venerdì 22 novembre 2024
Regole e leggi favoriscono l’uguaglianza ma nuove tendenze approfondiscono la disparità di genere. Resta elevato il divario salariale e preoccupa la violenza domestica
La Corea del Sud con le donne è ancora un passo indietro
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Dati aggiornati e nuove tendenze sembrano approfondire, anziché livellare, la disparità di genere in Corea del Sud, dove regole e leggi che favoriscono l’uguaglianza si confrontano con la persistenza del favore per i figli maschi che porta a forme di selezione che aggravano il già bassissimo tasso di natalità per donna fertile, il “tabù” del femminismo, l’elevato livello di violenza domestica e l’oggettivazione della donna promossa come strumento di indipendenza e emancipazione. L’approvazione il 26 settembre di una legge che punisce la detenzione o la visione di immagini che concretizzino reati di natura sessuale in vario modo veicolati da Internet non era più rinviabile, sia per la necessità di tentare di limitare un fenomeno di dimensioni allarmanti all’interno di un quadro già preoccupante di vittimizzazione delle donne, sia per tranquillizzare l’opinione pubblica che chiedeva interventi concreti. Il risultato ha ottenuto poco consenso, per la vaghezza di alcuni punti e per le pene considerate insufficienti (fino a tre anni di prigione o un’ammenda fino a 30 milioni di won, poco meno di 21mila euro, aumentate ulteriormente se le foto o video sono “deepfake”, frutto di manipolazione dolosa) ed è anche stato accolto da proteste di piazza nei giorni successivi.

In attesa della firma del presidente Yoon Suk Yeol, il dibattito parlamentare e l’attenzione popolare e mediatica che hanno accompagnato il percorso della legge hanno evidenziato un fenomeno che nel contesto sudcoreano ha aggiunto peso (e illegalità) a una discriminazione fra i sessi profonda e persistente. Ha anche rilanciato le ambiguità della politica. Lo stesso Yoon, il carica dal maggio 2022 e che durante i lavori che hanno portato al documento finale si era mostrato come un paladino dell’“altra metà del cie-lo”, è arrivato all’elezione con una campagna in cui aveva promesso di impegnarsi a cancellare il ministero per l’Uguaglianza di genere che accusava di trattare tutti i maschi come “potenziali predatori sessuali”. In passato, più volte l’attuale capo dello Stato aveva espresso la sua convinzione che non esista in Corea del Sud una discriminazione di genere e che, al contrario, è il femminismo ad avere portato al tragico calo delle nascite, ora a 6,7 figli per ogni mille donne in età fertile. In realtà, sono molte le ragioni per cui le donne sudcoreane scelgono di non avere figli e tra queste una partecipazione crescente alla forza lavoro e l’ineguaglianza di ruolo (e carico di impegni) nella crescita della prole.

Oltre al più basso tasso di fertilità al mondo, il Paese estremo- orientale vede anche – ed è facile vedere un rapporto con il primo dato – il maggiore divario di reddito fra lavoratori dei due sessi tra le economie avanzate, il 30%. Come se non bastasse, anche nel caso che i due coniugi lavorino la donna continua a occuparsi della casa e dei figli. Infine e in misura crescente, donne che abbiano problemi di rapporti con i compagni sono soggette alla diffusione di immagini spesso raccolte in modo non consensuale o con telecamere nascoste diffuse in quello che è comunemente indicato come “revenge porn”, pornografia vendicativa. Una problematica, questa, che sta sviluppandosi ancor più con l’avvento dell’intelligenza artificiale che rende più facile la creazione, modifica e diffusione di queste immagini. Insieme a quelle apertamente manipolate a scopo spesso ricattatorio (“ deepfake porn”). È significativo che uno dei gruppi su Telegram maggiormente interessati da questo fenomeno e ora bloccato dalle indagini della polizia registri 227mila iscritti, all’incirca lo stesso numero dei nuovi nati lo scorso anno. In Corea del sud.

La diffusione vendicativa o ricattatoria di foto o scene a contenuto pornografico evidenzia una evoluzione del costume che manca di rispettare le regole minime di privacy, tutela legale e buonsenso ma che sta acquisendo una diffusione e un seguito superiori a quello di un problema come la bassa natalità in grado di condizionare le possibilità di ulteriori crescita e benessere di un Paese che sotto l’aspetto moderno, organizzato e dinamico non ha ancora risolto molte delle sue contraddizioni.

È una questione generazionale, si potrebbe pensare delle nuove forme di discriminazione e violenza che colpiscono le donne sudcoreane, forse residui di una società con forti connotazioni confuciane. Oggi quella coreana è però una realtà che, insieme a evidenziare una violenza diffusa contro le sue madri e figlie in gran parte non denunciata o investigata, sta esasperando una nuova immagine femminile connessa con la sua multiforme cultura pop che, abilmente promossa a livello ufficiale, va diventando riferimento per buona parte dei giovani dell’Asia e non solo. Così alla tradizionale immagine femminile di sacrificio, modestia e buona gestione familiare va sovrapponendosi quella di bellezza, sensualità e capacità di interpretare un ruolo ma non di esprimere apertamente sentimenti o ribellione. Nell’immaginario maschile il prototipo femminile sono oggi le adolescenti o poco più lanciate sul mercato del K-pop dopo anni di duro tirocinio e ingenti investimenti che ne plasmano aspetto, volontà e capacità artistiche ma ne soggiogano l’individualità, manipolata a uso commerciale.

Un successo dilagante che all’apparenza è un elemento coesivo e ugualitario ma che in pratica rende la componente femminile non allineata con i canoni richiesti e imposti dallo star system una realtà in ombra e sottostimata. In questa situazione di transizione rapida le leggi faticano a imporre un ruolo paritario e se intervengono è per individuare e sanzionare gli abusi, molto meno per agire sui fenomeni discriminatori evidenti nel mondo del lavoro come nella vita pubblica e privata. Anche organizzazioni indipendenti come Human Rights Watch confermano la persistenza di una diffusa violenza di genere che non viene però affrontata con la necessaria severità dato che la stragrande maggioranza delle autorità coinvolte (magistrati, pubblici ministeri, poliziotti e parlamentari) sono di sesso maschile. Anche per questo Hrw ha sollecitato il governo di Seul a promuovere un’educazione sessuale adeguata per i bambini e gli adulti e a mettere in atto ogni possibilità di concretizzare l’eguaglianza di genere.

La selezione prenatale per cui il Paese era tristemente noto in passato non è più praticata, ma la rarità delle nascite, spesso il ricorso a pratiche di procreazione assistita e una educazione familiare e formale che distingue nettamente i ruoli fino dalla più tenera età e da giovani o adulti non fornisce sufficienti tutele contro la subordinazione o gli abusi, ha cambiato i metodi ma non la sostanza della subalternità femminile. Con un drammatico abbassamento dell’età. Gli studi mostrano che la maggioranza di chi alimenta discriminazioni e atti violenti sulla popolazione femminile sono teen-ager, come pure le loro vittime. L’agenzia d’informazione ufficiale Yonhap ha segnalato come dei 387 arrestati o indagati in base a oltre 800 rapporti stilati dalla polizia nei primi nove mesi dell’anno, l’80 per cento è sotto la maggiore età (20 anni). Dato che mostra un incremento nel tempo dei crimini ma anche una diminuzione dell’età dei protagonisti. Se è vero che circa il 60 per cento delle vittime dei casi su cui la polizia ha indagato negli ultimi tre anni erano sotto i vent’anni, anche le indagini sulla distribuzione di deepfake porn attraverso i canali crittografati di Telegram hanno evidenziato come la produzione, distribuzione e fruizione coinvolgesse molti non ancora maggiorenni.

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