Scegliere l’uno o l’altro non è indifferente: Barack Obama e Mitt Romney offrono al popolo americano ricette diametralmente opposte. Negli ultimi anni molti analisti hanno evidenziato la crescente polarizzazione della politica Usa, tanto che qualcuno si è chiesto come sia possibile che elettori di schieramenti e idee così diverse riescano poi nella vita di tutti i giorni a convivere, lavorare, in due parole a «essere comunità». La risposta è rintracciabile nell’anima stessa di un Paese che ha sempre saputo unirsi nei momenti di difficoltà: ne sono prova, in un momento di grave crisi economica come quello attuale, la miriade di iniziative benefiche che puntano a «non lasciare nessuno indietro». Certo è che, chiunque tra Obama e Romney vinca il 6 novembre, avrà come primo obiettivo quello del risanamento dei conti pubblici. La spada di Damocle si chiama «fiscal cliff», il «precipizio fiscale»: a fine anno scadranno gli incentivi fiscali introdotti nell’era Bush e si dovrà trovare un accordo sul tetto al debito statunitense, per evitare tagli automatici alle spese e aumenti delle tasse. A rischio c’è la crescita americana del prossimo anno e, nel peggiore dei casi, l’ipotesi di una nuova recessione. E a quel punto, Obama o Romney che sia, l’America si troverebbe immersa in un incubo ben peggiore di quello attuale.VOUCHER PER L'ASSISTENZA, LOTTA DURA AI CLANDESTINIRomney vuole la privatizzazione del programma Medicare, l’assistenza pubblica per gli over 65, per ridurre la spesa di oltre 5mila miliardi di dollari. L’idea è di sostituire il Medicare con un assegno annuale in cifra fissa, lasciando liberi i cittadini di scegliere fra compagnie private e servizio pubblico. Se i costi però superano il valore del voucher, la differenza esce dalle loro tasche. Il repubblicano promette inoltre l’abolizione dell’Obamacare, la riforma sanitaria varata da Obama nel 2010, anche se ne apprezza alcuni tratti, come l’obbligo di fornire una polizza a prescindere dalle condizioni di salute del cliente. Romney vuole inoltre affidare totalmente Medicaid, il programma di assistenza per i poveri, ai singoli Stati. Sul tema dell’immigrazione, il milionario propone la lotta dura ai clandestini, la difesa dei confini con il Messico e appoggia la legge anti-clandestini dell’Arizona. Secondo il premio Nobel per l’Economia Robert Stiglitz, «le conseguenze macroeconomiche del programma economico devastante di Romney-Ryan sarebbero il rallentamento della crescita, l’aumento della disoccupazione, e proprio quando gli americani avrebbero bisogno di maggior protezione sociale, l’indebolimento del welfare».CONTRARI ALLE UNIONI GAY. NO A MISURE SULL'ABORTOIl candidato repubblicano Romney è fermamente contrario alle nozze gay e si schiera per il Marriage Act, la legge che difende la famiglia tradizionale con il matrimonio tra uomo e donna. I conservatori vogliono anche cancellare dall’assistenza medica le spese per i contraccettivi. Secco no al «diritto di aborto», mentre in passato lo sosteneva: un dietrofront che ha procurato al repubblicano le critiche di chi lo ritiene un "flip flop", un voltafaccia. Recentemente Romney ha comunque assicurato al "Des Moines Register" di «non voler modificare» la legge che negli Usa garantisce la libertà di scelta: «Non c’è alcuna legge riguardo l’aborto, di cui sia a conoscenza, che entrerà a far parte della mia agenda», ha detto. Se le norme sull’interruzione di gravidanza non saranno toccate, tuttavia il milionario mormone ha preannunciato che, se eletto, ripristinerà, mediante ordine esecutivo, il divieto di fondi federali alle organizzazioni no-profit che aiutano le donne ad abortire in altri Paesi (la controversa Mexico City Policy, a cui Obama mise fine nei primi giorni della sua presidenza, nel gennaio 2009).PIU' FERMEZZA CON L'IRAN. MULTE AI PRODOTI CINESI Lo sfidante del Grand Old Party sostiene con forza Israele e contesta la politica di Obama nei confronti di Teheran, accusando il presidente di essere troppo debole. Debolezza che viene rinfacciata al presidente anche in merito alla questione della crisi siriana. Per quanto riguarda la Cina, Romney è pronto ad adottare «appena insediato alla Casa Bianca» il discusso documento che potrebbe etichettare formalmente Pechino come manipolatore di valuta, facendo scattare diverse sanzioni sui prodotti cinesi. Nel secondo dibattito tv con Obama, Romney ha accusato la Cina di giocare «fuori dalle regole manipolando la sua valuta», in riferimento alle politiche di svalutazione dello yuan che causerebbero disoccupazione negli Usa. Secondo Robert Scott, esperto di commercio e industria per l’Economic Policy Institute, il deficit commerciale degli Usa con la Cina è costato agli americani 2,8 milioni di posti di lavoro tra il 2001 e il 2010. Per contro, stando a una ricerca della Fed di San Francisco, per ogni dollaro speso per un oggetto marchiato «made in China», circa 55 centesimi vanno a servizi prodotti negli Stati Uniti, come le compagnie di trasporto e i rivenditori. DIFESA DELL'OBAMACARE. NON SI TOCCHI IL MEDICAIDObama difende la riforma sanitaria del 2010: la sanità deve essere per tutti e tutti devono potersela permettere. No a tagli al Medicare e al Medicaid, i programmi di assistenza pubblica per gli over 65 e i più poveri. Il costo dei due programmi calerebbe comunque di 230 miliardi di dollari grazie alla modifica dei finanziamenti agli ospedali e all’aumento dei contributi dei più ricchi. Obama è per la parità dei diritti uomo-donna, soprattutto in termini di trattamento salariale. Riguardo all’immigrazione, il leader democratico è per un’ampia riforma. Il partito democratico fa riferimento al Dream Act, che consente ai bambini di genitori immigrati senza documenti regolari di acquisire uno status legale se vanno al college o entrano nell’Esercito. Secondo un report del think tank Center for American Progress, il Dream Act garantirebbe in due decenni all’economia nazionale 329 miliardi di dollari e 1,4 milioni di posti di lavoro in più, grazie alla migliore scolarizzazione dei giovani immigrati. Secco il no di Obama alla legge anti-clandestini dell’Arizona bloccata in parte della Corte Suprema, che permette di controllare un passante solo sulla base del suo viso o del suo accento straniero.PUNTA AD ABOLIRE LA LEGGE SULLE NOZZE ETEROSESSUALIObama punta ad abolire la legge federale che riconosce solo i matrimoni eterosessuali ed apre quindi alle nozze gay. Per quanto riguarda l’aborto, grosse critiche sono giunte a Obama nei mesi scorsi dalla Conferenza episcopale statunitense sulla questione dell’imposizione alle dipendenti delle istituzioni cattoliche della copertura sanitaria per la contraccezione («inclusa quella che spinge all’aborto»), misura inclusa nella riforma sanitaria Obamacare. I cambiamenti annunciati dall’Amministrazione Obama prevedono di liberare le istituzioni religiose – quali università e ospedali cattolici – dall’obbligo di offrire le contestate coperture sanitarie, imponendo tale peso sulle stesse assicurazioni. Ma così facendo, hanno fatto notare i vescovi statunitensi, viene comunque mantenuto un obbligo assicurativo su questioni che attengono alla libertà di coscienza dell’individuo. Inoltre, lavoratori religiosi autonomi e compagnie assicurative cattoliche non verrebbero esentati da tali procedure. Secondo Nancy Keenan, presidente dell’organizzazione pro-aborto Naral, il partito democratico ha ultimamente «abbracciato il diritto all’aborto fino a un grado mai visto prima».APPROCCIO MULTILATERALE. RITIRO TOTALE DA KABULIl presidente Obama difende un approccio multilaterale e vede un’America in stretto contatto con l’Onu sulle crisi locali. Sì alle sanzioni adottate nei confronti dell’Iran perché, secondo l’Amministrazione democratica, stanno funzionando. In un eventuale secondo mandato verrebbe gradualmente completato il ritiro dall’Afghanistan. Obama non ha fatto mancare più volte il suo sostegno a Israele, ma non ha risparmiato critiche alle autorità israeliane sulla questione degli insediamenti e il rapporto tra i due Paesi è oggi più freddo, anche se la diffidenza viene mascherata dalle dichiarazioni ufficiali. Sui rapporti con Mosca, Obama ha rinfacciato a Romney di aver definito la Russia «la più seria minaccia geopolitica» per gli Usa. Grande attenzione viene posta dall’Amministrazione democratica agli equilibri nel Pacifico, e soprattutto l’ascesa della Cina. Il presidente ha però rimandato a dopo le elezioni l’approvazione di un discusso documento che potrebbe etichettare formalmente la Cina come manipolatore di valuta, facendo scattare diverse sanzioni sui prodotti cinesi.
A nove giorni dal voto gli elettori sono divisi tra la continuità che costituirebbe la riconferma del presidente e la scelta di passare alla ricetta conservatrice, che prevede tra l’altro radicali riduzioni del bilancio. I due programmi non hanno punti di contatto, segno della crescente polarizzazione della politica. (Paolo Alfieri)
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