mercoledì 8 novembre 2023
Il 15 aprile 2019 l’incendio della cattedrale che scosse il mondo. Da quella data una straordinaria e inattesa mobilitazione dello Stato e dei privati, ma il male si è trasformato in un bene
Il cantiere per il ripristino della cattedrale di Notre Dame a Parigi. La riapertura è prevista per l’8 dicembre 2024

Il cantiere per il ripristino della cattedrale di Notre Dame a Parigi. La riapertura è prevista per l’8 dicembre 2024 - Reuters

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Quel 15 aprile 2019, le immagini di Notre-Dame in fiamme piombarono in mondovisione come segni spettrali. Un dolore simile alle onde concentriche in espansione su una superficie liquida, proiettate proprio su scala planetaria. Ma in quei frangenti, pochi avevano intuito tutta la portata dell’altra faccia dell’evento. Da una parte, le fiamme, certo. Dall’altra, invece, un legame affettivo insuperabile divenuto manifesto. Al di là d’ogni previsione. Trapanando all’improvviso le coltri di distrazione che, nella nostra era ‘iperconnessa’, si frappongono spesso fra la nostra attenzione e ciò che è essenziale: quella ristrettissima manciata di presenze, cose e simboli capaci di far battere collettivamente i cuori, indipendentemente dal profilo anagrafico di ciascuno.

Gli effetti di quella ‘spina’ di colpo riattaccata all’essenziale sarebbero potuti durare un giorno, una settimana o un mese al più, prima di dissiparsi progressivamente. Ma in Francia, con gran sorpresa generale, è accaduto il contrario. L’emozione immediata ha innescato un bisogno collettivo di correre in soccorso di Notre-Dame, con ben 100 milioni di doni promessi in appena 24 ore, sul totale di 850 milioni: un ammontare finale, del resto, superiore ai bisogni finanziari del restauro. Da allora, poi, la stessa onda in espansione non si è più fermata. Finendo per lambire, in questo 2023, persino l’intero patrimonio architettonico religioso transalpino.


La cattedrale riaprirà l’8 dicembre del 2024 La pioggia di donazioni ha beneficiato anche molti edifici di culto. E il presidente Macron ha lanciato un piano per il patrimonio religioso

In effetti, per un apparente paradosso, il rogo di Notre-Dame ha messo in moto nel Paese una sorta di marchingegno invisibile, riattivando in città e villaggi una forma d’intima sofferenza per il degrado di una parte degli oltre 50mila luoghi di culto nazionali, secondo le stime ufficiali: circa 42mila chiese cattoliche e 8mila edifici di altre confessioni cristiane o religioni. Il messaggio collettivo è giunto fino all’Eliseo, spingendo il presidente Emmanuel Macron ad annunciare, lo scorso 5 giugno, in occasione della celebrazione dei 1000 anni del Mont-Saint-Michel, un imminente piano senza precedenti per repertoriare e restaurare il patrimonio religioso in pericolo. In quell’occasione, in attesa di poter festeggiare la riapertura di Notre-Dame, prevista l’8 dicembre 2024, il presidente ha sfoggiato toni quasi lirici per esaltare il legame viscerale fra il popolo francese e l’edificio religioso nazionale più celebre fuori dalle porte di Parigi: «Il Mont-Saint-Michel sta qui a significare che il nostro Paese ha tutte le ragioni di sperare, una volta ancora, di trovare un equilibrio fra la nostra arte d’essere francesi e i vincoli della nostra epoca».

A un evento parigino dedicato al patrimonio religioso, la ministra della Cultura, Rima Abdul-Malak, ci ha descritto in questi termini il senso della sterzata governativa in corso, sullo sfondo dell’attuale ‘congiuntura’ paradossale: «Per noi tutti, credenti e non, questo patrimonio religioso, che si tratti di una chiesa, di un tempio protestante, di una sinagoga e così via, fa parte di ciò che fa battere il cuore, nelle nostre città e nei nostri villaggi, nutrendo il nostro immaginario. So bene fino a che punto quest’attaccamento al patrimonio è oggi cruciale per proiettarsi nel futuro. E occorre ridare fiducia ai sindaci e altri amministratori locali che faticano a trovare i mezzi per rinnovare e ridare vita a questi luoghi. In tal modo, non si restaurano solo delle pietre, ma pure delle vite, delle avventure collettive, delle storie, degli immaginari. Nei prossimi mesi, in proposito, mi recherò in tutte le città in cui potrò».


La ministra della Cultura Rima Abdul-Malak spiega: «Per noi tutti, credenti e non, gli edifici di culto fanno parte di ciò che fa battere il cuore, nelle nostre città e nei nostri villaggi, nutrendo il nostro immaginario Questo attaccamento è cruciale per proiettarsi nel futuro»

Parole che sembrano rispondere dunque, sul piano istituzionale, a un movimento nazionale pro-patrimonio nato dal basso nell’era ‘post-rogo’, finendo per spronare i poteri pubblici piccoli e grandi.

Le cronache hanno puntato i riflettori su certi gesti eclatanti, come quello dello scrittore britannico Ken Follett, fiero dei propri natali gallesi e pronto a cedere i diritti d’autore sull’opera Notre-Dame, ovvero circa 148mila euro, per il restauro della cattedrale bretone di Dol-de-Bretagne, fondata da un monaco che giunse proprio dal Galles. Ma fra doni d’imprese e d’innumerevoli anonimi, è divenuto ormai impossibile descrivere l’intera ondata corale. Constatando l’afflusso crescente di fondi verso la Fondazione del Patrimonio, il suo presidente, Guillaume Poitrinal, rinfrancato pure dalla parallela impennata del numero di volontari al servizio dell’organismo, ha dichiarato: «Sappiamo ora che è giunto il tempo per trasferire lo stesso slancio per la Cattedrale di Notre-Dame a beneficio di tutte le chiese di Francia». Per le 1.200 chiese attualmente in fase di restauro a cura della fondazione, sono stati donati circa 600 milioni di euro. Finanziamenti che si sommano a quelli pubblici.

In Francia, 87 cattedrali sono di proprietà statale, mentre le altre chiese, se anteriori al 1905, appartengono ad enti territoriali, spesso a livello comunale. Finora, circa 10.500 edifici religiosi beneficiavano dello status di “Monumento storico” che tradizionalmente apre la strada ai finanziamenti del Ministero della Cultura, di un ammontare di circa 600 milioni negli ultimi 5 anni per tutelare questo patrimonio. Nello stesso periodo, altri 280 milioni sono stati concessi dal Ministero dell’Interno, attraverso i prefetti, per rispondere ai bisogni degli altri edifici.


«Mont-Saint-Michel sta qui a significare che il nostro Paese ha tutte le ragioni di sperare, una volta ancora, di trovare un equilibrio fra la nostra arte d’essere francesi e i vincoli della nostra epoca»

Ma su impulso dell’Eliseo, è cominciata una catalogazione più precisa, con l’obiettivo dichiarato d’estendere gli edifici tutelati d’ufficio per il loro valore artistico. Proprio un consigliere presidenziale, in proposito, ammette che «c’è da tempo nell’opinione un’attesa per una tappa ulteriore». Anche perché le registrazioni, cominciate nel 1840 dietro la spinta del celebre architetto Eugène Viollet-le-Duc, avevano fin qui in gran parte privilegiato gli edifici più antichi: «Oggi, sappiamo che vi sono altri edifici che meriterebbero l’iscrizione, in particolare ottocenteschi e novecenteschi», aggiunge il consigliere all’Eliseo.

In occasione delle ultime Giornate europee del Patrimonio, Macron ha annunciato l’avvio di una nuova campagna di protezione degli edifici religiosi, cercando pure di migliorare il coordinamento fra i fondi che giungono dai due ministeri competenti già citati, accanto a quelli delle fondazioni, della ‘Lotteria del patrimonio’ e dell’iniziativa speciale per il patrimonio affidata dall’Eliseo all’animatore radiotelevisivo Stéphane Berne. Per accrescere invece i finanziamenti totali disponibili, Macron ha lanciato una nuova sottoscrizione nazionale speciale per il patrimonio religioso dei comuni di meno di 10mila abitanti: i doni, in questo caso, beneficeranno di un livello di detrazioni fiscali ancor più generoso di quello in vigore per altre cause d’interesse pubblico.

In vari modi, il paradosso del rogo di Notre-Dame miete nuovi frutti, continuando a interrogare tanti persino sull’identità di una Francia che si vuole, almeno a livello istituzionale, come un rigido modello di laïcité. Per un intellettuale credente come lo storico Antoine Arjakovsky, con quel rogo, si è tornati in realtà proprio all’essenziale: «Nella Cattedrale, abita l’idea che la potenza di Dio è associata alla luce, anche attraverso la figura della Vergine Maria, una semplice donna. Si tratta di un simbolo di lungo corso profondamente inciso nelle coscienze francesi». Pure di simili ‘incisioni’ invisibili, a quanto pare, è ancora composta la morbida mollica sotto la crosta esteriore d’una nazione di lungo corso.




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