Sono tante le domande che i giovani cattolici lombardi si sono posti ai tavoli di confronto sulle 5 tematiche. E nel mentre le hanno rivolte ai vescovi lombardi. Il sottotesto di tutti gli intervento è quello del bisogno di essere ascoltati, non solo nella giornata del 6 novembre, ma sempre. Un confronto aperto che si piega alla critica, ma anche tanti riconoscimenti: “Ormai la Chiesa è rimasta l’unica istituzione ad aiutarci con il lavoro”. - Fotogramma
I 200 giovani ai tavoli erano tutti cattolici, ma seduti con loro metaforicamente c’erano anche le istanze di chi si è allontanato dalla Chiesa da tempo. I ragazzi prima di sedersi, infatti, avevano avuto un confronto con gli amici e conoscenti distanti dal contesto cattolico, per sapere di cosa avessero bisogno. E’ questo che ha reso il confronto così inclusivo. - Fotogramma
Debora Racano ha 27 anni e fa parte dei Giovani per la pace della comunità di Sant’Egidio, si è seduta al tavolo dell’Ecologia perché è un tema molto attuale, molto vicino ai giovani. E ragionando con la Chiesa è convinta che le cose possano veramente cambiare. “Alla base nella giornata c’è l’ascolto reciproco e gli stimoli per uno sguardo nuovo e propositivo verso il futuro per un cambiamento dal basso. I giovani hanno dato speranza, hanno bisogno del cambiamento per le nostre città”. Non ultimo è il ruolo che proprio la Chiesa può avere in questo cambiamento: “Tutti nella vita siamo alla ricerca di un senso per cui la vita valga la pena di essere vissuta, l’incontro con gli altri arricchisce, sempre”. Nessuno si deve sentire escluso, inadatto, è un cammino possibile per tutti. Nessuno è troppo piccolo e troppo povero per aiutare gli altri. Non vogliamo che le diseguaglianze si riproducano nella società" - Federica Ulivieri
Difficile trovare un vero e proprio protagonista della giornata, ma il fil rouge è stato la voglia di amare. Amare il prossimo, il proprio lavoro – e le proprie scelte – ma anche amare la Chiesa. Per questo il tavolo al tavolo dei “Riti” ci sono state proposte dei ragazzi. “Ci sono momenti non compresi, ma questo è dovuto al fatto che le Messe risultano talvolta stanche e prive di energia se chi le recita o chi fa la predica non ci mette il cuore”, dicono in molti. “La messa deve essere un momento di comunità, non di passività, vogliamo sentirci partecipi”. - Federica Ulivieri
E’ un ingegnere biomedico, ha 25 anni e ha messo sul tavolo la sua opinione sugli “Affetti e dono di sé”. Letizia Losa viene dalla diocesi di Bergamo e dopo aver fatto la volontaria ad Haiti ha ancora molto da raccontare. “La vocazione è strettamente legata agli affetti, non solo cosa ognuno vuole fare da grande ma chi io voglia amare e come voglia farlo”. Ai tavoli quindi, c’è stato un vero e proprio confronto, dove tutte le posizioni sono state ascoltate. “C’erano punti di vista differenti che però trovavano sempre un punto di incontro. Tutti sono arrivati con proposte concrete e ognuno provava a migliorare la proposta dell’altro”, dice Letizia. Importante è stata la scelta di coinvolgere anche i genitori delle famiglie, nel dialogo sul tema dell’affettività, perché spesso purtroppo non sono formate”. - Federica Ulivieri
Il dialogo che si è creato tra i tavoli ha uno scopo, per Felix, anche lui ingegnere, quella di creare ponti: “Siamo una società multiculturale, ma non interculturale”. Affiora questo da uno dei tavoli di “intercultura”. La Chiesa deve avere il ruolo di crearli questi ponti, unire e rendere i singoli parte di una comunità. Ma come farlo, quali sono gli esempi concreti portati dai giovani ai vescovi? Le giornate sportive potrebbero essere un buon punto di partenza per i ragazzi, così da riunire ragazzi di diversa etnia, e religione. Oltre a questo workshop e giornate di condivisone in cui le diverse culture possano portare le proprie ricchezze, specie in campo culinario. “Sarebbe bello anche portare le diversità delle variegate celebrazioni, andando a integrare le diverse culture nei riti. Il valore delle diversità è la vera ricchezza che troviamo nel mondo”. - Federica Ulivieri
Marco Pegorini viene dalla diocesi di Cremona e in Duomo a Milano parla di “Vocazione e Lavoro”. "E’ un ambito che riguarda tutta la nostra vita e mi è piaciuta la concretezza con cui se ne è parlato, l’ascolto è alla base anche in questa tematica, cioè voler accompagnare gli altri nel discernimento personale”. I giovani al tavolo “Vocazione e Lavoro” hanno sottolineato come Vocazione non sia quello che si fa ma quello che si è. “Io non faccio il medico, sono un medico, non faccio l'insegnante, sono un insegnate”, puntualizzano i ragazzi. Questo tipo di consapevolezza e di amore che si mette dietro una scelta di vita “rappresenta un po' una boa nel mare in tempesta, io cerco di rimanere autentico e rimanere quello che sono. E questo si declina a molte cose”. - Federica Ulivieri
"Ma quei vescovi sanno che stanno parlando a giovani del 2021 o pensano di parlare a gente del secolo scorso?" è una delle domande che gli amici hanno rivolto ai ragazzi che hanno partecipato all’evento. “Spesso si va a Messa perché si deve. Il mondo di oggi è il mondo delle scelte, io voglio essere protagonista della scelta, del rito che ho scelto. Non vogliamo essere spettatori passivi”. - Federica Ulivieri
I giovani parlano, i vescovi penna in mano prendono appunti. E’ il mantra dell’incontro Giovani e Vescovi e monsignor Delpini, arcivescovo di Milano, dà l’esempio. Anche perché quello che è avvenuto oggi non è un evento a sé stante, ma l’inizio di un cammino. - Federica Ulivieri
Protagonismo giovanile, la fragilità come condizione di autenticità, e il valore sociale del lavoro. I temi emersi, sotto i 5 punti principali, sono molti, tanto che i giovani hanno detto "il tempo è volato, ci sarebbero così tante cose da dire ancora". - Federica Ulivieri
Una cosa nuova, bella, efficace. Visto dal vivo, così è stato l’evento di lancio di «Giovani e Vescovi», il progetto della Conferenza episcopale lombarda che si è avviato nella mattina di sabato 6 novembre nel Duomo di Milano. Sotto le solenni volte della cattedrale si è presentato uno scenario mai visto: quattordici grandi tavoli disposti lungo le navate laterali, nell’abside, nel transetto e appena dietro l’ingresso, ognuno dei quali con una dozzina di giovani in dialogo aperto e serrato con uno dei vescovi lombardi (quattordici, appunto, tra titolari delle dieci diocesi e ausiliari di Milano) sui cinque temi individuati dagli organizzatori dell’efficientissima struttura di Odielle-Oratori Diocesi Lombarde diretta da don Stefano Guidi: riti, intercultura, ecologia, affetti, vocazione e lavoro.
«Abbiamo un messaggio da condividere, i messaggeri sono pieni di desiderio di diffonderlo, ma sembra che abbiamo smarrito l’indirizzo dei destinatari» è stato il tema dell’introduzione dell’arcivescovo di Milano Mario Delpini, "padrone" di casa e ispiratore (già due anni fa, insieme agli altri vescovi lombardi) di questo che intende essere un vero percorso fino alla Gmg di Lisbona (agosto 2023) atteso ora da altre tappe vissute sui territori a cura delle pastorali giovanili diocesane. «Siamo qui per cercare il destinatario, i giovani vostri coetanei – ha aggiunto Delpini dando il via a due ore di dialoghi attorno ai tavoli –. Solo lo Spirito può far germogliare scintille per un fuoco che si accenda, e accenda altri. Non siamo qui per scrivere un documento».
I giovani – 200 in tutto, distribuiti nei tavoli per aree di interesse – si sono mostrati all’altezza della sfida, tutti oltre ogni aspettativa di coinvolgimento, preparazione e ascolto dei loro amici dei quali si sono fatti portavoce, come hanno notato tutti i vescovi. E il dialogo è fluito intenso, rispettoso, diretto, sincero, con i vescovi in ascolto, intenti a prendere appunti e a farsi dare la parola solo quando necessario per rendere effettivo un dialogo divenuto tra pari.
Al termine il clima di grande cordialità e gioia che ha accompagnato giovani e vescovi verso il salone del vicino Centro pastorale diocesano per tirare le somme nel pomeriggio di lavori assembleari documenta la piena riuscita di un’iniziativa esemplare nel metodo e nei contenuti. Un evento che rimette in gioco tutti e apre un promettente canale di confronto nella Chiesa per arricchire di realtà e vita vera il rapporto con una generazione in cerca di parole e di testimoni credibili.
L’uscita dal portone centrale del Duomo a fine mattina, vescovi e giovani mescolati come in un viaggio comune, ha offerto l’immagine plastica del cammino condiviso verso la città. Insieme.