sabato 14 settembre 2024
La fase critica del conflitto, il "dilemma" piano di pace, il calo di popolarità interna: così la posizione del presidente si fa più instabile. Le chance di Kuleba per la successione
Il presidente dell'Ucraina, Volodymyr Zelensky

Il presidente dell'Ucraina, Volodymyr Zelensky - Ansa

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Sarà Volodymyr Zelensky che siederà al tavolo delle trattative e soprattutto che siglerà una tregua o firmerà la pace? La domanda si fa sempre più insistente nelle cancellerie occidentali e nella nazione sotto attacco. Con una conclusione implicita: no, non sarà lui. Resterà il “presidente eroe” che ha evitato la capitolazione del Paese e ha tessuto una rete internazionale in grado di sostenere l’Ucraina e alimentare la sua resistenza. Il “presidente della guerra”, ma non il “presidente della pace”. Lo stesso Zelensky è consapevole che l’Ucraina stia attraversando la fase più difficile dall’inizio dei combattimenti, se si escludono i primi mesi d’invasione che fra la primavera e l’estate 2022 avevano visto la Russia occupare il doppio del territorio rispetto a quello rimasto oggi nelle mani di Mosca.

La cittadina di Chasiv Yar, nella regione di Donetsk, rasa al suolo dall'esercito russo

La cittadina di Chasiv Yar, nella regione di Donetsk, rasa al suolo dall'esercito russo - Ansa

Proprio l’involuzione del conflitto rende sempre più precaria di posizione del presidente. Le avanzate russe nel Donbass, l’escalation dei bombardamenti su tutta la nazione, il numero crescente di morti al fronte, l’assenza di una prospettiva reale di riconquistare le regioni strappate a Kiev (un quarto del Paese), la corruzione che s’impenna, l’economia ormai paralizzata, l’inflazione alle stelle, il giro di vite sull’arruolamento obbligatorio hanno spento l’entusiasmo verso Zelensky. Oggi il suo gradimento non supera il 45%, secondo l’ultimo rilevamento dell’Istituto di sociologia di Kiev. Ben lontano da quell’85% che aveva all’esordio dell’“operazione militare speciale”, secondo la definizione cara al Cremlino. Anche l’offensiva ucraina su Kursk, la regione russa che da agosto è in parte controllata dai soldati di Kiev, va letta come non solo come un asso da calare in caso di negoziati per un eventuale scambio delle zone occupate, ma anche come strategia per risollevare le sorti dell’Ucraina e del presidente.

Un condominio bombardato dai missili russi nella città di Kharkiv

Un condominio bombardato dai missili russi nella città di Kharkiv - Ansa

La spossatezza del Paese è confermata dai sondaggi: il 59% chiede che si aprano i negoziati, anche se viene bocciato un congelamento del fronte nelle condizioni attuali. Non è un caso che il leader ucraino caldeggi, accanto alle armi e ai finanziamenti per uno Stato senza più risorse, il suo piano di pace unilaterale lanciato nel vertice in Svizzera a giugno che il Cremlino ha già respinto e che adesso è diventato il “piano per la vittoria”. Un piano di cui più Paesi alleati hanno evidenziato la debolezza per il mancato coinvolgimento di Mosca, come ha ribadito nei giorni scorsi il cancelliere tedesco Scholz o come aveva già rilevato il segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin. Così è arrivata l’apertura di Kiev al Cremlino nel prossimo vertice che si terrà a novembre: ma il progetto di Zelensky non appare foriero di dialogo. Perché Putin ha già dichiarato che non si confronterà con l’omologo di Kiev che considera illegittimo (per le mancate elezioni fermate dalla guerra) e che è disponibile a trattare ma partendo dal riconoscimento delle conquiste territoriali targate Mosca.

L'ex ministro degli Esteri, Dmytro Kuleba

L'ex ministro degli Esteri, Dmytro Kuleba - Ansa

Anche i continui cambi nella compagine governativa (e nell’esercito) confermano non la forza ma la debolezza del leader ucraino. Nell’ultima tornata di “pulizie interne” c’è stato l’addio del ministro degli Esteri, Dmytro Kuleba. Dimissioni prima di essere cacciato. Però è un’uscita di scena che, vista nel medio periodo, sarebbe destinata a rafforzarlo. Infatti il suo nome potrebbe essere uno di quelli da spendere come “sostituto” di Zelensky in future trattative, forte del ruolo che si è costruito di interlocutore “affidabile” nel mondo.

L'ex capo delle forze armate Valery Zaluzhny

L'ex capo delle forze armate Valery Zaluzhny - Ansa

Ciò che manca all’ex capo delle forze armate Valery Zaluzhny, altro candidato alla successione. Destituito a febbraio e spedito in esilio in Gran Bretagna come ambasciatore, il generale gode di una popolarità interna stimata intorno all’80% ma non di un curriculum diplomatico. Ambisce alla presidenza anche il sindaco di Kiev (ed ex pugile), Vitaliy Klitschko, rivale di lunga data di Zelensky che da mesi si muove per mettersi in evidenza. Eppure in Ucraina prevale la convinzione (in almeno metà della popolazione) che gli scontri dureranno almeno un altro anno. Il tempo per un avere un nuovo capo dello Stato?

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