«È cominciata la prima vera guerra informatica. Wikileaks è il campo di battaglia e voi siete i soldati». Nella giornata più difficile della sua breve esistenza – quattro anni appena dall’anonimato alla fama globale – il sito Web di Julian Assange affida il suo futuro a quegli utenti di Internet che ne hanno finora decretato il successo. E non è un caso che si parli di guerra: perché davvero, se l’obiettivo di un conflitto è l’eliminazione di un nemico, di battaglia campale ieri si è trattato. Con il sito costretto a spostarsi nella galassia internettiana mano a mano che il nemico – «forse uno Stato» per l’avvocato di Assange – conquistava posizioni. Per l’acquartieramento finale della giornata, dopo un passaggio in Svizzera, Wikileaks si è moltiplicato, approdando in Germania, Finlandia e Olanda.Ancora fuggitivo è pure Assange, anche se il cerchio sull’hacker, che si troverebbe in Gran Bretagna, ormai si stringe. Le autorità svedesi hanno aggiunto i dettagli mancanti al mandato d’arresto internazionale: ora il mandato reca il massimo della pena per tutti i reati per i quali è ricercato Assange – stupro, molestie sessuali e coercizione – come richiede l’ordinamento britannico. Se davvero l’Interpol e l’intelligence del Regno Unito sanno dove si trova Assange, l’arresto potrebbe essere questione di ore. Ma Wikileaks, questa è la speranza del suo leader, potrebbe continuare a vivere nonostante il suo eventuale arresto. Anche perché, dice lui, in 100mila utenti sarebbero in possesso dei cablogrammi americani, per ora in forma criptata.Ieri mattina tramite Twitter il sito ha informato che il dominio Wikileaks.org era stato «cancellato da everydns.net dopo una serie di attacchi massicci di saturamento dell’accesso». Un oscuramento durato oltre sei ore. Con un comunicato everydns.net, uno dei più grandi provider americani che forniscono gratuitamente dominii Internet, ha spiegato di aver cancellato Wikileaks per violazione della clausola che afferma che «il membro non deve interferire con l’utilizzo o la fruizione del servizio da parte di un altro membro». È il caso egli attacchi informatici multipli contro Wikileaks, che mettevano a rischio l’accesso agli altri 500mila siti gestiti da everydns.net.Da quando, domenica scorsa, il sito ha iniziato la pubblicazione di circa 250 mila documenti riservati del Dipartimento di Stato Usa – tra l’altro, secondo il
Guardian fu la Cia e non il Dipartimento a ordinare lo spionaggio dell’Onu – Wikileaks è stato soggetto a diversi attacchi informatici. Il sito ha subito reagito, spostandosi sui server di Amazon fino alla decisione del colosso dell’e-commerce Usa di sospendere il servizio. Il successivo spostamento è stato verso server francesi e svedesi: quello svedese è della compagnia Banhof, che opera in un ex bunker atomico di Stoccolma, quello francese è della Ovh. Ma già Parigi studia lo sfratto: «Situazione inaccettabile – tuona il ministro dell’Industria Eric Besson –. La Francia non può ospitare un sito che viola i segreti delle relazioni diplomatiche e mette in pericolo le persone». E anche a Washington la politica si muove: è stata infatti presentata una proposta di legge che definisce illegale la pubblicazione dei nomi degli informatori dell’esercito americano e della comunità dei servizi di intelligence. Un modo per facilitare azioni giudiziarie contro Wikileaks.Accoglienza migliore, per il sito, in Svizzera, dove sarebbe stato il Partito dei pirati ad offrire ieri il dominio wikileaks.ch ad Assange e soci. Dopo qualche ora, però, il nuovo oscuramento. Così, Wikileaks si è fatta in tre, con nuovi indirizzi Internet in Germania, Finlandia e Olanda. Dura, insomma, la lotta per rimanere vivi. Per non morire, evidentemente, sul Web occorre quanto meno moltiplicarsi.