La firma ha colto molte persone di sorpresa. Dopo alcune settimane di tentennamenti, il presidente ugandese, Yoweri Museveni, ha deciso di approvare una legge severissima che punisce con il carcere a vita gli omosessuali. Una mossa che sconcerta non solo parte della popolazione locale, ma soprattutto diversi Paesi occidentali. «L’Uganda darà prova della propria indipendenza di fronte alle provocazioni dell’Occidente», recitava ieri un comunicato della presidenza ugandese, diretto agli appelli internazionali che volevano evitare la firma del provvedimento. Circa un mese fa, Museveni stesso aveva esitato ad approvare il testo. In una lettera indirizzata al Parlamento, aveva definito gli omosessuali, uomini e donne, «anormali» e «affamate di sesso deluse dai loro matrimoni», rispettivamente. Il presidente ugandese sembrava volesse guadagnare tempo per riflettere sull’impatto di questa norma. Invece, ieri, il tempo è scaduto. La nuova legge punisce con l’ergastolo chiunque commetta degli atti di «omosessualità aggravata» e può consentire di imprigionare chi «promuove l’omosessualità». «Sono spaventata», ha detto alla stampa sotto anonimato una donna già vittima di persecuzioni perché lesbica. «Oggi non sono andata al lavoro per la paura – continua la fonte –, mi sono chiusa in casa e non so cosa mi succederà nei prossimi giorni». Il fautore di questa legge è un parlamentare ugandese, David Bahati, per il quale «l’essere gay è un comportamento che si può imparare e disimparare – come ha ripetuto anche ieri alla stampa –: l’omosessualità è molto negativa e non dovrebbe essere permessa nella nostra società». Dopo la firma, Museveni ha fatto appello agli scienziati statunitensi affinché «chiariscano se si può nascere gay». Il presidente americano, Barack Obama, aveva già espresso la sua opinione contraria alla legge, dicendo che con l’approvazione «l’Uganda avrebbe fatto un enorme passo indietro». «Nessuno dovrebbe essere discriminato o punito per com’è o per chi ama», ha scritto su Twitter Susan Rice, consigliere per la sicurezza nazionale americana –, è una giornata triste per l’Uganda e per il mondo». La stampa locale ha da tempo collegato la crescita dell’omofobia in Uganda con l’aumento delle confessioni cristiane evangeliche nel Paese. Gay e lesbiche sono costretti ad affrontare quotidianamente molestie e aggressioni, come l’attivista David Kato, ucciso nel 2011 nella propria abitazione dopo che un quotidiano aveva pubblicato una lista in cui, tra le altre, comparivano la sua foto e il suo indirizzo di casa sotto un titolo agghiacciante: «Impiccateli».