C’è chi arriva nel borgo medievale di Rondine con il velo, come l’egiziana Maha che ha 26 anni ed è interprete. Oppure chi indossa giacca e cravatta all’Occidentale, come il tunisino Wael che a 24 anni sogna di «fare il politico», confida. In fondo basta guardare i volti dei dodici ragazzi appena approdati nella «Cittadella della pace» alle porte di Arezzo per avere un’idea di storie e sensibilità diverse che stanno dietro la «Primavera araba». O forse sarebbe meglio parlare di rivoluzioni – al plurale – che hanno riscritto il presente di almeno tre Paesi del Nord Africa: Tunisia, Libia ed Egitto.Da qui giungono questi giovani – tutti già laureati – che saranno la «nuova classe dirigente per la sponda Sud del Mediterraneo». Almeno secondo il progetto che ieri ha lanciato Rondine, il singolare laboratorio della riconciliazione che fa sedere a tavola i "nemici" e li fa vivere nel suo studentato internazionale affacciato sull’Arno. Un percorso che in tre anni coinvolgerà cinquanta "under 30". Per tre mesi saranno nella «Cittadella della pace» e toccheranno con mano quel metodo dell’«incontro nelle differenze» che in quindici anni ha coinvolto cento ex studenti di venti Paesi. Poi faranno tappa a Trento, nel Centro per la formazione alla solidarietà internazionale, dove entreranno fra le pieghe delle «buone pratiche che potranno portare nelle loro terre», dice il presidente della Provincia Lorenzo Dellai.«Avventurarsi nella via della formazione fra le sponde del Mediterraneo – spiega il presidente della Cittadella, Franco Vaccari – significa affidarsi alle forze nuove dei giovani senza attardarsi in questioni superficiali». E alza lo sguardo verso il castello diroccato al centro del borgo. «Questo è per noi il segno delle fortezze che attendono di essere ricostruite». Come i tre Stati usciti dalle rivolte dei mesi scorsi. «Ecco perché abbiamo scelto una tenda, richiamo alla provvisorietà che oggi attraversano le tre nazioni, per presentare la nostra sfida».È nella tensostruttura che Vaccari accoglie il presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, cardinale Jean-Louis Tauran, e il ministro per la cooperazione internazionale, Andrea Riccardi, ospiti del simposio che inaugura il progetto «Sponda Sud». «Il Mediterraneo – indica Tauran – è il mare del paradosso: dell’incontro ma anche del conflitto; del fanatismo ma pure della tolleranza». E in questo «crogiuolo che ha la vocazione a rilevare che può esistere una complementarietà degli antagonismi» il compito di costruire una casa comune è affidato alle tre grandi fedi. «Questo "lago dei monoteismi" – afferma il cardinale di fronte gli studenti di Rondine – deve vedere i capi religiosi preoccupati di formare uomini e donne capaci di purificare la loro memoria e di declinare le identità non facendo a pugni ma con argomenti ragionevoli e ragionati».Una sfida culturale che, avverte Riccardi, chiama all’Italia a una «responsabilità mediterranea». «Nessun Paese è un’isola – sottolinea il ministro –. La storia del Mediterraneo si è rimessa in movimento e restituisce al nostro Paese un ruolo di frontiera». Così, se nel 1989, con la caduta del Muro di Berlino, «è stato chiesto all’Occidente di investire per rifondare la democrazia», adesso «analoghe aspettative giungono dalla riva Sud» dove «occorre esserci e dialogare». Anche per assicurare «il rispetto delle minoranze, come quella cristiana», precisa Riccardi.A fare gli onori di casa anche il vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, Riccardo Fontana, che cita un’intuizione di Gregorio X, il Papa sepolto nel Duomo di Arezzo: «Studiare è un sogno cui nessuno può rinunciare». Ed è «dalla conoscenza che scaturisce la pace», aggiunge. Come sanno bene a Rondine.