Non si placa la "guerra" tra le nazioni per far fronte all'emergenza profughi.
La Croazia ha chiuso nella notte i valichi verso la Serbia e cominciato a rimandare
verso l'Ungheria i migranti che ne erano appena giunti sul
proprio territorio: circa tredicimila in poco più di due
giorni, una marea umana di cui la Repubblica ex jugoslava
sostiene di non essere più in grado di farsi carico.
Chi arriva non potrà essere nè ospitato e nemmeno
registrato, ha avvertito il premier croato
Zoran Milanovic:
sarà assicurata loro assistenza provvisoria ma poi se ne
dovranno andare, ha sottolineato. Così nel pomeriggio una
ventina di pullman stracarichi si sono messi in viaggio verso
la frontiera magiara, che almeno due veicoli hanno già
varcato. L'Unione Europea, ha tagliato corto Milanovic, deve
sapere che
la Croazia non può diventare un 'hotspot' per chi
tenta di entrare in Europa occidentale.
L'atteggiamento di Zagabria ha irritato la Slovenia dove,
secondo il governo, sono attesi un migliaio di arrivi nelle
prossime 24 ore. Lubiana ha accusato il Paese vicino di violare
le norme dell'Unione Europea, e in particolare il protocollo di
Dublino che impone la registrazione, affinchè l'asilo sia in
seguito eventualmente concesso nello Stato membro di primo
ingresso sul territorio comunitario.
Proprio oggi d'altra parte il
premier ungherese Viktor
Orban ha annunciato che è stata avviata la costruzione
di una
nuova barriera di contenimento lungo i 41 chilometri di confine
di terraferma con la Croazia, gli altri 289 essendo delimitati
dalla Drava, fiume molto difficile da attraversare. Al lavoro
ci sono già seicento soldati, entro domenica saranno 1.800.
L'Ue frattanto ha fornito gli ultimi numeri della crisi
:
213.000 le richieste di asilo pervenute da aprile a giugno, con
un incremento dell'85 per cento sullo stesso periodo nel 2014.
Il ministro degli Esteri tedesco, Frank-Walter Steinmeier, ha
messo in guardia il blocco dei Paesi dell'est che si oppongono
alle quote: "Se non ci sarà un'altra strada", ha ribadito,
"dovremo valutare seriamente il ricorso allo strumento della
decisione a maggioranza". Il principio dell'unanimità aveva
fatto sostanzialmente fallire il Consiglio dei Ministri
dell'Interno di lunedì a Bruxelles.