Stimiamo, non da oggi, la linearità di pensiero e di condotta di Mario Monti. La sua propensione a rispettare l’intelligenza degli interlocutori, in particolare – da quando è presidente del Consiglio dei ministri – dei cittadini italiani. Condividiamo molte delle impegnative cose (alcune sobriamente polemiche) che il premier ha detto oggi nella sua conferenza di fine anno e, in sostanza, di fine governo. E apprezziamo specialmente le pressanti sottolineature sulla grande questione dell’ “inverno demografico” di un’Italia sempre più vecchia, che stenta ad avere fiducia nella sua straordinaria ricchezza umana e non riesce a mettere al mondo figli, e su quella – strettamente collegata – del ruolo da protagonista che la donna (coniugando vita familiare e maternità con una presenza e un impegno a tutto tondo nella vita sociale, economica e politica) deve poter svolgere in un Paese che torna, con pulizia e saldezza di riferimenti morali e civili, a rivolgersi al futuro.
Non sapremmo dire, oggi, a caldo, quanto sarà raccolto dell’esigente appello che il professor Monti ha rivolto alle forze e ai soggetti sociali e politici che potrebbero contribuire a portare l’Italia finalmente fuori da una sterminata e rischiosa transizione incompiuta che si era fatta (e può tornare a essere) totale crisi di sistema. Ma pensiamo che sia un appello serio e utile. E sappiamo che il ragionamento di Monti somiglia ai pensieri, alla fatica e alle attese di tanti italiani. Cittadini che in questi anni di cosiddetta Seconda Repubblica - nonostante la testimonianza di non pochi politici probi e generosi – si sono disamorati di una classe politica e dirigente che ha dato una prova e un’immagine di sé aspre, autoreferenziali, persino oltraggiosamente immorali. Cittadini che non ne possono più di indecisioni a (quasi) tutto quando si tratta di bene comune, e di ferree determinazioni a tutelare interessi corporativi e privati. Cittadini che in questi mesi di severo ed emergenziale “governo tecnico” hanno fatto sacrifici – sentendone tutto il peso – per consentire quella che Monti ha definito ieri la “sopravvivenza” dell’Italia, ma credono che per una mèta buona e ben delineata valga la pena farli e non intendono consentire ad alcuno di disprezzarli o, peggio, di vanificarli e dilapidarli con vaniloqui, bugie e nuove imperdonabili supponenze.
Quanto a un suo possibile impegno diretto nell’agone politico, il presidente del Consiglio dimissionario ha saputo dire con chiarezza agli italiani di avere ben presente che cosa è di sua “convenienza” (tenersi fuori dalla mischia) e che cosa invece corrisponde a un
“imperativo morale
” (lavorare ancora al “cambiamento” dell’Italia e dell’Europa). Ci pare di capire che, in cuor suo, Mario Monti una scelta l’abbia già fatta: tra una convenienza personale e una scelta moralmente motivata un uomo che, come lui, ha un’idea alta e popolare – in ogni possibile senso – della convivenza civile e della politica non può avere troppi dubbi. Ma, come noi, anche il professore sa che nessuno può compiere da solo un’impresa comunitaria. E che ci sono fasi della vita dei Paesi (ha citato, infatti, la larga coalizione Cdu-Spd guidata suo tempo da Angela Merkel) nelle quali forze alternative coniugano i propri sforzi anche solo su temi ben definiti nel nome dell'interesse nazionale. Ma perché questo accada, in Italia, occorre che ci siano almeno due buoni e grandi pilastri in un quadro politico rinnovato. Quindi, chi ha idee, energie, umiltà e responsabilità sufficienti per aiutare il “centrista radicale”, il moderato e riformista Monti che in questi mesi ha lavorato a Palazzo Chigi a rendere esplicita la propria rinnovata disponibilità di servizio, chi sogna un’altra politica e un altro bipolarismo rispetto a quello degli ultimi 18 anni, chi è disposto ad aiutare l’Italia a incamminarsi su una via nuova e ben tracciata ha occasione e motivi per farsi sentire. E, a sua volta, farsi apprezzare.