I lavoratori del settore
petrolifero in America sono sul piede di guerra e il prolungato
braccio di ferro con i giganti dell'industria del greggio,
dalla Shell alla Bp, rischia di paralizzare l'attività delle
raffinerie nell'intero Paese.
L'ultimo a fermarsi è stato il più grande impianto degli
Stati Uniti, in Texas, dove i dipendenti hanno incrociato le
braccia di fronte all'ennesimo nulla di fatto al tavolo delle
trattative tra il sindacato dello United Steelworkers e
l'associazione degli imprenditori guidata attualmente dalla
Royal Dutch Shell. Le parti da un mese cercano di trovare un
accordo sul nuovo contratto di categoria.
I sindacati si sono detti in particolare contrari alle
pressioni delle aziende che sempre più forzerebbero i lavoratori
a turni più lunghi a discapito della sicurezza. E senza adeguate
compensazioni dal punto di vista salariale. Intanto - riporta il
Wall Street Journal - circa il 16,5% della capacità di
raffinazione è stata già colpita dalla mobilitazione delle
ultime settimane. E si potrebbe presto salire al 20% se il
grande impianto del Texas rimarrà fermo nei prossimi giorni.
Per un accordo che non si trova, un altro che finalmente è
stato raggiunto, quello che riguarda i lavoratori portuali della
costa occidentale degli Stati Uniti. Si tratta di un'intesa che
pone fine a ben nove mesi di scioperi e di stato di agitazione,
paralizzando gran parte dell'attività dei porti dalla California
allo stato di Washington.
A sbloccare una difficilissima impasse è stata la Casa
Bianca, che ha inviato il segretario al lavoro Thomas Perez al
tavolo delle trattative minacciando di esautorare le parti e di
portare tutta la questione relativa al rinnovo del contratto a
Washington. Un ultimatum che ha portato i suoi frutti. Ora ci
vorranno giorni per riportare la situazione alla normalità, con
migliaia di spedizioni rinviate per settimane.