lunedì 18 febbraio 2013
​Si va verso la riconferma del presidente Sargsyan. Poche chance per gli altri candidati: la gente riconosce al leader uscente doti utili sulle questioni scottanti.
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​Sette concorrenti, una vittoria scontata, già al primo turno: la riconferma del presidente uscente, Serzh Sargsyan. Il candidato con più possibilità, in assenza di veri sfidanti di peso e nonostante il malcontento che pervade il Paese, in piena crisi economica, e diffusa povertà. L’Armenia, 3,2 milioni di abitanti, Paese cristiano del Caucaso, oggi, 18 febbraio, elegge il suo quarto presidente. Confinante con Georgia e Iran, con cui mantiene buone relazioni, ma altresì con frontiere sigillate da una cortina di ferro sulla Turchia, e trincee armate con l’Azerbaijan, la nazione dei monasteri, che aderisce alla Nato e vorrebbe ancorarsi all’Europa, resta soggetta all’influenza della Grande madre Russia. Non solo per le primarie necessità economiche di libero mercato. Il russo Putin la vorrebbe pienamente inserita nell’“Unione euroasiatica”.Dal 1991 Paese post sovietico, ma dove corruzione e vecchie oligarchie continuano ad arricchirsi alimentando il malcontento popolare, a Erevan taxi e mezzi pubblici garantiscono il sistema Wi-fi per collegarsi gratuitamente alla Rete, mentre i cantieri hanno rimodellato la capitale, e l’alta moda sfila nel centro città. Il desiderio del cittadino armeno è quello di vedere completarsi il cammino della democratizzazione del Paese, e non soltanto con le regole imposte ai candidati alla presidenza, ad esempio, che devono denunciare tutto il loro patrimonio privato. I risultati di un sondaggio d’opinione, sulle preferenze del voto del 18 e le motivazioni degli elettori, commissionato da una organizzazione non governativa di Bruxelles, “European friends of Armenia” (Eufoa), ha evidenziato una maggiore fiducia da parte dell’elettorato nel processo elettorale. Un cambiamento significativo rispetto a cinque anni fa, quando la violenza fece 10 morti alle presidenziali del 2008, macchiate da voci di brogli e compravendita dei voti.Dal sondaggio d’opinione emerge che «più di due terzi della popolazione oggi crede che le prossime elezioni presidenziali saranno organizzate meglio rispetto alle elezioni precedenti, e un numero simile di persone percepisce i mezzi d’informazione più neutrali e corretti rispetto al passato», puntualizza il dottor Michael Kambeck, segretario generale dell’ Eufoa.Dall’elenco dei candidati, quattro sono i nomi che richiamano una certa attenzione: Sargsyan, il presidente uscente, nato a Stepanakert, capoluogo dell’entità autonoma del Nagorno-Karabakh, fronte di guerra aperto con l’Azerbaijan; Hrant Bagratyan, ex primo ministro; Raffi K. Hovannisian, politico proveniente dalla diaspora americana, che è stato il primo ministro degli Esteri nel 1991, quando venne proclamata la Repubblica indipendente di Armenia; l’indipendente Paruyr Hayrikyan, dissidente, perseguitato politico, acceso attivista anti-Putin, condannato più volte ai lavori forzati al tempo dell’Unione sovietica. Quest’ultimo candidato, il primo febbraio scorso, è rimasto ferito in un grave e misterioso attentato. Due persone, arrestate pochi giorni dopo, gli hanno sparato contro alcuni colpi di pistola, mentre rincasava. Il movente non è stato chiarito. Hayrikyan, in un primo tempo aveva accusato Mosca, ma poi ha ritrattato. Convinzione degli armeni della strada è che il presidente uscente, Serzh Sargsyn, debba compiere un secondo mandato, «in mancanza di alternative valide». «Per finire il lavoro cominciato, garantendo la stabilità che abbiamo avuto fin’ora». A Sargsyan, che è stato anche ministro della Difesa, si riconoscono doti utili sulle questioni più scottanti: i negoziati con l’avversario Azerbaijan e lo scottante nodo della Turchia e del genocidio armeno. La sua, dice la gente, è una visione politica più disposta ad affrontare certi tabù, dunque ad avere «rapporti più aperti con i nostri vicini». Il conservatore Sargsyan, piace anche a molti giovani. A quelle generazioni nate dopo l’era sovietica, che studiano e lavorano all’estero, dunque consapevoli che indietro non si torna.
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