sempre nel massimo rispetto dei fumatori, occorre che lo Stato si muova nel senso di limitare i danni da fumo. Per smettere sono importanti i consultori, che fra l’altro rispondono al desiderio di una buona parte dei fumatori di riuscirci. È anche importante una legge nazionale – a cui si è già accennato – per diminuire tutte le possibilità di fumo passivo all’aperto o nei locali semichiusi. Si potrebbe considerare anche in Italia, come è avvenuto in Nuova Zelanda e recentemente in Inghilterra, l’abolizione del fumo a partire dai nati nel 2010. Si potrebbe anche richiedere che si utilizzi tabacco che non contenga nicotina, per evitare la dipendenza.

Vi possono essere anche altre idee. È importante che venga posto in modo serio il problema del fumo. È un’ecatombe che, in primo luogo, non può lasciarci indifferenti e che, in aggiunta – come è già stato sottolineato da Avvenire –, ha costi rilevanti e sottrae risorse preziose che potrebbero essere meglio utilizzate dal Servizio sanitario nazionale.

Fondatore e presidente dell'Istituto di Ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs

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