Migranti accampati sul ponte alla frontiera tra Messico e Stati Uniti (Ansa/Epa)
Un pellegrinaggio al confine con il Messico, seguito da tre giorni di preghiera e conferenze sull’immigrazione negli Usa. Un gruppo di associazioni cattoliche, leader sindacali, teologi e attivisti ha organizzato per questo fine settimana una mobilitazione nazionale a El Paso, in Texas, teatro in agosto di una sparatoria di massa che ha preso di mira gli immigrati messicani.
«Abbiamo sentito che c’è qualcosa di profondamente importante in questo momento sulla necessità per i cattolici, latinos in particolare, di essere in prima linea nella discussione di questi problemi d’immigrazione, militarizzazione dei confini, separazione delle famiglie e deportazione di massa», ha affermato Michael Okinczyc-Cruz, direttore esecutivo della Coalition for Spiritual and Public Leadership di Chicago, arrivato ieri a El Paso in autobus.
Gli stessi educatori, i sacerdoti, gli studenti e gli organizzatori avevano già a luglio formato la Latinx Catholic Leadership Coalition durante un simposio sul ministero cattolico ispanico all’Università di Notre Dame, dove avevano riconosciuto la necessità di «rispondere al momento storico attuale»». Della coalizione fanno parte anche l’Accademia dei teologi ispanici cattolici degli Stati Uniti e vari rami locali della Caritas.
La crisi al confine ha raggiunto una nuova dimensione dopo che l’Amministrazione Trump ha imposto una politica che costringe i richiedenti asilo ad attendere le loro audizioni nei tribunali statunitensi sul lato messicano della frontiera, anziché nel Stati Uniti. Il cambiamento priva gli immigrati di dimore stabili e li rende vulnerabili allo sfruttamento da parte delle bande del crimine organizzato. «Purtroppo tantissime persone che stavamo aiutando sia legalmente che praticamente sono state rimandate in Messico», ha detto la vicedirettrice dell’Hope Border Institute, Marisa Limón Garza.
Gli incontri approfondiranno il modo in cui il razzismo sta colpendo le comunità di origine latinoamericana, dopo la sparatoria al grande magazzino Walmart di El Paso ad agosto, costata la vita a 22 persone, soprattutto immigrate. «Come organizzazione, la sparatoria di massa è stata un catalizzatore per noi per avviare conversazioni più profonde sul razzismo – ha aggiunto Limón Garza –. Questo è sicuramente un tema che verrà esplorato durante tutto il fine settimana».
Nella comunità prevalentemente cattolica di El Paso, sostengono gli organizzatori, affrontare questi problemi con una lente cattolica aiuta sia la causa che la chiesa. «È un tessuto importante della vita al confine. Ha senso appoggiarsi alla nostra fede ed affrontare questi problemi come persone di fede – ha concluso Limón Garza –. E identificarsi come latinos o alleati delle comunità di latinos consente ai cattolici di esplorare il ruolo che dobbiamo svolgere nella Chiesa americana».
Da mesi giornalisti, associazioni non governative e parlamentari Usa denunciano trattamenti crudeli nei confronti degli immigrati al confine tra Stati Uniti e Messico, comprese le condizioni inumane nelle strutture di detenzione, soprattutto per i bambini, la separazione delle famiglie e la militarizzazione delle comunità di origine latinoamericana.
A fine settembre cinque vescovi, in rappresentanza della conferenza episcopale Usa, avevano visitato El Paso e la città confinante sul lato messicano, Ciudad Juarez, ascoltando le storie dei richiedenti asilo. «Siamo molto preoccupati per i rifugiati bloccati a Ciudad Juarez», aveva detto il vescovo di El Paso Mark Seitz. Mentre Oscar Cantù, vescovo di San Jose, in California, aveva definito «devastante» vedere la fine dei sogni dei migranti, gli stessi sogni che i suoi genitori avevano come immigrati negli Stati Uniti dal Messico circa 60 anni fa. «Sappiamo che questi fratelli e sorelle vengono qui non per approfittare di questo meraviglioso Paese, ma piuttosto per avere l’opportunità di lavorare e di far crescere i loro figli in sicurezza e dignità», aveva concluso.
Rifugiati accampati sul ponte alla frontiera
Centinaia di emigrati che desiderano chiedere asilo negli Stati Uniti si sono accampati sul ponte internazionale che collega Matamoros inl Messico a Brownsville, in Texas, provocando la chiusura del passaggio di frontiera. Una folla di rifugiati, compresi bambini e neonati, si sono stesi sul ponte dal lato messicano prima dell’alba, con alcuni sdraiati su tappetini o cappotti, esasperati di aspettare di poter presentare le loro domande alla frontiera Usa. In base a una politica introdotta dall’Amministrazione Trump, infatti, i funzionari statunitensi in molti posti di confine accettano solo pochi richiedenti asilo al giorno, costringendo la folla dei disperati giunti soprattutto dai Paesi dell’America centrale ad attese, spesso inutili, di intere giornate. In sole quattro città messicane di frontiera le liste superano i 25mila nomi.